Libia: il compromesso politico è ancora lontano
Middle East & North Africa

Libia: il compromesso politico è ancora lontano

By Claudia Ferrotti
07.04.2023

Dal 22 maggio al 6 giugno si è nuovamente riunito a Bouznika (Marocco), il comitato 6+6, composto dagli esponenti della Camera dei Rappresentanti (HoR) del Governo di Tobruk e dell’Alto Consiglio di Stato (HCS) di Tripoli, e mediato dal Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite Abdoulaye Bathily. L’obiettivo era quello di approvare una nuova legge elettorale che permettesse il corretto svolgimento delle elezioni del Parlamento e della Presidenza della Repubblica e ponesse fine alla crisi che ormai affligge il Paese da più di un decennio. Nonostante il comitato si sia mostrato fiducioso e positivo, l’accordo non è stato approvato in maniera definitiva. Infatti, pur essendo stati proficui per il riavvicinamento, seppur parziale, delle due frange in merito all’elezione del Presidente e dell’Assemblea parlamentare, gli ultimi incontri non sono riusciti a mettere d’accordo le parti su alcuni nodi fondamentali. Tra tutti, i principali punti di disaccordo riguardano i requisiti dei futuri candidati alla Presidenza, un problema questo che aveva già portato al mancato svolgimento delle elezioni del 2021, e la questione riguardo la contemporaneità delle elezioni presidenziali e parlamentari.

Il processo politico del Paese verso le elezioni è fortemente disincentivato dalle parti in gioco, che hanno invece interesse a mantenere lo status quo. Inoltre, i Governi di Tripoli e Tobruk, così come chi li supporta, mancano di visioni comuni che potrebbero invece portare a un riallineamento delle fazioni. Sebbene il riavvicinamento tra Ankara e il Cairo, che sostengono rispettivamente Tripoli e Tobruk, possa avere dei risvolti anche in Libia allentando le tensioni tra le due fazioni, la questione risulta ben più profonda. In linea generale, la normalizzazione tra Turchia ed Egitto non può considerarsi decisiva ai fini della ricucitura dei rapporti politici interni alla Libia; una vicenda, questa, che deve trovare una via d’uscita autonoma, indipendentemente dalle dinamiche internazionali. In questo contesto, la contesa riguardo il ruolo di Dbeibah e la recente sospensione di Bashagha dalla sua posizione di Primo Ministro del Governo di Stabilità Nazionale inducono a pensare che il processo di riconciliazione politica in Libia sia tutt’altro che a buon punto, anche a causa del ruolo ambiguo di Haftar e delle sue milizie in questa fase del processo libico.

Un ulteriore spunto di riflessione potrebbe riguardare l’aspetto securitario. Infatti, la presenza del Wagner Group in Libia al fianco del Generale Haftar potrebbe subire una battuta d’arresto, specie dopo la recente ribellione del gruppo contro Mosca. È verosimile che le tensioni tra governo centrale e la milizia armata guidata da Prigozhin possano condurre ad una revisione delle strategie e degli impegni del gruppo nel Paese. Se questo fosse il caso, il Generale Haftar perderebbe l’appoggio di un prezioso alleato e il Governo di Tripoli potrebbe trarne vantaggio e colpire il fianco scoperto del nemico. In quest’ottica, il recente attacco con droni ad al-Khadim in Cirenaica, presumibilmente attribuibile al Governo di Tripoli potrebbe rappresentare un campo di gioco anche nei rapporti con le controparti di Tobruk.

Paradossalmente, da un punto di vista economico, sembra che la Libia stia conoscendo una fase di apparente stabilità, come confermano i dati sull’aumento della produzione degli idrocarburi e sul consolidamento dell’inflazione. A tale proposito, il Fondo Monetario Internazionale, visti i progressi del Paese, sta proponendo delle politiche volte al risanamento dell’economia libica e alla diversificazione della produzione. Ad ogni modo, sarà difficile pensare a un restauro economico senza prima riuscire a stabilizzare il piano politico e di sicurezza domestico.

Il futuro della Nazione è ancora incerto, almeno fino a quando non si raggiungerà un accordo che permetta delle elezioni libere e democratiche. Inoltre, l’apparente stabilizzazione della situazione economica potrebbe portare alla cristallizzazione della crisi politica, rendendo ancora più complesso il processo di restaurazione. Dal canto suo, il Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite Bathily spinge affinché la crisi libica si concluda il prima possibile, onde evitare ulteriori ripercussioni sull’assetto politico del Paese e sulla stabilità complessiva della regione.

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