Il futuro dell’Australia dopo le elezioni federali del 3 maggio
Il 3 maggio, gli australiani si sono recati alle urne per eleggere il 48° Parlamento federale. La tornata elettorale si è tenuta a seguito della decisione del Primo Ministro, Anthony Albanese, di indire elezioni anticipate lo scorso 28 marzo. Tale mossa è stata seguita dalla presentazione della Legge di Bilancio da parte del Governo, che ha incluso misure destinate ad agevolare famiglie, imprese e lavoratori (tra cui il taglio alle imposte per 17 miliardi di dollari australiani a beneficio del ceto medio), e si rivelata poi utile a rafforzare i consensi e favorire proprio la rielezione di Albanese.
I due maggiori partiti in corsa erano la Coalizione Liberal-Nazionale guidata da Peter Dutton e il Partito Laburista di Albanese. Quest’ultimo ha ottenuto la vittoria con 85 seggi, che gli permettono di formare un governo di maggioranza assoluta nonostante si ritenesse questa una possibilità remota, data la crescita del consenso di partiti di minoranza come i Verdi. Egli ha beneficiato anche del sostegno di una consistente fascia di elettori giovani, particolarmente sensibili a temi come la sostenibilità ambientale, le politiche climatiche e il supporto al diritto allo studio. Durante la campagna elettorale, infatti, il Primo Ministro ha posto enfasi sui risultati ottenuti durante il suo primo mandato per puntare sulla continuità, proponendo di perseguire delle riforme volte alla risoluzione dei problemi che maggiormente colpiscono i cittadini australiani, ossia la crisi abitativa e l’aumento del costo della vita, la transizione energetica e le criticità del sistema sanitario. Per questo motivo, tra le proposte principali che il Partito Laburista ha presentato, spiccano, dal punto di vista dei costi, un investimento di 8.5 miliardi di dollari australiani per migliorare il sistema Medicare rendendo gratuite circa il 90% delle visite mediche entro il 2030, la cancellazione del 20% del debito studentesco universitario e la costruzione di 1.2 milioni di nuove abitazioni, di cui 100.000 riservate ai primi acquirenti, con il divieto biennale all’acquisto da parte di stranieri. Sul fronte ambientale, l’obiettivo rimane la neutralità carbonica entro il 2050, mirando a un’espansione delle energie rinnovabili.
Infine, per quanto riguarda la politica estera, Albanese ha intenzione di mantenere il legame con gli Stati Uniti, ma allo stesso tempo vuole ridurre le tensioni con la Cina, stimolando il dialogo come negli ultimi due anni, in cui ottenne la rimozione delle sanzioni cinesi sul vino e sull’orzo australiani. In questo senso, il suo approccio appare orientato a un equilibrio di interessi: da un lato mira a preservare gli importanti legami economici con Pechino, essendo quest’ultima il primo partner commerciale dell’Australia, dall’altro intende consolidare la cooperazione con Washington, in particolare attraverso l’accordo AUKUS (patto di sicurezza trilaterale tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti) e il Quadrilateral Security Dialogue (QUAD). Questi strumenti incrementano la difesa dell’Australia e servono a contrastare eventuali pressioni nel Mar Cinese Meridionale. In questo quadro, il governo laburista ha già predisposto l’investimento di 50.3 miliardi di dollari nelle Forze di Difesa Australiane (ADF) e ha intenzione di anticipare, per il biennio 2025-2026, circa 1 miliardo di dollari per migliorarne ulteriormente le capacità, permettendo una mobilità difensiva più rapida. Le elezioni hanno dunque anticipato che Albanese condurrà l’Australia verso una via progressista riguardo a questioni di politica interna, mentre si concentrerà a far valere i propri interessi in politica estera, mantenendo una posizione cauta ma decisa nei confronti di Cina e Stati Uniti per ampliare al contempo l’influenza di Canberra nell’Indo-Pacifico.