Sudan, le RSF annunciano la formazione di un governo parallelo
Il 26 luglio scorso, la Sudan Founding Alliance (SFA), formazione composta da diverse fazioni ribelli sudanesi, tra cui spiccano le Rapid Support Forces (RSF), milizia impegnata, dal 2023, nella sanguinosa ribellione armata contro la giunta militare al potere a Khartoum, ha annunciato la costituzione di un governo parallelo a quello internazionalmente riconosciuto, segnando così una nuova fase nell’attuale guerra civile.
Il nuovo governo ombra vede al vertice del cosiddetto Consiglio Presidenziale il leader delle RSF, Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo e come suo vice Abdel Aziz al-Hilu, capo del Sudan People’s Liberation Movement–North, milizia attiva nelle regioni sud-orientali del Paese.
La decisione di formare un esecutivo opposto a quella della giunta militare del Generale al-Burhan risponde a una precisa esigenza strategica maturata tra febbraio e marzo scorsi, in coincidenza con la riconquista della capitale da parte delle Forze Armate Sudanesi (SAF). In quell’occasione, in concomitanza con l’aumento delle sconfitte militari e la perdita di territorio, la coalizione ribelle redasse una Carta Fondativa allo scopo di aumentare la propria legittimità politica sia interna che internazionale.
L’istituzione di un nuovo governo rappresenta l’esito di un processo di progressiva consapevolezza da parte delle RSF dell’impossibilità di vincere la guerra civile ed esautorare la giunta militare, prendendo così il controllo delle istituzioni, Di conseguenza, la milizia guidata da Dagalo ha avuto l’esigenza di evolversi da semplice gruppo armato a realtà politica istituzionalmente strutturata, in grado di proporsi come concreta alternativa al governo di Khartoum e di avere pari dignità negoziale.
A spingere le RSF a formare un governo parallelo ha contribuito anche l’influenza degli Emirati Arabi Uniti, loro maggiore sostenitore politico ed acquirente dell’oro da esse contrabbandato. Infatti, Abu Dhabi considera le milizie ribelli il suo principale alleato contro la giunta di Khartoum, supportata da Turchia e Arabia Saudita. A seguito dell’attacco compiuto dalle RSF a Port Sudan, tra il 4 e il 7 maggio scorso, la giunta militare ha deciso di interrompere i rapporti diplomatici con Abu Dhabi. Tuttavia, gli Emirati, essendo portatori di interessi economici rilevanti in Sudan, principalmente nei settori agricolo e aurifero, potrebbero aver individuato nella istituzionalizzazione delle RSF una garanzia per la tutela, e l’eventuale espansione, dei propri investimenti. In tale ottica non è da escludere che, nei prossimi mesi, egli Emirati riconoscano la legittimità del governo parallelo, aumentando così gli elementi di frattura all’interno del Sudan.