L’undicesimo pacchetto di sanzioni UE nei confronti della Russia: una valutazione di efficacia
Russia & Caucasus

L’undicesimo pacchetto di sanzioni UE nei confronti della Russia: una valutazione di efficacia

By Francesca Cazan
08.11.2023

Il 23 giugno scorso, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato l’ undicesimo pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia in risposta all’invasione dell’Ucraina. L’obiettivo di fondo permane quello di colpire l’economia russa e la sua corrispettiva capacità di supportare lo sforzo bellico allo scopo di determinare la cessazione delle ostilità e ripristinare la piena integrità territoriale ucraina.

Il nuovo intervento dell’UE si inserisce nel contesto dell’ inasprimento delle misure ritorsive economiche e della parziale inefficacia dei pacchetti precedentemente adottati nei confronti della Russia, che nel corso dello scorso anno è stata in grado individuare le falle dell’impianto sanzionatorio europeo e aggirarle, soprattutto per il tramite di Paesi terzi.

La peculiare novità dell’undicesimo pacchetto è la previsione di meccanismi finalizzati a minimizzare il rischio di elusione delle restrizioni imposte finora. In generale, il sistema sanzionatorio ne esce infatti ampliato, attraverso l’introduzione di misure volte principalmente all’inasprimento delle restrizioni apposte all’interscambio commerciale tra UE e Russia, al rafforzamento dei controlli sulle esportazioni, ma anche all’aumento della cooperazione bilaterale e multilaterale con i Paesi terzi.

In particolare, l’approccio innovativo dell’undicesimo pacchetto si deve soprattutto agli strumenti previsti per i casi in cui le iniziative di cooperazione con i Paesi terzi non risultino sufficienti. Difatti, qualora si realizzi l’ipotesi in questione, è ora possibile adottare misure restrittive nei confronti di quei Paesi terzi che omettano in maniera sistematica e persistente di impedire la vendita, la fornitura o il trasferimento in Russia dei beni e delle tecnologie sanzionate dall’UE.

In tal modo, le norme antielusione contenute nel pacchetto mirano specificamente a contrastare un fenomeno che si è largamente diffuso nel corso degli scorsi mesi, ovvero quello della triangolazione delle forniture . Nel commercio internazionale, per “ triangolazione ” si intende generalmente il rapporto tra uno Stato o atro ente importatore e uno esportatore in cui interviene un terzo, il quale funge da intermediario al fine strategico di aggirare l’adozione di eventuali strumenti di politica commerciale mirati a limitarne i reciproci scambi, come nel caso in questione, oppure per beneficiare di eventuali vantaggi fiscali.

Con riferimento alle sanzioni imposte dall’UE nei confronti della Russia, dunque, il sistema della triangolazione ha funzionato articolandosi secondo il seguente schema : mediante esportazioni dall’UE verso Paesi terzi e, successivamente, da questi verso la Russia o la Bielorussia. Si tratta, in particolare, di vecchi e nuovi partner commerciali del Cremlino che non applicano le restrizioni UE, come Turchia, Cina, India e Iran, oppure i membri dell’UEE (Unione Economica Eurasiatica, composta da Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakhstan e Kirghizistan), entro i cui confini le merci circolano liberamente.

Secondo gli ultimi dati forniti dalla Commissione Europea (febbraio 2023), a distanza di un anno dall’inizio della guerra, le sanzioni UE hanno bloccato oltre 43,9 miliardi di euro di beni esportati in Russia e 91,2 miliardi di euro di beni importati dalla Russia. Ciò significa che il 49% delle esportazioni e il 58% delle importazioni russo-europee sono ora sottoposte a sanzioni rispetto ai livelli prebellici del 2021, quando la Russia costituiva il quinto maggiore partner commerciale europeo, subito dopo Cina, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera.

Per comprendere più a fondo in che modo il sistema delle triangolazioni ha funzionato finora e come l’undicesimo pacchetto di sanzioni prova a smantellarlo, occorre innanzitutto ripercorrere brevemente l’oggetto delle restrizioni adottate dall’UE nei confronti della Russia a partire dal febbraio 2022.

Con riferimento agli scambi commerciali, e in particolare delle esportazioni dall’UE verso la Russia, l’elenco dei prodotti sottoposti a sanzioni comprende tecnologie d’avanguardia (come computer quantistici e semiconduttori avanzati), macchinari e attrezzature per il trasporto, beni, servizi e tecnologie necessari per la raffinazione del petrolio, l’industria dell’energia nel suo complesso e i settori aeronautico, spaziale e marittimo . Inoltre, l’UE ha limitato le esportazioni di una serie di beni a duplice uso, utilizzabili per scopi sia civili che militari, nonché beni di lusso, armi da fuoco ad uso civile, loro parti e altri materiali per l’esercito.

Per quanto riguarda le importazioni dalla Russia verso l’UE , invece, le sanzioni UE includono: petrolio greggio (da dicembre 2022) e prodotti petroliferi raffinati (da febbraio 2023), con limitate eccezioni; carbone e altri combustibili fossili solidi; acciaio, prodotti siderurgici e ferro; oro, compresi articoli di gioielleria; cemento, legno, carta, materie plastiche, asfalto e gomma sintetica (da febbraio 2023); prodotti ittici e liquori (ad esempio caviale, vodka); sigarette e cosmetici.

Per contro, le sanzioni dell’UE escludono esplicitamente i prodotti destinati principalmente al consumo e i prodotti dei settori sanitario, farmaceutico, alimentare e agricolo, gas naturale, combustibile nucleare e diamanti.

Una volta appresa la portata delle sanzioni imposte dall’UE alla Russia, cui si aggiungono quelle adottate da USA, Regno Unito, Canada, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera e Norvegia, è interessante osservare come il volume degli scambi commerciali russi con decine di Paesi sia effettivamente aumentato dall’inizio della guerra, permettendo alle importazioni aggregate della Russia di tornare ai livelli prebellici già a novembre 2022. Tra questi, come già menzionato, un ruolo di primo piano è ricoperto da Cina e India , dove la Russia ha ricercato mercati alternativi, nonché dalla Turchia e dai Paesi membri dell’UEE.

In particolare, con riferimento alle rotte commerciali alternative ricercate dalla Russia in Cina e India in seguito all’imposizione delle sanzioni occidentali, il bene russo maggiormente esportato è il petrolio , oggetto di un autentico tentativo di capitalizzazione da parte dei due importatori asiatici, visto il prezzo di favore garantito da Mosca.

A riprova di ciò, nell’ultimo anno, il valore delle importazioni di petrolio russo in Cina è aumentato di oltre il 50%, compensando parzialmente il crollo delle importazioni dall’UE. Per quanto riguarda l’India, invece, gli scambi commerciali con la Russia sono aumentati del 250% dal 2021, registrando l’incremento maggiore tra i partner commerciali della Russia.

Parallelamente, la Turchia costituisce un partner commerciale di Mosca avente una maggiore rilevanza strategica ai fini dell’aggiramento delle sanzioni UE. Il Paese beneficia, infatti, di un accesso privilegiato al mercato europeo grazie alla vigenza dell’accordo di unione doganale con l’UE . Il contributo che Ankara potrebbe aver dato mitigazione dell’impatto sanzionatorio nei confronti della Russia, attraverso lo schema delle triangolazioni, emerge innanzitutto dall’incrocio di alcuni dati rilevanti. In primo luogo, da marzo 2022 a marzo 2023 è stato registrato un aumento del volume degli scambi tra Turchia e Russia di circa il 90%, costituito in gran parte da macchinari industriali, prodotti chimici, elettronici e tecnologicamente avanzati, come circuiti integrati e semiconduttori, sanzionati dall’UE ed esportati da Ankara a Mosca. In secondo luogo, si può osservare come le esportazioni di merci dall’UE verso la Turchia siano cresciute di circa il 25% dal 2021 al 2022, avendo principalmente ad oggetto proprio macchinari ed apparecchi elettronici (25%), attrezzature per il trasporto (17%), metalli e articoli di base (13%) e prodotti chimici (13%). Tuttavia, lo scorso marzo, viste le pressioni esercitate dall’UE sulla Turchia, Ankara ha assicurato che non avrebbe più esportato o autorizzato il transito verso la Russia di merci soggette a sanzioni UE.

Ad ogni modo, in risposta alla presunta svolta turca, la Russia avrebbe già riconfigurato i propri canali di importazione , puntando in particolar modo sui propri partner commerciali regionali e spingendo l’UE a adottare definitivamente l’undicesimo pacchetto di sanzioni. Ad esempio, secondo i dati raccolti attraverso la piattaforma Trade Data Monitor, le esportazioni armene verso la Russia sono aumentate del 463% tra il 2022 e il 2023. Prima del 2022, l’Armenia esportava principalmente prodotti agricoli, materie prime e una quantità limitata di tecnologie. Nel corso del 2022, il contenuto e la portata delle esportazioni armene sono poi radicalmente mutati, registrando un aumento di oltre dieci volte delle spedizioni all’estero di attrezzature meccaniche ed elettroniche. Una parte significativa di queste esportazioni è stata diretta in Russia e, in misura limitata, in Bielorussia. Si trattava, però, di “riesportazioni”, in quanto l’Armenia non ha né la capacità industriale né le risorse per incrementare le esportazioni verso la Russia in tale misura nel corso di un solo anno.

A riprova di ciò, lo scorso anno si è assistito a un aumento significativo delle importazioni armene , anche da USA e UE. Difatti, citando un documento dell’US Bureau of Industry and Security, nel 2022, l’Armenia ha importato il 515% in più di chip e processori dagli USA e il 212% in più dall’UE rispetto al 2021, esportando poi circa il 97% di quegli stessi prodotti in Russia. Si tratta di un dato non trascurabile, in quanto i chip e i dispositivi elettronici in questione rientrano in categorie particolarmente sensibili, utilizzabili potenzialmente anche per lo sviluppo di armi. Inoltre, un altro dato significativo riguarda la rapida crescita delle importazioni armene di veicoli dall’UE, soprattutto di automobili, che sarebbero state riesportate in Russia in quantità quattro volte maggiori rispetto al 2021.

In generale, si può osservare come, nel febbraio 2023, ad un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, il PIL armeno sia cresciuto del 12,6% in un anno, possibile risultato del fatto che l’Armenia ha intercettato una parte consistente di quello che in precedenza era il commercio tra UE e Russia.

Altri due importanti partner commerciali regionali russi sono il Kazakhstan e il Kirghizistan , che Mosca ha altrettanto integrato nella propria rete di approvvigionamento finalizzata a mantenere la tecnologia occidentale in Russia. Entrambi i Paesi sono membri dell’UEE e il Kazakhstan è anche parte di un “Accordo di partenariato e cooperazione rafforzato” (EPCA) con l’UE, entrato in vigore nel 2020, e che ha permesso all’Unione di diventare il principale partner commerciale del Paese centro-asiatico, da cui importa principalmente petrolio e gas e in cui esporta soprattutto macchinari, attrezzature per il trasporto e prodotti chimici.

L’elusione delle sanzioni UE per il tramite di questi due Paesi si evince in maniera emblematica dalle indagini condotte da alcuni media indipendenti sulle esportazioni operate da determinate società kirghise e kazake verso la Russia, aventi ad oggetto beni a duplice uso (contenenti microchip, circuiti stampati, apparecchiature per le telecomunicazioni e altri dispositivi elettronici ), importati presumibilmente dall’UE o dagli USA e inviati direttamente all’utente finale russo, senza nemmeno transitare per l’Asia Centrale, aggirando quindi i registri doganali.

Le pratiche elusive e attività di riesportazione fin qui evidenziate, rilevate anche in altri Paesi (tra cui Uzbekistan, Tajikistan, Georgia ed Emirati Arabi Uniti) hanno seriamente allarmato i funzionari dell’Unione, i quali hanno studiato più a fondo il fenomeno, mobilitando i propri servizi commerciali e doganali e, successivamente, strutturato l’undicesimo pacchetto di sanzioni.

A tal fine, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio 2023, l’inviato dell’UE per il rispetto le sanzioni, David O’Sullivan, si è recato in visita in UAE, Turchia, Kazakhstan, Uzbekistan, Georgia, Armenia e Serbia, dove ha esercitato pressioni per garantire la cooperazione ed evitare l’elusione delle misure . Il bilancio del tentativo diplomatico si è rivelato apparentemente positivo per l’UE, in quanto gli Stati sopracitati hanno poi fornito tempestive rassicurazioni e predisposto sistemi di monitoraggio, controllo e blocco delle riesportazioni.

Ad ogni modo, l’azione dell’UE ha assunto maggiore concretezza il 23 giugno scorso, con l’adozione di un nuovo strumento antielusione che consente all’UE di limitare vendita, fornitura, trasferimento o esportazione di taluni beni e tecnologie sanzionati verso determinati Paesi terzi a rischio continuo ed elevato di vanificare le misure restrittive. Si tratta di uno strumento eccezionale e di ultima istanza, da applicare nel caso in cui le altre misure ed appelli dell’UE ai Paesi terzi interessati si siano rivelati inefficaci. I Paesi terzi saranno, in tal caso, oggetto di sanzioni all’esportazione sulla base di una decisione adottata all’unanimità dal Consiglio e soltanto a seguito di approfondite analisi tecniche fornite dalla Commissione, sia dei dati commerciali che degli insufficienti sforzi “compiuti per affrontare la questione”.

Il pacchetto prevede anche le successive misure di contrasto e prevenzione delle pratiche elusive: estensione del divieto di transito per un maggior numero di beni e tecnologie esportati dall’UE verso Paesi terzi attraverso la Russia; aggiunta di 87 voci nuove all’elenco delle entità che sostengono direttamente il complesso militare e industriale russo, sottoposte a restrizioni più severe all’esportazione di beni a duplice uso e tecnologie avanzate, tra cui figurano adesso anche entità registrate in Cina, Uzbekistan, Emirati Arabi Uniti, Siria e Armenia; divieto di vendere, dare in licenza o trasferire diritti di proprietà intellettuale relativi a beni sanzionati, al fine di impedire che questi vengano prodotti al di fuori dell’UE; semplificazione dell’allegato sui dei prodotti sanzionati, in modo da ridurre l’elusione compiuta falsificandone la classificazione.

Per quanto riguarda i trasporti , l’undicesimo pacchetto ha tentato di correggere anche altre pratiche elusive largamente diffusesi, introducendo i seguenti divieti: divieto di trasporto di merci su strada nell’Unione con rimorchi o semirimorchi immatricolati in Russia; divieto di accesso ai porti e alle chiuse dell’UE per le navi implicate nel trasbordo da nave a nave, in sospetta violazione del divieto di importazione del petrolio russo o del tetto sui prezzi, come avvenuto sistematicamente nel Mar Baltico ed Egeo; divieto di accesso ai porti dell’UE alle navi che manomettono o disabilitano il sistema di tracciamento in navigazione quando trasportano petrolio russo. In generale, è possibile affermare che l’impianto sanzionatorio ne esce complessivamente rafforzato, ma non privo di vie di fuga per quelle entità che intendono continuare ad aggirarlo, perpetuando lo schema della triangolazione. La possibilità di eludere anche le misure previste dall’undicesimo pacchetto, infatti, permane, per più ragioni.

In primo luogo, si può constatare la scarsa affidabilità ed oggettività dell’analisi dei complessi dati commerciali di un Paese al fine di dimostrarne l’impegno nell’aggiramento delle sanzioni, che costituisce, come detto, uno dei requisiti necessari all’attivazione del nuovo strumento antielusione. Ciò si deve sia al fatto che, nella maggior parte dei casi, l’incrocio dei dati relativi alle importazioni e alle esportazioni può risultare incompleto e approssimativo, sia alla possibilità che i registri doganali contengano informazioni distorte, come è accaduto all’ordine del giorno sinora. In secondo luogo, nonostante la buona fede dello Stato terzo, che si è impegnato pubblicamente a non consentire pratiche elusive sul proprio territorio, come accaduto emblematicamente in Armenia, Kazakhstan e Georgia, l’attività di singole aziende ed intermediari ivi stanziati potrebbe prescindere dalla volontà statale. Molti di questi sono, infatti, spesso controllati o collegati ad altre aziende russe e continuano a ricercare canali per perseguire il proprio utile, escogitando anche modalità alternative. Tra queste, diverse società kirghise e kazake hanno recentemente sperimentato il pagamento delle operazioni commerciali in una valuta diversa dall’euro, come lo yuan, rendendo le transazioni più difficilmente tracciabili.

In terzo luogo, occorre sottolineare come i controlli doganali tra i Paesi membri dell’UEE (Russia, Bielorussia, Armenia, Kazakhstan e Kirghizistan) restino essenzialmente deboli, continuando ad agevolare gli scambi di merci sanzionate dall’UE. A riprova di ciò, è stato recentemente documentato come, al confine tra la Georgia e la Russia, non sia cambiato nulla dopo l’adozione del nuovo pacchetto di sanzioni UE. In particolare, la situazione più critica si riscontra nella regione dell’ Abcasia , controllata dalla Russia, in cui le merci sanzionate transitano senza essere sottoposte ad alcun controllo effettivo. Allo stesso modo, la situazione sembra essere pressocché immutata anche in Armenia, dove vengono ora preferite rotte alternative, come quella che dall’Armenia passa per l’Iran e, successivamente, attraverso il Mar Caspio, giunge in Russia.

Inoltre, le pratiche elusive continuano ad essere agevolate anche dall’esistenza di una zona grigia tra i proclami politici dei governi dei Paesi terzi interessati ad allinearsi alle sanzioni occidentali e le misure inesistenti effettivamente adottate a tal fine, come denunciato da organizzazioni non governative, media indipendenti e leader d’opposizione ivi presenti.

Infine, un altro anello debole è costituito da alcuni Stati membri della stessa UE, in cui operano società che traggono beneficio dall’aggiramento delle sanzioni , attraverso il loro collegamento con altre società stabilite nei Paesi terzi. In particolare, risultano rilevanti i dati relativi alle esportazioni di determinate società tedesche, i quali evidenziano un aumento rispettivamente del 48%, 132% e 773% della merce esportata dalla Germania verso Georgia, Armenia e Kirghizistan nei primi quattro mesi del 2023 rispetto al 2022. Si tratta, più nel dettaglio, di beni di lusso, mezzi di trasporto, prodotti chimici e tecnologie avanzate. Allo stesso modo, entità operanti in Lituania e Olanda sono altrettanto sospettate di aver favorito l’esportazione di merci sanzionate verso Russia e Bielorussia, mentre Ungheria e Bulgaria potrebbero aver eluso le restrizioni UE alle importazioni.

In conclusione, la mancanza di volontà effettiva dei Paesi terzi di imporre regole più severe ai controlli dei loro scambi commerciali, implementando efficacemente le sanzioni occidentali, si combina alla miopia di alcuni Stati membri dell’Unione Europea , i quali esigono il rispetto delle restrizioni UE anche da parte dei Paesi terzi, ma trascurano la possibilità che queste vengano eluse anche nel proprio territorio. È evidente, pertanto, come le sanzioni occidentali possano facilmente fallire quando si scontrano con una realtà tanto complessa come quella descritta, caratterizzata dalla prevedibile assenza di un sostegno universale alle restrizioni imposte dall’UE e, infine, dalla capacità della Russia di riconfigurare continuamente le proprie catene di approvvigionamento allo scopo di adattarsi alle misure restrittive estere.

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