La visita di bin Salman a Washington accelera il riallineamento bilaterale USA-Arabia Saudita
Middle East & North Africa

La visita di bin Salman a Washington accelera il riallineamento bilaterale USA-Arabia Saudita

By Alessio Stilo
11.22.2025

La visita ufficiale a Washington del Principe della Corona dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman (MBS), il 18 novembre 2025, segna una tappa rilevante nell’evoluzione del partenariato tra Stati Uniti e Arabia Saudita. L’incontro con il Presidente statunitense Donald Trump ha prodotto una serie di accordi ampi e diversificati, che spaziano dalla difesa all’intelligenza artificiale, dall’energia al nucleare civile, fino ai minerali critici e agli investimenti. L’insieme delle intese conferma la volontà condivisa di ridefinire e rafforzare una relazione storica, orientandola verso un modello che si connota per una maggiore integrazione sul piano tecnologico, industriale e strategico.

La cornice politica del viaggio di bin Salman è inquadrabile in un rapporto bilaterale che si presenta oggi più strutturato rispetto agli anni precedenti, sostenuto da una convergenza di interessi in materia di sicurezza, energia e sviluppo economico. L**’annuncio dell’intenzione saudita di innalzare gli investimenti negli Stati Uniti sino a un valore complessivo di mille miliardi di dollari rappresenta il segnale più evidente della profondità della partnership, collocando Washington al centro della strategia saudita di diversificazione economica e tecnologica**. Tale impegno si inserisce nel percorso avviato nel 2030 con la riorganizzazione del Public Investment Fund (PIF), il fondo sovrano divenuto il principale motore finanziario di Riad e uno dei cardini dell’interscambio economico con Washington.

Il settore della difesa impernia uno degli assi centrali della visita. Washington ha approvato la vendita degli F-35 all’Arabia Saudita (che ne ha chiesto 48 esemplari), un passo significativo sotto il profilo strategico e simbolico, che potrebbe aprire una nuova fase nelle dinamiche regionali, considerando che finora Israele è l’unico Paese del Medio Oriente a possedere tali caccia di quinta generazione. L’accordo si inserisce in un pacchetto di cooperazione più ampio che comprende la fornitura di 300 carri armati statunitensi, sistemi missilistici e armamenti ad alta precisione, oltre a un’intesa strutturata che rende più agevole l’operatività delle aziende della difesa statunitensi sul territorio saudita.

Gli Stati Uniti hanno inoltre designato l’Arabia Saudita come “major non-NATO ally”, rafforzando così il perimetro istituzionale della cooperazione militare. La designazione dischiude le porte all’Arabia Saudita nei confronti di tecnologie avanzate e programmi di addestramento, consolidando la capacità del Regno di integrarsi con le dottrine operative statunitensi. Il pacchetto bilaterale prevede anche un Accordo di Difesa Strategico finalizzato a consolidare la deterrenza regionale e ad ampliare il ruolo saudita nel burden-sharing delle attività di sicurezza comune.

Accanto agli aspetti politico-istituzionali, la cooperazione in materia militare include un’intensa attività addestrativa, testimoniata dalle numerose esercitazioni congiunte svolte negli ultimi cinque anni. Siffatte attività contribuiscono a sviluppare interoperabilità e capacità operative integrate, in particolare nel dominio della difesa aerea, dove il Regno ha recentemente reso operativo il sistema THAAD.

Una delle novità più significative del tour di bin Salman è la firma di una dichiarazione congiunta in materia di energia nucleare civile. L’accordo stabilisce un quadro legale duraturo per la cooperazione nel comparto, raffigurando gli Stati Uniti come partner preferenziale per lo sviluppo nucleare saudita. Parallelamente, l’intesa mira a garantire un livello elevato di standard di non proliferazione, elemento che costituisce un pilastro della politica nucleare statunitense.

In tema energetico, la collaborazione si estende anche al settore dei minerali critici, laddove i due attori hanno concordato un quadro strategico per la sicurezza delle catene di approvvigionamento di uranio, metalli e terre rare, basandosi su intese analoghe stipulate da Trump con altri alleati. Separatamente, la statunitense MP Materials ha esplicitato l’intenzione di costruire una raffineria di terre rare in Arabia Saudita con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e la società mineraria statale saudita Maaden al fine di espandere la lavorazione mediorientale di materie prime critiche. Una simile scelta** riflette l’intento saudita di trasformare il proprio settore minerario in uno dei motori della diversificazione economica, sfruttando i vantaggi competitivi del territorio e il know-how tecnologico statunitense, con l’obiettivo dichiarato di trasformare il Regno in un hub globale per la lavorazione delle terre rare e dei magneti permanenti**, sostenendo al contempo lo sviluppo di filiere industriali nazionali in settori ad alta intensità tecnologica.

Un altro pilastro della visita è il partenariato strategico nell’intelligenza artificiale (AI), orientato alla costruzione di un ecosistema digitale e tecnologico condiviso, che include la fornitura e lo sviluppo di infrastrutture di calcolo ad alte prestazioni, data center, progetti di ricerca congiunti e programmi di trasferimento tecnologico. In questo segmento Nvidia, leader del settore, ha annunciato la collaborazione con l’Arabia Saudita per costruire dei supercomputer. L’azienda xAI di Eleon Musk, che produce il chatbot Grok, ha reso noto un accordo per collaborare con la compagnia statale saudita di AI Humain mirato a sviluppare una rete di data center GPU nel Regno, ancorata a un grande data center da 500 megawatt. La stessa Humain ha annunciato un investimento di 900 milioni di dollari nell’azienda californiana Luma, oltre a una partnership con AMD e Cisco Systems per costruire un gigawatt di capacità di data center in Arabia Saudita. Amazon, già attiva nel panorama dell’AI saudita, ha dichiarato di voler lanciare una “partnership ampliata” con Humain per “implementare e gestire fino a 150.000 acceleratori di intelligenza artificiale” nel Regno. La cooperazione nel settore dei semiconduttori rappresenta un tassello cruciale: Washington ha aperto la strada a future autorizzazioni per l’esportazione di chip avanzati verso Riad, elemento sostanziale per il programma saudita di costruzione di un hub regionale per l’AI.

L’interesse reciproco per il settore tecnologico è evidenziato dal coinvolgimento di grandi aziende statunitensi (dai giganti dell’IT ai colossi energetici) nelle sessioni del US-Saudi Investment Forum organizzato a Washington in concomitanza con la visita di bin Salman, che ha visto la partecipazione dei CEO di oltre 400 compagnie dei due Paesi. Questo scenario indica un progressivo consolidamento del ruolo saudita come destinazione privilegiata per investimenti tecnologici e progetti di innovazione.

Il versante economico-commerciale avvalora la centralità degli Stati Uniti come partner privilegiato dell’Arabia Saudita, al netto del tendenziale irrobustimento delle relazioni di Riad con altre potenze globali come Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa. Oltre al pacchetto da mille miliardi di dollari in investimenti e ai 557 miliardi di dollari di accordi bilaterali (dei quali 242 accordi di investimento) siglati per l’occasione, emerge un livello di interdipendenza già radicato: gli scambi commerciali degli ultimi anni si attestano su valori significativi e comprendono un ampio ventaglio di settori, dall’energia alla tecnologia, dal finanziario alla manifattura avanzata.

Il PIF riveste un ruolo determinante in tale dinamica: con un’esposizione rilevante negli Stati Uniti, il fondo sovrano saudita contribuisce a rinvigorire una relazione economica basata su scelte strategiche di lungo periodo. La presenza crescente di aziende statunitensi nei progetti legati alla “Vision 2030” di Riad palesa l’interesse americano per il mercato saudita e, al tempo stesso, la volontà del Regno di attrarre competenze e tecnologie esterne per accelerare la propria trasformazione economica.

Da rimarcare anche gli accordi raggiunti da Saudi Aramco con numerose aziende americane, che coprono ambiti quali GNL, carburanti, chimica, tecnologie per la riduzione delle emissioni, intelligenza artificiale e soluzioni digitali. Queste intese, dal valore potenziale di circa 30 miliardi di dollari, legano ancora di più di due Paesi in termini di cooperazione industriale e tecnologica, proiettando Aramco in una dimensione globale più integrata.

Le discussioni politiche tra Trump e bin Salman hanno incluso anche il dossier israelo-palestinese. Il principe ereditario saudita ha ribadito che una normalizzazione con Israele, ancorché auspicata dai regnanti a Riad, rimane subordinata alla definizione di un percorso credibile verso la creazione di uno Stato palestinese. Questo posizionamento, più assertivo rispetto al passato, si intreccia con il ruolo saudita come potenza regionale e con la volontà di presentarsi come attore responsabile nel quadro mediorientale.

La visita di Mohammed bin Salman negli Stati Uniti incarna un passaggio chiave nella ridefinizione delle relazioni strategiche tra Washington e Riad. La portata degli accordi firmati esprime un partenariato ampio, multisettoriale e orientato al futuro: difesa avanzata, energia, nucleare civile, minerali critici, intelligenza artificiale, investimenti e commercio costituiscono i pilastri di una cooperazione che punta a riaffermare la stabilità regionale, la sicurezza delle catene di approvvigionamento e la proiezione (oltreché l’interdipendenza) economica dei due Paesi.

L’Arabia Saudita emerge come attore sempre più autonomo, dotato di capacità crescenti e di leve strategiche che la rendono un partner essenziale per Washington. Gli Stati Uniti, da parte loro, confermano il ruolo centrale del Regno nelle loro strategie per il Medio Oriente e per le nuove dinamiche della competizione globale.