Anutin Charnvirakul alla guida della Thailandia
Il 5 settembre, Anutin Charnvirakul, leader del partito conservatore-monarchico Bhumjaithai, è stato nominato 32° Primo Ministro della Thailandia con 311 voti parlamentari su 490, superando la soglia necessaria di 247. Il candidato del Pheu Thai, il partito fino ad allora al Governo, Chaikasem Nitisiri, ha ottenuto 152 preferenze, mentre 27 parlamentari si sono astenuti. La nomina di Charnvirakul è avvenuta a seguito della condanna da parte della Corte Costituzionale della precedente Prima Ministra, Paetongtarn Shinawatra, giudicata colpevole di violazioni etiche, dopo una telefonata con il leader cambogiano Hun Sen, resa pubblica durante le tensioni con Phnom Pehm. La Thailandia si trova così ad affrontare l’ennesimo cambio di leadership, dopo che un Governo ad interim del Pheu Thai aveva tenuto le redini del Paese, in attesa del verdetto sul caso Shinawatra e durante il conflitto di luglio con la Cambogia.
Decisivo durante la votazione per la nomina del Primo Ministro è stato il Partito del Popolo (PP), che detiene quasi un terzo dei seggi nella Camera dei Rappresentanti. Il Bhumjaithai, terza forza politica del Paese con 69 seggi, ha ricevuto l’appoggio del PP a fronte di due condizioni: lo scioglimento della Camera entro quattro mesi e l’avvio di una revisione costituzionale. Tuttavia, nonostante il sostegno alla nomina di Charnvirakul, il Partito del Popolo ha deciso di rimanere all’opposizione.
In tale quadro, l’attuale assetto parlamentare e le recenti votazioni riflettono uno scenario politico altamente frammentato. Il nuovo esecutivo rimane infatti un Governo di minoranza, con soli 149 seggi su 500. Sul fronte opposto, il Pheu Thai guida l’opposizione che raccoglie 201 seggi, sebbene non vi sia un’apparente coesione interna. Il Partito Democratico, appartenente alla precedente coalizione, si è quasi completamente astenuto in sede di votazione, mentre alcuni membri dello stesso Pheu Thai si sono uniti al Bhumjaithai. In tale contesto, il PP rappresenta quindi un attore cruciale per l’esecutivo Charnvirakul e l’eventuale approvazione di nuove riforme e provvedimenti.
Sul piano interno, a complicare ulteriormente il già fragile quadro politico, vi sono diverse controversie che interessano il Bhumjaithai, tra cui accuse di collusione e la disputa sulla revoca dei terreni a Khao Kradong, che coinvolge l’impresa statale delle ferrovie thailandesi ed entità private, tra cui la famiglia Chidchob, legatissima al Bumjaithai. A ciò si aggiunge un clima di sfiducia e disillusione nei confronti della classe politica. A tal proposito, alcuni sondaggi tenutisi prima della nomina di Charnvirakul registravano una netta preferenza per il generale Prayut Chan-o-cha, al potere dal colpo di Stato del 2014 fino al 2023, presumibilmente percepito come una figura garante di stabilità e continuità.
Sul piano internazionale, invece, Bangkok deve gestire la fragile tregua con la vicina Cambogia, raggiunta dopo gli scontri di luglio, e i recenti dazi statunitensi, che gravano particolarmente sull’economia thailandese, in quanto fortemente dipendente dalle esportazioni. In conclusione, in vista delle probabili elezioni parlamentari del 2026, lo scenario politico thailandese appare profondamente diviso. Difficilmente si assisterà alla formazione di una forza politica coesa, a meno che il Bhumjaithai non riesca a implementare riforme economiche incisive, assicurarsi la maggioranza alla Camera e trovare un equilibrio tra le richieste del PP e la forte influenza dell’apparato militare.