Israele-EAU-Egitto: un rinvigorito asse anti-iraniano
Middle East & North Africa

Israele-EAU-Egitto: un rinvigorito asse anti-iraniano

By Elia Preto Martini
03.23.2022

Lunedì 21 marzo 2022, il Primo Ministro israeliano Naftali Bennet ha effettuato una visita di Stato a Sharm el-Sheikh per incontrare il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il Principe ereditario di Abu Dhabi Mohammed bin Zayed al-Nahyan. Questo incontro va interpretato sia alla luce del contesto internazionale e regionale in costante mutamento, sia alla luce degli attuali negoziati in corso a Vienna per riportare in vita l’accordo sul nucleare iraniano e, conseguentemente, riammettere Teheran all’interno della comunità internazionale.

Formalmente i tre leader si sono incontrati per discutere delle implicazioni della crisi in Ucraina per il Medio Oriente e di “alcune comuni questioni di sicurezza”, anche se il motivo specifico sembra risiedere nella presunta decisione degli Stati Uniti di voler rimuovere dalla sua lista di organizzazioni terroristiche il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) – anche noti come pasdaran, l’IRGC è un organo paramilitare sorto nel 1979 a seguito della Rivoluzione iraniana guidata dall’Ayatollah Ruhollah Khomeyni. I gruppi inseriti in questa lista, infatti, sono colpiti da una serie di sanzioni economiche e giuridiche che rendono il loro operato più complesso e rischioso.

Da una prospettiva più ampia, già nei mesi scorsi questi tre Paesi aveva sollevato forti dubbi riguardo alla possibilità di una reintegrazione politica di Teheran tramite la firma di un nuovo accordo sul nucleare, il quale viene percepito come uno strumento inadeguato a prevenire lo sviluppo di un’arma atomica da parte dell’Iran e, più in generale, a contenere la sua politica estera aggressiva che fa ampio uso di milizie proxy nei principali teatri di crisi regionale. Questi fatti spiegano la dichiarazione del 7 marzo 2022 del Ministro della Difesa, Benny Gantz, secondo cui “Israele sta mobilitando i Paesi vicini per una cooperazione regionale a fronte dell’aggressione iraniana”. Infatti, se si dovesse giungere ad un accordo finale con Teheran, il rapporto tra gli Stati Uniti, da un lato, e i Paesi arabi ed Israele dall’altro lato, potrebbe subire ulteriori contraccolpi. A tal riguardo, un segnale di deterioramento si era già manifestato durante le scorse settimane quando Mohammed bin Zayed e il Principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, avevano declinato una chiamata del Presidente Joe Biden per discutere di questioni energetiche connesse all’attuale crisi ucraina. Con questa scelta i due leader arabi hanno infatti voluto lanciare un messaggio di critica alla politica estera regionale di Washington che viene percepita dai suoi alleati arabi sempre meno legata ad un concetto di cooperazione strategica realmente bilaterale e, al tempo stesso, poco coerente nelle sue finalità.

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