L’evoluzione della strategia russa in Niger
Africa

L’evoluzione della strategia russa in Niger

By Martina Battaiotto
06.06.2025

Il 20 maggio scorso, il Ministro del petrolio nigerino, Sahabi Omarou, ha unilateralmente disposto alla China National Petroleum Corporation (CNPC), principale compagnia petrolifera cinese presente nello Stato africano, di risolvere i contratti dei lavoratori cinesi impiegati da più di quattro anni nei progetti locali. Il Ministro ha giustificato tale decisione invocando la perdurante disparità salariali tra il personale nigerino e quello cinese, manifestando, così, la crescita delle tensioni tra Niamey e Pechino.

Infatti, nel mese di marzo lo stesso Ministro Omarou ha dichiarato persona non grata tre dirigenti di compagnie petrolifere cinesi, invitandoli a lasciare il Paese entro 48 ore. Inoltre, il Ministero dell’Artigianato e del Turismo ha imposto la chiusura di una delle infrastrutture simbolo della cooperazione sino-nigerina, ovvero il Soluxe International Hotel, costruito e gestito da investitori cinesi.

Anche le suddette azioni siano state ufficialmente motivate da accuse di discriminazione razziale nei confronti di cittadini non cinesi. Tuttavia, la prossimità temporale degli eventi potrebbe essere un indicatore del raffreddamento dei rapporti bilaterali e potrebbe suggerire un più ampio riorientamento della politica estera della giunta militare che governa il Niger.

All’allontanamento dei cinesi è corrisposto un parallelo avvicinamento alla Federazione Russa, la quale potrebbe parzialmente sostituire Pechino. Successivamente al colpo di Stato del 2023, che ha condotto all’insediamento dell’attuale giunta, il Cremlino ha cercato di riempire i vuoti politici creati dall’espulsione dei partner occidentali da parte del nuovo governo, con la prospettiva di aumentare la sua influenza nel continente e cercando di estendere il controllo sulle risorse strategiche, a cominciare dall’uranio. Nell’ultimo anno Mosca ha compiuto diversi passi nella cooperazione militare, rafforzata tramite l’invio di mercenari dell’Africa Corps e vendendo tre satelliti militari. Parallelamente, il Cremlino ha sottoscritto un memorandum d’intesa per favorire gli investimenti nel settore minerario. Infine, come già fatto con il vicino Burkina Faso, l’attivismo russo si è manifestato attraverso l’uso strumentale dell’assistenza umanitaria, nello specifico con l’invio di 20 tonnellate di grano, indispensabile in un Paese, come il Niger, coattamente sottoposto ad emergenza alimentare.

In linea di massima, dunque, la Russia continua a sedimentare la sua presenza nella regione del Sahel, soprattutto a scapito dei paesi occidentali. In un contesto di generale arretramento della presenza europea e statunitense nella regione, una eccezione positiva è costituita dall’Italia che, nonostante la complessa situazione politica nigerina, continua a mantenere una importante presenza militare per il supporto al contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata in funzione del contenimento dell’immigrazione irregolare.