Alleanze a geometria variabile: il patto Egitto-Cirenaica tra la crisi sudanese e la longa manus turca
Nel complesso scenario regionale nordafricano, l’asse tra la Libia orientale (Cirenaica) e l’Egitto continua a rappresentare un fattore di primaria rilevanza per gli equilibri dell’area. Il riemergere periodico di tensioni intra-libiche, aggravate da conflitti limitrofi come la guerra civile in Sudan, ha reso la stabilità della Cirenaica (e dell’intera Libia) un elemento estremamente rilevante per la sicurezza nazionale egiziana. A complicare la posizione del Cairo contribuisce la crescente competizione con attori esterni, in particolare l’avvicinamento tra Turchia e Libia orientale, rendendo necessario un bilanciamento tra il sostegno a Khalifa Haftar e la gestione delle tensioni sul confine sudanese, dove i due alleati (Egitto e clan Haftar) sostengono schieramenti opposti.
Il 30 giugno 2025 il Presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ricevuto ad Al-Alamein il Comandante in capo dell’Esercito Nazionale Libico (LNA), Khalifa Haftar, in un incontro che ha riaffermato la centralità dell’Egitto quale attore imprescindibile per la sicurezza e la stabilità della Libia orientale, fattori ritenuti essenziali per la salvaguardia stessa della sicurezza egiziana. Alla riunione hanno preso parte anche due dei figli di Haftar: Khaled Haftar, Capo di Stato Maggiore delle unità di sicurezza, e Saddam Haftar, Capo di Stato Maggiore delle forze terrestri. Nel corso del colloquio, al-Sisi ha confermato l’impegno massimo del suo Paese in coordinamento con l’LNA nel favorire l’unità e la sovranità delle istituzioni libiche. Tra i principali dossier affrontati figura la gestione e il contenimento delle minacce regionali, con riferimento implicito alla situazione nell’area denominata “triangolo di Al-Awainat” (noto anche come Triangolo di Hala’ib), ovvero il confine sudanese condiviso tra Libia ed Egitto. Il Sudan, infatti, a partire dal 2023 è precipitato in un conflitto civile, che vede contrapposti l’esercito regolare guidato dal Gen. Abdel Fattah al-Burhan e le Forze di Supporto Rapido (RSF) del Gen. Mohamed Hamdan Dagalo, in una lotta per il controllo dello Stato e delle sue risorse strategiche. Recentemente, le RSF, sostenute dal libico Haftar, hanno assunto il controllo del versante sudanese del confine libico, generando preoccupazioni nell’esercito regolare di al-Burhan, a sua volta sostenuto dall’Egitto. Nelle prime settimane di luglio, la postura egiziana si è ulterioremente consolidata a favore della stabilizzazione della Libia, considerata una delle priorità della politica estera e regionale del Cairo. Inoltre, il 5 luglio il Presidente egiziano ha incontrato il Presidente della Camera dei Rappresentanti libica, Aguila Saleh, reiterando il proprio sostegno all’unità della Libia e delle sue istituzioni. In tale occasione, al-Sisi ha dichiarato l’intenzione di proseguire la collaborazione con le fazioni libiche e gli attori internazionali coinvolti, sottolinenando la necessità di avanzare verso nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Anche sul piano economico si conferma l’impegno egiziano: il 19 luglio il presidente della Federazione delle Camere di Commercio egiziane ha annunciato l’investimento di 5 miliardi di dollari in progetti per la ricostruzione libica.
Nonostante la conferma di un solido coordinamento strategico tra l’Egitto e la Cirenaica, che attesta la continuità dell’allineamento tra Il Cairo e l’est della Libia, alcuni elementi generano preoccupazioni nella leadership egiziana. Tra questi rientra l’ipotesi di una graduale apertura turca verso la Libia occidentale sotto il controllo di Haftar, nonché la stessa divergenza delle posizioni assunte dai due Paesi in merito al conflitto in Sudan, quest’ultimo particolarmente delicato, vista la frontiera condivisa che interessa tanto l’Egitto quanto la Libia orientale.
Dalla caduta di Gheddafi e dalla successiva suddivisione de facto della Libia, la Turchia è stata percepita dal Cairo come un attore ostile per via del sostegno garantito da Ankara al Governo di Unità Nazionale di Tripoli, nemico di Haftar, che invece ha goduto dell’appoggio egiziano. Tuttavia, a partire dall’ottobre 2024 si è registrato un significativo cambio di paradigma nei rapporti tra la Cirenaica e Ankara, evidenziato da una serie di incontri tra le rispettive leadership. L’ultimo si è tenuto il 23 luglio 2025, quando Saddam Haftar è stato accolto ad Ankara dal Ministro della Difesa turco a margine dell’International Defence Industry Fair 2025. Nel corso di tale occasione, come nel precedente di aprile 2025, è stata definita un’intesa preliminare relativa a una serie di accordi in ambito militare e strategico, comprendenti l’acquisto di sistemi d’arma e droni di produzione turca, attività di addestramento per l’impiego di tali tecnologie, lo sviluppo di infrastrutture militari, nonché programmi di formazione congiunta e l’avvio di esercitazioni navali lungo le coste orientali libiche. L’intesa sul piano politico è stata preceduta da accordi economici. In particolare, si segnala l’accordo siglato nel 2024 dal conglomerato siderurgico turco Tosyalı con la Libya United Steel Company for the Iron and Steel Industry (SULB), finalizzato alla realizzazione di un impianto di produzione di acciaio nella città di Bengasi. A luglio 2025, inoltre, il Fondo di Sviluppo e Ricostruzione libico, gestito dalla famiglia Haftar, ha firmato un contratto con una compagnia di costruzione turca per l’ammodernamento infrastrutturale dell’università di Bengasi, accompagnato da ulteriori intese per l’installazione e l’aggiornamento dei sistemi di navigazione e comunicazione aeroportuale. Inoltre, vi sono indicazioni circa un interesse turco per le risorse energetiche presenti nell’area orientale, con la prospettiva di avviare esplorazioni sia nei territori sia nelle acque sottoposte all’autorità delle istituzioni libiche orientali. Questo progressivo avvicinamento tra la Cirenaica e la Turchia suscita forte apprensione presso le autorità egiziane, che temono un’espansione dell’influenza turca in una regione strategica per la propria sicurezza. Ankara, dal canto suo, appare intenzionata a operare su più scenari simultaneamente, perseguendo presumibilmente l’obiettivo di lungo termine di consolidare un ruolo preminente nel futuro assetto della Libia e nel potenziale processo di unificazione del Paese.
Un ulteriore elemento di apprensione per la leadership egiziana riguarda la gestione del confine sudanese condiviso con la Libia, in un contesto reso ancor più critico dalle posizioni contrapposte assunte dai due Paesi nella guerra civile in corso dal 2023. In particolare, la Libia orientale appare sempre più coinvolta nelle dinamiche del conflitto: l’11 giugno, alcune componenti dell’LNA sotto la guida di Haftar sono state accusate di aver preso parte a un’offensiva congiunta insieme alle RSF di Dagalo, che si è conclusa con la conquista di un’area strategica nel triangolo di Al-Awainat. Successivamente, il 25 giugno, contingenti delle RSF avrebbero tenuto un incontro in territorio libico sotto il controllo di Haftar, durante il quale lo stesso Dagalo avrebbe confermato di aver consolidato la propria presenza nell’area di confine tra Egitto, Libia e Sudan. Ulteriori fonti militari, in data 27 giugno, hanno riferito che le RSF avrebbero ricevuto un carico di armamenti transitato dal confine libico, fornito da gruppi locali non identificati. La spedizione avrebbe incluso sistemi antiaerei, dispositivi per la guerra elettronica e missili per l’intercettazione di droni.
In tale scenario, gli Emirati Arabi Uniti avrebbero impiegato la Cirenaica come snodo logistico per rifornire le RSF attraverso la frontiera sudanese, ostacolati dall’impossibilità di utilizzare vie marittime, dal momento che la città di Port Sudan rimane saldamente sotto il controllo dell’esercito regolare di Khartoum. Preoccupato per l’espansione del conflitto sudanese, al-Sisi ha ospitato il 3 luglio un incontro diretto tra al-Burhan e Haftar, proponendosi come mediatore tra le due parti. Il timore principale del Cairo è che il conflitto sudanese si riverberi in maniera rilevante sull’Egitto, data la volatilità della situazione attuale nel triangolo di confine. Peraltro, l’incontro non si sarebbe concluso come sperato dal Presidente egiziano; in particolare, pare che al-Burhan abbia accusato Haftar di contrabbandare armi all’RSF e di collaborare con gli Emirati a sostegno di Dagalo. In aggiunta, l’Egitto attribuisce a Saddam Haftar la responsabilità del raid recentemente avvenuto nel triangolo di Al-Awainat. Mentre Il Cairo mantiene rapporti con Sadeeq Haftar, è noto che Khaled e Saddam intrattengano legami con le RSF sudanesi. A questo primo tentativo di mediazione è seguito un secondo incontro il 9 luglio per trattare nello specifico la questione dell’area di confine, considerata da tutti gli attori un territorio ad alta sensibilità geopolitica per via dei flussi migratori, dei traffici e delle rotte strategiche di collegamento tra il Mediterraneo e il Sahel. Appare evidente come l’Egitto stia cercando di evitare un’escalation che potrebbe avere ripercussioni dirette sulla propria sicurezza interna e sulle direttrici economiche di cooperazione regionale.
In definitiva, l’Egitto intende preservare l’allineamento strategico con la Libia orientale di Haftar, percepita come un argine fondamentale contro due minacce convergenti: da un lato, l’espansione del conflitto sudanese, che con l’avanzata delle RSF nel triangolo di confine rischia di compromettere la sicurezza interna egiziana; dall’altro, l’influenza crescente della Turchia nel Mediterraneo orientale. Il sostegno del Cairo alla stabilità della Cirenaica si inserisce in una più ampia strategia volta all’unificazione della Libia e alla promozione di processi di ricostruzione e sviluppo, considerati pilastri indispensabili per la propria sicurezza nazionale. Tuttavia il libico Haftar, pur desideroso di mantenere il sostegno egiziano in quanto principale sponsor regionale, ha recentemente mostrato di adottare un approccio sempre più pragmatico e multilaterale, come dimostra il crescente avvicinamento alla Turchia. Tale dinamica di multi-allineamento introduce nuovi margini di incertezza per il Cairo, costretto a ricalibrare la propria postura per non perdere rilevanza nello scenario nordafricano e nel futuro assetto libico.