L’uso delle criptovalute nelle attività internazionali della ‘ndrangheta
Geoeconomics

L’uso delle criptovalute nelle attività internazionali della ‘ndrangheta

By Elena Balia
07.08.2020

Il sistema delle criptovalute appare tuttora oscuro e di difficile regolamentazione strutturale e legislativa sia per il settore privato che per le istituzioni. Tuttavia, esso non è sconosciuto alla piccola criminalità e alle organizzazioni mafiose.

Infatti, secondo quanto denunciato nella relazione dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, già nel 2017 erano state registrate oltre 200 attività sospette riferite all’utilizzo di criptovalute. La relazione spiegava che spesso queste operazioni nascondevano connessioni con estorsioni online, truffe e schemi Ponzi (o piramidali) tali da innescare complesse attività investigative che hanno anche rilevato collegamenti con la criminalità organizzata.

Per comprendere meglio le dinamiche dell’utilizzo per fini illeciti delle criptovalute, occorre fare brevi cenni sul loro funzionamento e le loro caratteristiche.

Le criptovalute sono rappresentazioni digitali di valore che non costituiscono moneta legale in quanto non emesse da banche centrali o da autorità statali. Sono il risultato di quella corrente di pensiero caratterizzata dalla promozione di una concezione di finanza priva di intermediari e del controllo statale e finalizzata alla creazione di un’economia e di un mercato totalmente libero e decentralizzato, poiché regolamentato esclusivamente dai singoli utenti che prendono parte al sistema.

Esse si sviluppano attraverso la tecnologia Blockchain, in cui il passaggio di informazioni si dirama attraverso una rete di blocchi, i quali possono contenere qualsiasi tipologia di dato come, ad esempio, un contratto di vendita o una transazione economica.

Ogni modifica delle informazioni contenute nei blocchi avviene per mano degli utenti e, per essere convalidata, deve ricevere l’approvazione degli stessi. Tuttavia, tali azioni non modificano il blocco, bensì ne creano nuove copie, lasciando invariate le precedenti. Le due versioni, immutabilmente collegate tra loro da un codice chiamato hash, creano un processo che si ripete per ogni modifica effettuata, fornendo una cronistoria invariabile. L’intero procedimento è completamente pubblico ma garantisce il cosiddetto “pseudonimato” di ogni singolo utente, poiché quest’ultimi è riconoscibile solo attraverso un codice alfanumerico che funge da pseudonimo, complicando le attività volte a risalire alla sua reale identità.

Pertanto, tali caratteristiche, in caso di indagini, pur consentendo all’autorità giudiziaria di avere accesso ad uno storico finanziario completo, pubblico ed incontrovertibile, rendono difficoltosa l’identificazione dei soggetti coinvolti, in quanto le loro identità rimangono celate dietro gli pseudonimi alfanumerici collegati ai loro portafogli elettronici.

Tale contesto crea le basi per la proliferazione di un ecosistema favorevole per le organizzazioni criminali, le quali possono trarre vantaggio dalle cosiddette “aree grigie” della legislazione, incrementando i casi di operazioni de facto criminali ma di difficile inquadramento giuridico anche a livello internazionale e complesse da contrastare in termini operativi.

Queste premesse rendono le criptovalute uno strumento importante dei sentieri evolutivi nel campo del riciclaggio di denaro e dei finanziamenti illeciti. Esse costituiscono un servizio di pagamento innovativo e complesso, che rende ancor più intricata l’attività di prevenzione e di contrasto.

Inoltre, occorre tenere presente che la complessità nel monitorare, tracciare e perseguire i reati collegati all’uso di queste tecnologie deriva dalla loro natura completamente digitale.

Quindi, come citato precedentemente, nel panorama dell’utilizzo per fini illeciti delle criptovalute, oltre alla ben nota proliferazione di attori indipendenti e decentralizzati, in questi ultimi anni sono stati riscontrati casi riguardanti grandi organizzazioni criminali e tra queste anche la ‘Ndrangheta.

In quest’ambito, la peculiarità criminale della ‘Ndrangheta di riciclare e mascherare i propri proventi illeciti infiltrandosi e sfruttando business apparentemente legittimi ha consentito l’evoluzione di un ecosistema di riciclaggio talmente sofisticato da aver introdotto anche degli esperimenti con le criptovalute, confermando le elevate competenze in ambito finanziario e tecnologico dei suoi affiliati.

La ‘Ndrangheta, infatti, si colloca come nodo centrale della potenziale rete dello sfruttamento degli strumenti forniti dal FinTech acquisendo, anche in questo settore, il ruolo di pioniere tra le organizzazioni criminali internazionali.

Inoltre, occorre considerare la poliedricità degli attori coinvolti in affari illeciti con la ‘Ndrangheta che, formando una rete di finanziamenti eterogenea, ne facilitano l’attività di aggiornamento delle metodologie di riciclaggio di denaro a livello globale, portando ad un ulteriore oscuramento della quantificazione complessiva delle attività criminali che li coinvolgono.

E’ proprio all’interno della fitta rete di relazioni internazionali della ‘Ndrangheta che le sue ‘ndrine hanno assunto posizioni di rilevo nella gestione degli affari criminali e si propongono, con sempre maggiore autorevolezza quali interlocutori delle organizzazioni dedite al crimine transnazionale.

Infatti, al fine di comprendere le dinamiche che interessano l’utilizzo illecito delle criptovalute da parte della ‘Ndrangheta, non si può prescindere da una disamina delle sue collaborazioni e connessioni con il crimine internazionale.

In Costa Rica, Repubblica Dominicana, Brasile e Venezuela le ‘ndrine hanno stabilito basi logistiche e strutture operative che consentono un rapido e continuo approvvigionamento di cocaina, la predisposizione di trasporti sicuri e la gestione diretta degli affari, garantendo la costanza dei pagamenti in favore dei cartelli narcos colombiani e messicani. Negli Stati Uniti e in Canada hanno instaurato rapporti imprenditoriali e commerciali in grado di gestire importanti flussi di sostanza stupefacente proveniente dal Centro e Sud America. Inoltre, intere aree di Olanda, Belgio e Germania si sono progressivamente caratterizzate per la presenza stabile di “locali” di ‘ndrangheta, direttamente collegati alle strutture originarie presenti e operative in Calabria.  In aggiunta, l’organizzazione ha rafforzato l’infiltrazione nella rete logistica dei trasporti e nel commercio di merci legale, per ottenere un valido supporto alla conduzione dei traffici internazionali di stupefacenti transitanti per i più importanti scali portuali europei.

E’ proprio nel solco di queste relazioni che si fanno sempre maggiore spazio strumenti sofisticati che consentono di far perdere le tracce del denaro.

La diffusione di competenze tecniche tra le diverse realtà criminali che collaborano con la ‘Ndrangheta viene agevolata dalla diffusione e dalla crescente facilità di utilizzo dei moderni prodotti e servizi informatici. Un caso topico, che risale ad aprile 2019, individuato dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, riguarda i clan ‘ndranghetisti della Locride, i quali avevano pianificato il pagamento di alcune partite di cocaina acquistate in Brasile usando i bitcoin, denotando la crescente diffusione di queste moderne metodologie di pagamento per trasferire ingenti somme di denaro in completo anonimato.

Tuttavia, la dimestichezza dell’organizzazione mafiosa in questo settore è tale da aver già superato l’utilizzo dei Bitcoin, sperimentando la criptovaluta Monero. Monero è un sistema di pagamento virtuale basato sulla blockchain, inaugurato nell’aprile del 2014 che fornisce informazioni pubbliche minime sulla transazione a tal punto da permettere scambi di valuta on line totalmente anonimi e non tracciabili.

Queste caratteristiche rendono Monero uno strumento altamente inflazionato nel settore degli acquisti illegali nella dark net.

Monero è stato anche spesso collegato all’utilizzo di tumbler per finalità illecite. Questo aggiuntivo metodo di oscuramento delle transazioni consente di non far ricondurre una specifica operazione ad un unico utente, disperdendo il trasferimento di fondi attraverso una miriade di donazioni in criptovalute collegate ad una molteplicità di account creati ad hoc per questa finalità.

Considerando la situazione attuale, i casi finora documentati riguardanti l’utilizzo delle criptovalute da parte delle organizzazioni criminali, evidenziano le falle del sistema giuridico ma, al contempo, forniscono spunti operativi focalizzati sulla prevenzione e contrasto dello sfruttamento illegale delle criptovalute da parte della ‘Ndrangheta.

Trattandosi di operazioni transnazionali è di fondamentale importanza incentivare maggiori collaborazioni tra stati per lo scambio di informazioni sulle transazioni fraudolente. In tale ottica, invece, a livello nazionale, occorre sviluppare protocolli investigativi unificati tra gli organi che vigilano sulle operazioni finanziarie sospette, incrementando, ad esempio, il livello e gli ambiti di collaborazione tra le forze di Polizia, la Consob e la Banca d’Italia.

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