ATLAS: Afghanistan, Cina, Israele, Libia, Somalia
Afghanistan: lâaccordo tra Ghani e Abdullah e lâescalation di violenza
Il 17 maggio, il Presidente afghano Ashraf Ghani e il suo rivale Abdullah Abdullah hanno firmato lâaccordo per la formazione del nuovo governo, ponendo cosĂŹ fine alla crisi politica che ha immobilizzato il Paese per sette mesi. Il risultato delle elezioni di settembre, che aveva riconfermato Ghani come Presidente, infatti, non è mai stato accettato da Abdullah il quale ha dato vita ad un governo ombra parallelo e ha impedito lâinsediamento del nuovo esecutivo.
Con il nuovo accordo, i due leader hanno concordato una spartizione degli incarichi tra i propri gruppi di riferimento. Secondo quanto pattuito, infatti, entrambe le compagini otterranno il 50% dei ministeri e dei governatori provinciali, Ghani assumerĂ la presidenza, mentre Abdullah guiderĂ lâAlto Consiglio di Riconciliazione Nazionale (HCNR), lâorgano responsabile per il dialogo con i Talebani.
Lâaccordo, dunque, è il frutto di una trattativa volta a garantire ai due leader e alle loro squadre elettorali di ricoprire un ruolo importante negli equilibri interni, in un momento di cruciale transizione per il Paese. Il patto, infatti, dovrebbe costituire un incentivo allo sblocco del negoziato con i talebani, il quale era in stallo proprio a causa della difficoltĂ tra Ghani e Abdullah di convenire sulle modalitĂ del dialogo intra-afgano. Tuttavia, lâaccordo è stato firmato in un momento di rapido aggravamento della sicurezza del Paese, con unâintensificazione degli attacchi dei Talebani contro obiettivi sensibili per il governo, che ha portato il presidente Ghani a dare lâordine alle forze armate di passare allâoffensiva contro lâinsorgenza. Nonostante lâaccordo per la formazione del governo potrebbe facilitare lâavvio del dialogo, tuttavia, è probabile che entrambe le parti continueranno ad utilizzare le operazioni sul campo come strumento per ridefinire il proprio peso per la stabilitĂ interna.
Cina: si è aperto a Pechino il Congresso Nazionale del Popolo
VenerdĂŹ 22 maggio si è aperta a Pechino la sessione del Congresso Nazionale del Popolo (CNP), ovvero la convocazione annuale dellâassemblea legislativa cinese, questâanno rinviata a causa dellâemergenza sanitaria. Alla riunione partecipano quasi 3000 rappresentanti dei governi locali, chiamati ad approvare la programmazione delle prioritĂ nellâagenda di Pechino per lâanno in corso. LâAssemblea, infatti, ha il compito di approvare il bilancio annuale, le previsioni di crescita e gli indirizzi di sviluppo settati dal governo.
La sessione di questâanno si appresta ad essere un momento delicato per Pechino, che si trova sia a dover gestire la battuta di arresto sullâeconomia sia le complicazioni politiche generate dalla diffusione della pandemia Covid-19. La delicatezza di entrambi gli aspetti per il governo cinese è stata confermata dai risultati della prima giornata di lavoro. Per la prima volta, infatti, durante il discorso programmatico del Primo Ministro Li Keqiang, non è stata fissata un obiettivo di crescita per lâeconomia nazionale. La contrazione registrata nel primo quadrimestre del 2020 e lâincertezza che ancora ricopre la fase di ripresa sembrano aver spinto le autoritĂ cinesi a non voler mettere nero su bianco previsioni che potrebbero lanciare un messaggio di difficoltĂ sia alla ComunitĂ Internazionale sia alla propria popolazione.
Oltre al dossier economico, la prima giornata del Congresso ha fatto emergere con grane chiarezza la preoccupazione con cui il governo cinese guarda alla possibile evoluzione del contesto di sicurezza e alle sfide di natura politica che potrebbero mettere in difficoltĂ Pechino. Particolarmente significativa in questa direzione è stata la discussione sulla possibilitĂ di approvare una nuova legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, che aggraverebbe le misure di contrasto e prevenzione di attivitĂ considerate sovversive dellâordine costituito. Con lâapprovazione del Congresso, la legge non avrebbe bisogno di alcun passaggio da parte degli organi politici di Hong Kong e, di fatto, entrerebbe in vigore come parte integrante della normativa di âUn Paese due sistemiâ, andando cosĂŹ a rafforzare con un colpo di mano la presa di Pechino sul territorio autonomo.
Israele: entra in carica il Governo Netanyahu-Gantz
Concludendo uno stallo politico durato 508 giorni, domenica 17 maggio il nuovo governo israeliano di emergenza nazionale ha ottenuto la fiducia della Knesset, con unâampia maggioranza di 73 voti a favore e 46 contrari.
A guidare lâesecutivo saranno i due ex rivali Benjamin Netanyahu, leader del Likud al suo quinto mandato da Premier, e Benny Gantz, ex Capo di Stato Maggiore e leader di Blu e Bianco. Secondo lâinusuale accordo di coalizione, Netanyahu guiderĂ lâesecutivo fino al 17 novembre 2021, data in cui scatterĂ la rotazione con Gantz. Nel frattempo, questâultimo assumerĂ la poltrona di Ministro della Difesa e Vicepremier, detenendo potere di veto sulle questioni piĂš rilevanti e controllo su metĂ dei ministeri.
Unâaltra novità è rappresentata dallâingente numero di ministri e viceministri, rispettivamente 36 e 16, un record nella storia del Paese. Lâallargamento dellâesecutivo, deciso allâultimo, riflette le tensioni interne al Likud per la gestione personalistica e spregiudicata della crisi da parte di Netanyahu. Dâaltronde, garantirsi lâappoggio compatto del suo partito è di primaria importanza per Netanyahu, chiamato a comparire in tribunale il 24 maggio al processo che lo vede imputato per frode e corruzione.
Se questi fattori spiegano perchĂŠ il leader del Likud abbia acconsentito a un esecutivo di unitĂ nazionale, è meno lineare il percorso di Gantz. Questi ha accettato un compromesso poco vantaggioso, che indebolisce la sua immagine politica e dellâintegritĂ del suo partito. La premiership in condominio, a dispetto di una lunghissima campagna elettorale in cui Gantz si è presentato come lâanti-Netanyahu, potrebbe essere spiegata dalla volontĂ del capo di Blu e Bianco di non vedersi relegato allâopposizione di un ennesimo governo Netanyahu, con il rischio concreto di disperdere del tutto il successo elettorale ottenuto lo scorso 2 marzo con la sua discesa in campo a sorpresa e, quindi, di âbruciareâ subito la sua carriera politica.
Libia: le forze di Tripoli conquistano la base di al-Watiya
Il 18 maggio le forze del Governo di UnitĂ Nazionale (GUN) di Tripoli, supportate dalla Turchia, hanno conquistato la base aerea di al-Watiya, a 130 chilometri a sud-ovest della capitale. Nellâoffensiva iniziata ad aprile 2019, al-Watiya era un assetto cruciale per lâEsercito Nazionale Libico (ENL) del Generale Khalifa Haftar, che poteva cosĂŹ attaccare facilmente Tripoli con droni e altri assetti aerei. La presa della base è stata possibile grazie alla Turchia, che è riuscita a riprendere il pieno controllo dello spazio aereo mettendo fuori uso i sistemi anti-aerei Pantsir in uso allâENL.
Lâevento rappresenta dunque un duro colpo per lâoffensiva di Haftar su Tripoli. Infatti, adesso il GUN di Fayez al-Serraj può concentrare gli sforzi sullâunica area vicino a Tripoli ancora nelle mani di Haftar, Tarhuna, 50 chilometri a sud-est della capitale. In effetti, dopo la presa di Watiya le forze governative hanno ripreso anche il controllo di vaste aree dei Monti Nafusa e minacciano di circondare del tutto Tarhuna, snodo cruciale per le linee di rifornimento dellâENL. Se Haftar perdesse il controllo dellâarea sarebbe costretto ad indietreggiare fino a Jufra, nella Libia centrale, tornando alle posizioni che occupava prima dellâoffensiva di aprile 2019 in quella che sarebbe una debâcle pesantissima.
Ă probabile che questi sviluppi sul campo abbiano conseguenze politiche, prima tra tutte il grado di supporto per il Generale dei suoi sponsor internazionali. Emirati Arabi Uniti, Egitto, Russia e anche la Francia potrebbero orientarsi verso personalitĂ meno compromesse per mantenere un ruolo di rilievo nella partita diplomatica, come il Presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh Issa, o lâex Ambasciatore libico negli Emirati Arabi Uniti, Aref Ali al-Nayed, molto vicino ad Abu Dhabi.
Somalia: il governatore di Mudug vittima della violenza jihadista
Il 17 maggio, Ahmed Muse Nur, governatore della regione di Mudug, parte dello Stato federale del Galmudug, è stato ucciso nel corso di un attentato suicida perpetrato dal movimento jihadista al-Shabaab. Lâattacco è avvenuto a Galkayo, una delle principali cittĂ della regione e sede del locale aeroporto.
Negli ultimi mesi, al-Shabaab ha intensificato la propria campagna militare nelle regioni settentrionali del Paese, nel tentativo di ampliare la propria influenza sul territorio nazionale. Infatti, ad ora, lâorganizzazione jihadista affiliata ad al-Qaeda vanta una presenza maggiormente strutturata nelle aree centrali e meridionali della Somalia. Al contrario, il nord del Paese accoglie le roccaforti della branca locale dello Stato Islamico (IS o Daesh). Di conseguenza, la crescita nellâattivismo militare di al-Shabaab nel nord della Somalia va interpretato sia nel contesto della lotta alle autoritĂ politiche nazionali che in quello della competizione con Daesh per il primato jihadista in Africa Orientale.
Negli ultimi anni, Daesh ha incrementato notevolmente lo spettro delle proprie attivitĂ in Somalia, arrivando a superare al-Shabaab per numero di attacchi e ampliando le porzioni di territorio sotto il proprio controllo nel nord del Paese. Simili sviluppi hanno favorito lâattrattivitĂ del movimento nei confronti del bacino potenziale di miliziani, costituendo una minaccia concreta per al-Shabaab.
Tuttavia, è bene sottolineare che al-Shabaab continua a rimanere il principale movimento jihadista in Somalia e nel Corno dâAfrica per numero di affiliati e capacitĂ militari e finanziarie, a testimonianza di un notevole indice di resilienza rispetto alle attivitĂ di contrasto al terrorismo attuate dallâUnione Africana (missione AMISOM), dallâEsercito Nazionale Somalo e molti governi occidentali.