Il Wagner Group, la mano “invisibile” del Cremlino
Russia & Caucasus

Il Wagner Group, la mano “invisibile” del Cremlino

By Davide Emanuele Iannace
09.08.2020

Si definisce come Private Military Company (PMC) un particolare tipo di società dedite a fornire servizi militari e di sicurezza in teatri critici a committenti sia pubblici che privati. L’esperto di politica estera Sean McFate, riprendendo da Peter W. Singer una classificazione basata sulle funzioni, le inserisce nel complesso panorama delle Private Security Companies (PSC),  le quali sono specializzate nel fornire a Stati e conglomerati industriali di tutto il mondo una serie di servizi essenziali per la protezione di assetti sensibili, sia umani che materiali, rifornimenti e logistica, raccolta di intelligence e addestramento.

Le PMC vengono tendenzialmente considerate come un sottoinsieme del vasto mondo delle PSC anche da studiosi come Deborah Avant, Sarah Percy o David Isenberg e sono ormai diventate oggetto di ampia riflessione e critica a livello privato e istituzionale. A fronte di ciò, particolari accordi internazionali, come ad esempio il Documento di Montreux, adottato per la prima volta nel 2008, hanno provato a regolare un settore che per la sua natura particolare vive di ampie zone grigie.

Negli ultimi decenni le PSC e le PMC hanno conosciuto una fase di notevole espansione e di modifica dei parametri politici nel loro utilizzo. Una attenzione privilegiata è dedicata alla Russia e all’uso che ha fatto delle PMC nei teatri di recente impiego, dall’Ucraina alla Siria fino a diversi Paesi africani. Ad oggi, su tutte, i fari sono puntati sul Wagner Group.

Fondato dal tenente colonnello Dmitrii Utkin, ex membro del servizio di intelligence militare russo (GRU) e finanziato e controllato dall’oligarca Yevgenii Prigozhin, uomo vicino al circolo di potere di Putin e definito il “cuoco del Cremlino”, il Wagner Group è ampiamente presente in Donbass e Crimea, così come in Siria, Libia e nella Repubblica Centro-Africana. Composto da ex-soldati e forze speciali russe, il Wagner è presto diventato uno strumento cardinale nella politica estera del Cremlino, soprattutto nella cornice della cosiddetta guerra ibrida.

Ad esempio, nel 2015 il Wagner è stata impiegato per disciplinare le milizie cosacche e quelle filorusse nell’est dell’Ucraina. Utkin e i suoi uomini sono stati sospettati dell’eliminazione di Aleksandr Bednov e Aleksei Mozgovii, miliziani pro-russi i cui interessi avevano iniziato a divergere da quelli del Cremlino.

Lo stesso anno, il Wagner si è spostato in Siria, dove ha partecipato a operazioni rilevanti come la riconquista di Palmira, al fianco delle forse lealiste di Assad.

Infine, il Wagner è stato recentemente impiegato sul continente africano, sia in Libia, a supporto delle operazioni del Generale Haftar contro il governo di Tripoli, che in Repubblica Centro-Africana, dove agisce sia come guardia pretoriana per il Presidente Touadéra sia come gruppo di protezione per le miniere operate da società russe. Anche in Mozambico, dove la Russia è presente grazie a contratti estrattivi nel settore gasiero a Cabo Delgado, il Wagner Group è stato impegnato, a partire dal 2018, per contrastare la locale insorgenza jihadista.

La varietà geografica ed operativa di impiego è il punto cruciale per comprendere quale sia l’utilità del Wagner Group all’interno del ventaglio di strumenti a disposizione del Cremlino (o dei suoi oligarchi) per proiettare influenza nelle aree ritenute prioritarie.

Innanzitutto, l’utilizzo delle PMC permette a Mosca di non esporsi direttamente in teatri o circostanze ad alto rischio operativo e politico. Ad esempio, in Ucraina orientale la Russia continua a negare un proprio coinvolgimento diretto nel conflitto, utilizzando le milizie locali, i gruppi armati ceceni e, appunto, il Wagner, come “mano invisibile” delle sue azioni. “Invisibile” per modo di dire, poiché appare abbastanza semplice attribuire al Cremlino la responsabilità per le azioni dei suddetti attori para-militari. Tuttavia, l’assenza di Forze Armate russe in missione ufficiale consente a Mosca di utilizzare escamotage legali e propagandistici per diluire qualsiasi forma di riconducibilità giuridica diretta. Questo aspetto diventa molto importante quando il Wagner Group effettua operazioni in palese violazione del diritto internazionale o di accordi tra Stati. In sintesi, l’assenza dell’elemento della responsabilità statale per le azioni della PMC in questione assottiglia il margine a disposizione dei governi per sanzionare la Russia o perlomeno per utilizzare tutto lo spettro degli strumenti sanzionatori. Dunque, per quanto la provenienza degli effettivi, la leadership della società e le operazioni effettuate evidenzino in maniera incontrovertibile la longa manus politica del Cremlino, sotto il profilo legale tale evidenza risulta decisamente più fatua. Come se non bastasse, l’impiego delle PMC permette al Cremlino di minimizzare l’impatto mediatico delle perdite in battaglia e di risparmiare significativamente sui costi operativi e logistici della proiezione di una forza professionale in teatri ostili. Un simile risparmio, tuttavia, non è frutto di una scelta virtuosa fine a se stessa quanto, al contrario, deriva dalle necessità di contenere le spese in un momento in cui l’economia russa è in tremenda sofferenza.

Tuttavia, l’uso spregiudicato che lo Stato fa del Wagner Group non deve far pensare a questa società come un semplice braccio armato non convenzionale in mano a Mosca. Infatti, il Wagner serve anche le esigenze dello Stato russo, pur senza disdegnare commesse squisitamente private. In questo senso, la convergenza tra pubblico e privato deriva dalla natura stessa del potere in Russia, dove le oligarchie e l’alta burocrazia statale spesso si fondono o sovrappongono.

Certo è che imprenditori come Prigozhin riescono a trarre da questa situazione un notevole profitto, proprio grazie alla libertà con cui possono sfruttare una società come Wagner per difendere i propri interessi commerciali e stringere accordi con governi stranieri al fine di ottenere, ad esempio, concessioni minerarie, con il fondamentale  beneplacito di Mosca.

Le PMC russe sono quindi uno strumento politico e militare pragmatico, piuttosto che il derivato di una tendenza generale verso i processi di esternalizzazione e privatizzazione dei servizi di sicurezza osservabili, invece, nei Paesi occidentali in generale.

In ogni caso, l’utilizzo del Wagner Group comincia a mostrare i propri limiti. Innanzitutto, rappresenta una soluzione “economica” rispetto alle ambizioni di un Paese, quale la Russia, che vorrebbe tornare ad essere un pieno e maturo attore globale ma non ha le risorse per farlo. L’impiego di poche centinaia di contractors risulta utile in contesti a bassa specializzazione militare, dove la minaccia principale da fronteggiare è di tipo asimmetrico o risulta ridotta nei numeri. Più uno scenario diventa instabile e caratterizzato da conflitti ad alta intensità, più il Wagner può solo agire come attore coadiuvante altre milizie sul terreno. In secondo luogo, se l’impiego del Wagner ha offerto, ad oggi, risultati ben oltre le aspettative più rosee del Cremlino è anche merito di contesti permissivi, dove Mosca può ottenere molto investendo relativamente poco. Tale caratteristica, tuttavia, non è endemica ad ogni singolo teatro ma risente, inevitabilmente, della parallela scarsa presenza (politica e militare) di altri attori internazionali di rilievo.

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