Verso il Libano 3.0, tra ambizioni di crescita economica e nodo irrisolto di Hezbollah
Middle East & North Africa

Verso il Libano 3.0, tra ambizioni di crescita economica e nodo irrisolto di Hezbollah

By Lavinia Ansalone
06.20.2025

Il Libano guidato dal Primo ministro Nawaf Salam e dal Presidente Joseph Aoun si propone di superare la prolungata fase di stallo istituzionale, la corruzione endemica e la persistente paralisi politica che hanno segnato gli ultimi anni. L’obiettivo dichiarato è dare vita a un “Libano 3.0”: un Paese rigenerato, moderno e aperto, capace di attrarre investimenti e rilanciare il turismo, ricostruendo le proprie fondamenta a partire dalla resilienza del suo popolo.

Tra le priorità del nuovo corso vi è una nuova apertura verso il mondo arabo-sunnita, con il turismo indicato come principale strumento di riconciliazione con le monarchie arabe del Golfo. In questa direzione, Emirati Arabi Uniti e Kuwait hanno recentemente revocato i divieti di viaggio verso il Libano, in vigore da anni, riaprendo così le porte a un potenziale rilancio del settore turistico. L’Arabia Saudita ha sostenuto il rinnovato slancio politico sin dalla fase iniziale, appoggiando l’elezione del Presidente Aoun dopo anni di frizioni tra i due Paesi. In seguito all’elezione presidenziale a Beirut, il 3 marzo si è svolto un incontro istituzionale con il Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, segnando un momento simbolico di riavvicinamento. In parallelo, Beirut sta promuovendo investimenti infrastrutturali strategici mirati a rafforzare la capacità attrattiva del Paese. È in fase di pianificazione un nuovo terminal presso l’aeroporto internazionale della capitale, la cui realizzazione sarà aperta a capitali di investimento esteri. Contestualmente, la compagnia aerea nazionale Middle East Airlines è al lavoro per lanciare una nuova linea low-cost, con l’obiettivo di ampliare i collegamenti verso destinazioni in Medio Oriente e in Europa.

Nel medio-lungo termine, l’esecutivo punta a fare del turismo un pilastro economico, stimando che il settore possa arrivare a rappresentare fino al 20% del PIL. Nonostante le crisi multiple della regione, i primi segnali sono positivi: nel mese di maggio, il traffico aeroportuale ha registrato un aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segno di una lenta ma incoraggiante ripresa. Sul fronte economico, il Fondo Monetario Internazionale ha riconosciuto al Libano alcuni progressi sul piano delle riforme strutturali, pur giudicandoli ancora insufficienti per consentire l’accesso a nuovi finanziamenti. Tra i miglioramenti evidenziati figurano la riforma della legge sul segreto bancario e un disegno di legge per la gestione delle crisi nel settore finanziario. Inoltre, si sono svolti colloqui proficui tra le autorità libanesi e il capo missione del Fondo Monetario Internazionale per il Libano, Ernesto Ramirez Rigo, incentrati sull’adozione di misure più efficaci contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Infine, secondo una stima recentemente diffusa dalla Banca Mondiale, le esigenze di ricostruzione e ripresa del Libano a seguito della campagna militare israeliana ammonterebbero a circa 11 miliardi di dollari. Una cifra che testimonia, ancora una volta, l’urgente necessità di un impegno multilaterale per accompagnare il Paese verso la la ripresa e la stabilizzazione.

Mentre l’esecutivo si impegna a rafforzare le istituzioni dopo anni di instabilità e paralisi, a rilanciare l’economia attraverso l’attrazione di investimenti esteri e a restituire al Paese il ruolo di destinazione turistica nel Mediterraneo, la presenza pervasiva di Hezbollah continua a gettare un’ombra sul futuro del Libano. I propositi di disarmo del “Partito di Dio” restano al centro del dibattito politico nazionale, contribuendo a creare un notevole grado di incertezza sul futuro libanese.

Sul piano operativo, Hezbollah non mostra alcuna intenzione di estendere questa misura all’infuori delle sue postazioni a sud del fiume Litani, dove il processo di smantellamento delle postazioni del partito sciita sembra ormai in fase avanzata, con circa 500 posizioni cedute alle Forze Armate Libanesi (LAF). Fonti vicine a Hezbollah indicano che un’eventuale estensione del disarmo sarà presa in considerazione solo a fronte di impegni concreti da parte di Israele, come la cessazione delle operazioni militari sul territorio libanese e la liberazione dei prigionieri. Nonostante ciò, il 28 maggio il Primo ministro Salam ha dichiarato che il governo ha raggiunto circa l’80% degli obiettivi previsti per il disarmo nel sud del Libano. Da parte israeliana, un alto funzionario ha confermato che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) si ritengono “soddisfatte” dei risultati conseguiti dalle LAF nella zona meridionale. Dalla tregua tra Israele e Hezbollah dello scorso novembre, la milizia filo-iraniana ha collaborato con le LAF per il ripristino del controllo statale nel sud del Libano, ordinando il ritiro dei combattenti non originari della regione e consentendo alle stesse LAF di subentrare nella gestione dell’area. Tuttavia,Hezbollah sta approfittando di questa fase per riorganizzare le proprie forze a nord del fiume Litani. La collaborazione nel sud potrebbe dunque rispondere a una logica di riorientamento strategico, volta a salvaguardare e ristrutturare le capacità operative del gruppo. In prospettiva, è plausibile che Hezbollah concentri i propri sforzi sul rafforzamento della propria influenza politica interna, nel tentativo di ridefinire il proprio ruolo nell’assetto istituzionale del Libano post-crisi.

In questo contesto, le elezioni municipali tenutesi a fine maggio hanno rappresentato un banco di prova significativo per Hezbollah, confermandone la solida base di consenso, in particolare nel sud del Libano. Il movimento, in coalizione con Amal, ha ottenuto risultati rilevanti nelle province di Nabatieh, Tiro e Baalbek. La lista congiunta Hezbollah–Amal ha conquistato 109 municipalità su 272 senza necessità di votazione formale, attraverso il meccanismo della “tazkiyah” (elezione per acclamazione), riportando un ampio margine di vittoria nelle aree urbane. Emblematico il caso della città di Tiro, dove il divario tra l’ultimo candidato eletto della lista “Sviluppo e Libertà” e l’ultimo escluso della lista avversaria ha superato i 7.000 voti. Anche nei casi in cui la coalizione ha perso singoli seggi, a prevalere sono stati gruppi civici e famiglie tradizionalmente vicine a Hezbollah, le cui motivazioni erano legate più a dinamiche locali e familiari che a un’opposizione politica alla resistenza armata. La vittoria nelle città ha avuto una valenza strategica, in particolare in vista delle elezioni legislative del 2026, confermando il radicamento del movimento nella comunità sciita e dimostrando che il conflitto recente non ha eroso in modo significativo il sostegno popolare di cui gode Hezbollah. Questi risultati suggeriscono che qualsiasi tentativo di disarmare Hezbollah attraverso l’uso della forza rischierebbe di essere percepito come un attacco diretto alla comunità sciita e, di conseguenza, di compromettere la fragile pace civile del Pese. È plausibile che anche per questo motivo il Presidente Aoun abbia scelto di perseguire una via diplomatica, cercando un progressivo disarmo del gruppo attraverso il dialogo e la ricostruzione di un monopolio statale legittimo sull’uso della forza e sul controllo del territorio. Un compito delicato, che richiede una gestione attenta degli equilibri interconfessionali e sociali alla base della convivenza libanese. Da parte sua, il leader di Hezbollah, Naim Qassem, ha ribadito l’impegno del movimento a favore di soluzioni politiche e negoziate, pur lanciando al contempo un monito chiaro: la “resistenza” è pronta a intervenire con la forza qualora Israele non rispettasse i termini dell’intesa raggiunta.

Parallelamente, Hezbollah è impegnato a ristrutturare le proprie capacità militari, cercando nuovi canali per il riarmo e riducendo gradualmente la storica dipendenza dall’Iran. La caduta del regime siriano di Bashar al-Assad e la nuova linea adottata da Damasco, orientata a limitare l’influenza iraniana sul territorio, hanno compromesso i tradizionali flussi di supporto logistico e finanziario che Teheran forniva al movimento libanese. In risposta a queste restrizioni, Hezbollah ha intensificato gli sforzi per lo sviluppo autonomo di capacità militari, in particolare nel settore dei droni (UAV). Non a caso, il 5 giugno, l’aeronautica israeliana ha condotto un raid mirato contro strutture di produzione e stoccaggio di UAV nelle periferie meridionali di Beirut, segnalando una crescente attenzione da parte di Israele verso le nuove direttrici di armamento del gruppo. Risulta dunque molto più difficile per Hezbollah contrabbandare missili o componenti critici per la loro produzione attraverso la Siria. Il riarmo rimane dunque un punto nevralgico per la sopravvivenza strategica del movimento, ed anche una potenziale fonte di vulnerabilità.

Sul piano geopolitico, Teheran tenta di mantenere un ruolo centrale nel sostegno a Hezbollah. La recente visita in Libano del Ministro iraniano Abbas Araghchi, ufficialmente presentata come parte di una nuova fase nei rapporti bilaterali fondata sul rispetto reciproco e sulla non ingerenza, è apparsa in realtà come un tentativo di riconquistare influenza sul proprio proxy nella regione. Il Libano, tuttavia, sembra voler contenere questa pressione. Il ministro degli Esteri Youssef Rajji ha ribadito la volontà di considerare l’Iran un partner strategico, ma ha posto una condizione netta: tutti i finanziamenti per la ricostruzione dovranno transitare esclusivamente attraverso le istituzioni statali. Una posizione condivisa anche dal presidente Aoun, che ha sottolineato l’importanza di rafforzare i rapporti su base istituzionale e paritaria, escludendo ogni canale parallelo di influenza su attori non statali. Un segnale concreto di questa linea era già arrivato il 10 maggio, quando le autorità libanesi erano intervenute per bloccare un tentativo iraniano di trasferire fondi a Hezbollah attraverso l’aeroporto internazionale Rafic Hariri di Beirut. Inoltre, nonostante la dura condanna espressa dalla leadership di Hezbollah per l’attacco israeliano del 13 giugno contro obiettivi iraniani, il leader del movimento, Qassem, non ha dato seguito alle minaccie di rappresaglia.

In conclusione, il futuro del Libano rimane incerto. Le ambiziose prospettive di rilancio, dalla ricostruzione delle istituzioni allo sviluppo economico, fino al ritorno del Paese come destinazione turistica di rilievo nel Mediterraneo, si scontrano con una realtà ancora segnata da numerose incognite. Il peso di Hezbollah come attore armato autonomo, seppur indebolito, e la complessità degli equilibri interni continuano a rappresentare fattori di instabilità che rischiano frenano la piena ripartenza libanese.