Presentato oggi a Roma l’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2017_AgenPress.it

Presentato oggi a Roma l’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2017_AgenPress.it

05.31.2017

Agenpress. Oggi più che mai il Mediterraneo si pone come contesto decisivo per le relazioni globali, quasi una cartina di tornasole tanto per le sorti dello Stato-nazione, per il quale il “campo della nemicità” si è ormai allargato a entità non statuali (dai foreign fighters al cosiddetto homegrown jihadism), quanto per le potenzialità della società civile e dell’opinione pubblica democratica, che stentano ancora a concretizzare le spinte di innovazione sociale e di promozione dei diritti civili e politici, così come viene richiesto con insistenza dalle popolazioni degli Stati afro-asiatici.

In questo contesto è stato presentato oggi a Roma l’Atlante Geopolitico del Mediterraneo (Bordeaux Edizioni), curato dall’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” presso la Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” nella Sala degli Atti Parlamentari in Piazza della Minerva 38.

Le Primavere arabe sembrano un lontano ricordo e la pallida speranza dell’avvio di un processo di democratizzazione e di partecipazione sociale che non si è mai compiutamente realizzato. Al contrario, esse hanno invece determinato l’attuale fase storica, caratterizzata da una profonda incertezza e da una forte instabilità in tutta l’area del Mediterraneo. In un contesto così instabile e in continua evoluzione, ha potuto crescere, prosperare e affermarsi lo Stato Islamico, arrivando a controllare enormi porzioni di territorio iracheno e siriano. In quelle regioni la paura, la violenza e la negazione di ogni diritto della persona si sono affermate come poche altre volte nella storia dell’umanità. L’Atlante Geopolitico del Mediterraneo 2017 analizza questi e altri fenomeni attraverso undici schede relative alla storia e all’attualità dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, arricchite da approfondimenti sulla politica dell’Unione Europea nella regione e sul tragico fenomeno dei foreign fighters.

«Con il Prof. Andrea Margelletti non abbiamo potuto fare a meno di notare come il rapporto tra il Mediterraneo e l’Europa sia tuttora ambiguo e contraddittorio: il vincolo millenario tra l’antico Mare nostrum e il Vecchio Continente stenta a strutturarsi anche da un punto di vista politico» ha commentato il Prof. Antonio Iodice, Presidente dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V che ha realizzato l’Atlante. «La geografia, in questo caso, non è premiante: il Mediterraneo è oggi viatico di “viaggi della disperazione”, speranze affidate a imbarcazioni di fortuna, malvagità da parte di chi non si vergogna di organizzare tratte di uomini e donne, fughe precipitose da persecuzioni e guerre. Qua e là affiora anche – grazie al vergognoso razzismo diffuso a colpi di populismo – il timore che quei barconi traghettino potenziali terroristi. Uno sforzo comune, che unisca amministratori e società civile, deve condurci a un salto di livello e indurci a considerare quelle acque e quelle sponde come un potenziale di ricchezza e di sviluppo, non di rischio o di morte».

Ha aperto i lavori Stefano Polli, vicedirettore dell’Ansa e già responsabile del desk internazionale dell’Ansa che ha moderato il dibattito, ricordando che l’Atlante è un utile strumento di consultazione per chi si occupa di politica estera. Emerge con chiarezza l’importanza del ruolo dell’Italia. «Trump dovrà valutare bene le sue mosse nel Mediterraneo, dove serve più che mai stabilità, ragionevolezza, capacità di dialogo, saggezza e visione a lungo raggio» ha sottolineato Polli. «Non bisogna cullarsi nella falsa illusione che lIsis sia diverso da Al-Qaeda» ha concluso ricordando che il fenomeno dei foreign fighters è tutt’altro che risolto.

Nella sua introduzione il Gen. Claudio Graziano Capo di Stato Maggiore della Difesa ha ricordato che l’argomento è oggi di particolare interesse per alcuni elementi che toccano non solo l’opinione pubblica ma anche gli aspetti di sicurezza. Dal nostro punto di vista strettamente strategico è utile per l’analisi dell’evoluzione delle minacce. «Dobbiamo attrezzarci sempre più per una pianificazione che tenga conto dei flussi di instabilità» Per la sicurezza dobbiamo tenere conto di alcuni elementi che sono: il terrorismo, i flussi migratori e l’instabilità dei paesi in crisi nell’area del mediterraneo. C’è la necessità di di un approccio simultaneo delle tre dimensioni in ambito internazionale.

I flussi migratori dal Sahel pongono sfide legate alla povertà, alla mancanza di stabilità, alla fragilità economica, all’insufficiente presenza di autorità governative, al dilagarsi delle organizzazioni criminali, a una condizione socioeconomica critica, con 80% della popolazione dedicata alla produzione agricola.

È importante – con queste premesse – un “framework for the South” per l’implementazione dell’HUB FOR THE SUD, che si traduca in attività operative concrete, di coordinamento tra Europa e Nato. Una sorta di control room per pianificare, valutare ed implementare tutte le misure connesse con il fianco SUD.

Andrea Margelletti, Presidente del CESI, il Centro Studi Internazionali che ha collaborato alla realizzazione dell’atlante ha ringraziato i curatori dell’Atlante Francesco Anghelone e Andrea Ungari per il gran lavoro profuso nella ricerca.

Diego Brasioli direttore centrale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente (DGAP) ha sottolineato il ruolo dell’Italia nell’identificare le priorità. Ha ricordato la visita di Gentiloni a Washington dove il capo del governo ha ricordato una serie di concetti: la prima priorità è la sicurezza per i cittadini, la seconda priorità è il controllo dei flussi migratori, la terza priorità è ricordare che il destino dell’Europa, della Nato e dell’Occidente è legato al destino del Mediterraneo.

Nel suo intervento il senatore Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato ha sottolineato come il G7 ha evidenziato come siamo artefici del nostro destino. Gli elementi direzionali della politica americana nel Mediterraneo non sono diversi da quelli dell’amministrazione Obama. Dobbiamo capire cosa fare, cosa vogliamo. Il Mediterraneo è il centro del campo internazionale, è il luogo dove si gioca la partita europea. Preoccupante la situazione in Egitto, in Libia ma in altri Paesi abbiamo una situazione di stabilità. Non dimentichiamoci del Libano, di Israele e della Turchia. Una situazione complicata. L’Atlante ci richiama all’emergenza europea: fare una politica per il Mediterraneo.

Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO, ha ricordato come i nodi spinosi sono in sostanza due: il Mediterraneo non è solo l’instabilità degli Stati e la crescita lineare del terrorismo. Le fratture stanno anche da questa parte, le fratture ideologiche. L’Atlante rende ben chiaro questo fattore.

Dopo le speranze riposte nelle Primavere arabe, oggi assistiamo a uno scenario complesso, fatto di guerre civili, persecuzioni religiose, povertà di larghi strati della popolazione, allentamento della solidarietà collettiva, rabbia sociale. È qui che si annida lo spazio vitale per l’estremismo di matrice islamica, un vero e proprio dardo scagliato contro la carità cristiana e i diritti civili, ma il cui vero obiettivo pare essere l’Illuminismo e la conquista, evidentemente non ancora del tutto consolidata, per cui le libertà fondamentali e il rispetto per tutta l’umanità devono essere la stella polare delle istituzioni e dei governi impegnati nell’amministrazione della res publica.

Anche l’Unione Europea, ovviamente, dovrà fare la sua parte: dopo aver a lungo preferito – in regime di “Guerra fredda” e dopo lo sgretolamento dell’Unione Sovietica – il “fronte orientale” come terreno privilegiato di allargamento e di dialogo, è giunta l’ora di concertare i piani di azione sul Mediterraneo ed evitare che i singoli Stati membri procedano in ordine sparso, dialogando con l’Africa unicamente sulla base delle passate vestigia coloniali o sulla “volontà di potenza”. Non è così che si contrasta l’aggressività commerciale di quegli attori – pensiamo a Cina, Russia, Stati Uniti e Petromonarchie del Golfo – che hanno già iniziato a muovere i propri vettori commerciali e diplomatici, con l’obiettivo di ottenere a buon prezzo le risorse naturali di cui è ancora ricco il continente africano.

Raggiungere una piena consapevolezza di queste e di altre dinamiche in atto rappresenta la coraggiosa sfida che anche l’edizione 2017 dell’Atlante Geopolitico del Mediterraneo è ben lieta di affrontare.

Fonte: AgenPress.it