CeSI UDPATE: stato di emergenza in Repubblica Centrafricana
Africa

CeSI UDPATE: stato di emergenza in Repubblica Centrafricana

By Michele Zucchi
01.21.2021

Il 21 gennaio scorso, le autorità nazionali hanno imposto lo stato di emergenza per le successive 2 settimane a fronte dell’avanzata della Coalizione dei Patrioti per il Cambiamento (CPC), un’alleanza di milizie che supporta il ritorno dell’ex Presidente François Bozizé (esautorato nel 2013) e  che minaccia di occupare la capitale Bangui.

Gli scontri, cominciati in concomitanza con le elezioni a dicembre, rischiano di far scivolare il Paese in una nuova spirale di instabilità aumentano la possibilità che si apra una nuova fase nella lunga guerra civile che, a fasi alterne, ha insanguinato La Repubblica Centrafricana dal 2013.

Nello specifico**, i ribelli contestano il risultato delle elezioni presidenziali** e la vittoria del Presidente uscente, Faustin-Archange Touadéra, a  causa della bassa affluenza alle urne (dovuta alle difficoltà logistiche) e delle violenze avvenute nei giorni delle elezioni.

Ad oggi, il CPC controlla quasi la metà del territorio nazionale ed usufruisce del supporto popolare di tutte quelle realtà fedeli a Bozizè, tra cui le milizie cristiane “anti-balaka” del sud e i gruppi armati afferenti all’etnia Gbaya.

L’avanzata dei ribelli ha mostrato i limiti operativi sia di MINUSCA (United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic), incapace di porre un argine alle violenze, sia delle unità di contractor russi del Wagner Group, presenti nel Paese per proteggere i siti sensibili, le infrastrutture strategiche e supportare l’addestramento delle Forze Armate locali.

Nelle prossime settimane appare concreto il rischio che, in assenza di altri provvedimenti di ordine militare o securitario o progressi nei negoziati tra governo ed insorti, questi ultimi possano attaccare la capitale e provare a destituire Touadera. Se questo accadesse, 8 anni di transizione e tentativi di riconciliazione nazionale andrebbero perduti, facendo precipitare la Repubblica Centrafricana nuovamente in un pericolosa crisi politica e sociale.

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