Intelligence and Defence Update n°75

Intelligence and Defence Update n°75

By Valeria Tisalvi
04.11.2017

Germania

Il 25 marzo le Forze Armate tedesche hanno annunciato la creazione del nuovo Cyber and Information Space (CIR) Command, un comando esclusivamente dedicato alla minaccia cibernetica, con status equivalente alle altre Forze Armate del Paese (Esercito, Marina e Aeronautica) e dunque soggetto agli stessi vincoli costituzionali per ciò che concerne le sue attività. Il nuovo Comando avrà sede a Bonn e per esso il Bundeswehr ha previsto un impegno iniziale di 260 dipendenti, specialisti IT, per arrivare ad un totale di 13.500 tra personale militare e civile entro luglio 2017. Attraverso questa expertise il CIR si occuperà in primis di proteggere le infrastrutture informatiche militari e i sistemi d’arma computer-assisted, oltre a monitorare lo stato delle minacce online. Inoltre, sarà incaricato di sviluppare e testare capacità offensive attraverso i così detti war games, in modo da essere sempre aggiornato sulle principali opzioni di attacco e migliorare, così, sia la propria difesa che la risposta. Nella percezione tedesca, infatti, un attacco cibernetico contro le infrastrutture critiche o i network di un Paese è considerato equivalente ad un attacco vero e proprio, sensibile perciò di attivare una risposta sia convenzionale che non. Perfettamente in linea con la nuova politica NATO in merito, adottata con la Dichiarazione di Varsavia (luglio 2016), la Germania è diventata, dunque, il primo Paese NATO ad aver creato una Digital Force autonoma di rango eguale alle restanti tre forze armate del Paese, acquisendo così, in questo campo, un ruolo di leadership tra gli Alleati.

NATO

Lo scorso venerdì 31 marzo il Segretario di Stato Tillerson, all’incontro con il Segretario Generale della NATO, ha ribadito la necessità di una condivisione più equa delle spese per la Difesa dei Paesi alleati. Tillerson ha incalzato gli Alleati in merito alle aspettative di Washington, ossia un aumento della quota o la presentazione di un piano che articoli in modo chiaro le tappe annuali progressive che essi intendono seguire per raggiungere il budget delineato dalle linee guida (2% del PIL) e da presentare entro due mesi. Tale richiesta, reiterata più volte a partire dall’insediamento del Presidente Trump, deriva dal fatto che gli Stati Uniti, che spendono il 3,6% del loro PIL per la Difesa, percepiscono come insostenibile il divario esistente con gli altri partner NATO in termini di finanziamenti agli strumenti militari nazionali. Un grave cruccio questo per i Paesi europei e il Canada, per cui un aumento degli stanziamenti al 2% del PIL non sembra essere sostenibile economicamente né politicamente nel breve-medio periodo. Per maggiore chiarezza, si prendano ad esempio il Canada, l’Italia, la Spagna, la Germania e l’Olanda, che ad oggi spendono rispettivamente circa 15 miliardi USD (0.99%), 20 miliardi USD (1.11%), 10.9 miliardi USD (0,91%), 38 miliardi USD (1.19%) e 8,8 miliardi USD (1,17%). Arrivare al 2%, per questi Paesi, significa circa raddoppiare la spesa annuale per la Difesa. Un obbiettivo, questo, molto difficile da raggiungere visto che al di là dei vincoli economici, resterebbero da superare le resistenze in termini di opinione pubblica. In questo senso, diviene auspicabile il raggiungimento di un accordo in sede NATO che permetta a tutti i membri di far fronte agli impegni necessari al raggiungimento dell’obbiettivo del 2% in maniera calibrata all’andamento delle rispettive economie.

Russia

Lo scorso 31 marzo, presso il cantiere navale di Sevmash, a Severodvinsk, sul Mar Bianco, si è tenuta la cerimonia del varo del Kazan, il secondo sottomarino della nuova Classe Yasen e il primo della migliorata Classe Yasen-M (per la NATO Classe Severodvinsk), che sostituirà la precedente Classe Akula in servizio dal 1984. Il Kazan è un sommergibile nucleare d’attacco (SSN), multiruolo, equipaggiato con 8 lanciatori verticali da 4 missili ciascuno (modello Oniks SS-N-26 e Kalibr SS-N-27) e 10 tubi lanciasiluri. Capaci di scendere fino a 600 metri di profondità e di raggiungere una velocità di circa 35 nodi, i Classe Yasen saranno i battelli più silenziosi mai operati dalla Marina russa, la quale, per tutte queste sue caratteristiche li vede impegnati sia nel mantenimento della sicurezza nazionale del Paese (dal Mare del Nord all’Atlantico e al Pacifico) che nella proiezione dei suoi interessi nazionali sulla scena internazionale. Il secondo di una flotta prevista di 7 battelli (5 in costruzione e con consegna prevista entro il 2023), il Kazan rientra infatti in un progetto più ampio della Marina, ossia quello di riportare in auge la sua flotta di sottomarini nucleari. L’impegno a ripristinare una moderna flotta di SSN, perfettamente in linea con i progetti di ammodernamento della controparte americana, conferma la volontà del Cremlino di proiettare la propria influenza sempre più lontano e con maggiore efficienza al fine di perseguire con maggiore slancio i propri interessi nazionali.

Stati Uniti

Lo scorso 31 marzo il Capo dello U.S. STRATCOM, John Hyten, ha dichiarato come vitale la necessità di ammodernare l’arsenale nucleare statunitense, soprattutto alla luce dell’aumento delle potenze nucleari sulla scena internazionale. La modernizzazione dell’arsenale nucleare statunitense è una questione molto complessa e fonte di un ampio dibattito interno a causa di un’evoluzione dei costi previsti che pare poco compatibile con le risorse prevedibilmente a disposizione del Pentagono nei prossimi anni. Infatti gli investimenti nel comparto nucleare non dovrebbero riguardare solamente le testate e i loro vettori (la c.d. triade nucleare: bombardieri, ICBM, SLBM), ma anche tutte quelle infrastrutture che si occupano della ricerca, della produzione e del mantenimento delle testate e che risalgono ormai a 60 anni fa. In breve, secondo la così detta 3+2 Strategy, sarebbero da rimpiazzare le 5 attuali testate per i missili balistici con 3 nuovi modelli (IW-1, IW-2 e IW-3), quelle che armano i missili da crociera con il nuovo design W80-4 e le bombe all’idrogeno B61 (da aggiornare alla nuova versione 12). Per ciò che concerne i vettori, a rientrare nel programma sarebbero gli attuali missili cruise (progetto Long Range Standoff Weapon), l’intera flotta di sottomarini nucleari (dalla Ohio Class alla Columbia Class), i missili balistici intercontinentali (dai Minuteman III ai Ground Based Strategic Deterrent-GBSD) e i nuovi bombardieri strategici (B21 Raider).  A tutto questo si aggiungono le infrastrutture di cui sopra, per un costo complessivo stimato che va dai 400 miliardi di dollari (solo testate e vettori) a quasi un trilione (comprese le infrastrutture), da spalmarsi nei prossimi 10 anni. In effetti, però, e in linea con le recenti affermazioni di Hyten, secondo il quale i costi dell’ammodernamento non sono paragonabili ai costi che deriverebbero dal non farlo, in uno scenario internazionale come quello odierno di oggi il mantenimento della leadership globale nella deterrenza nucleare sembra un obiettivo prioritario per gli Stati Uniti. Alla luce di ciò, appare plausibile un futuro compromesso in merito ai fondi disponibili tra l’Amministrazione Trump e il Congresso degli Stati Uniti.

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