L’attacco di Hamas a Israele: come si posizionano gli attori dell’Indo-Pacifico
Asia & Pacific

L’attacco di Hamas a Israele: come si posizionano gli attori dell’Indo-Pacifico

By Tiziano Marino
10.11.2023

A seguito dell’attacco lanciato sabato 7 ottobre dai miliziani di Hamas contro Israele, le diplomazie di tutto il mondo hanno espresso la posizione dei rispettivi Stati sull’accaduto e, più in generale, sull’ampio conflitto israelo-palestinese.

Nella regione dell’Asia-Pacifico uno dei primi attori a intervenire a supporto di Israele è stata l’India di Narendra Modi , il quale ha duramente condannato gli attacchi e dimostrato vicinanza al Paese guidato da Benjamin Netanyahu. I due leader, inoltre, hanno avuto un contatto telefonico il 10 ottobre nel quale il Primo Ministro indiano ha confermato il pieno supporto all’omologo israeliano . Tale attivismo non sorprende se si guarda alla traiettoria recente delle relazioni bilaterali indo-israeliane.

Dalla metà degli anni ’90, infatti, i due Paesi hanno iniziato un lento e progressivo processo di avvicinamento che oggi consente di definire l’asse Tel Aviv-Nuova Delhi come estremamente solido. Le relazioni, in particolare, sono entrate in una fase nuova quando, nel luglio 2017, Modi è stato il primo Premier indiano a recarsi in visita in Israele . La visita, a suo modo storica, non prevedeva peraltro alcuna sosta nei territori palestinesi. In quell’occasione, India e Israele hanno elevato le relazioni a partenariato strategico e ciò ha facilitato lo sviluppo dei legami economico-commerciali . L’interscambio complessivo tra i due Paesi è cresciuto nel tempo fino a raggiungere i circa 10 miliardi di dollari nel 2022, con Israele che si è imposto come uno dei principali fornitori della Difesa indiana, trasferendo, tra le altre cose, sistemi antimissile, radar ad alta tecnologia e apparecchiature per la visione notturna. Tappe recenti e centrali di questo percorso di rafforzamento dei rapporti bilaterali sono rappresentate dalla formalizzazione nel 2021 del cosiddetto I2U2 , gruppo di cooperazione comprendente India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti, e dall’allargamento della presenza indiana in Israele con l’acquisto del porto di Haifa concluso nei primi mesi del 2023 da parte di Adani Group. Successivamente, nel maggio 2023, India e Israele hanno firmato un Memorandum per la cooperazione in materia di ricerca industriale e sviluppo , con particolare attenzione a diverse aree tecnologiche chiave, come il settore aerospaziale. Infine, il governo Modi ha avuto un ruolo decisivo nell’approvazione, nel corso del G20 di Nuova Delhi, del Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), che prevede un primo collegamento tra il porto indiano di Mumbai e quello emiratino di Jebel Ali, per poi proseguire attraverso l’Arabia Saudita fino al porto israeliano di Haifa. Il conflitto in corso in Israele e a Gaza, tuttavia, rischia di frenare il riavvicinamento tra Tel Aviv e Riyad e, di conseguenza, di archiviare parte dei piani relativi proprio all’IMEC.

Altro attore di cui si attendeva la reazione è la Repubblica Popolare Cinese la quale, dopo aver evitato di dare spazio eccessivo a quanto accaduto in Medioriente sui media nazionali, ha emesso un comunicato ufficiale per esprimere preoccupazione . La portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Mao Ning, ha anche affermato che la responsabilità dell’escalation è da ricercare nello stallo dei colloqui di pace e che senza soluzioni politiche, vedi l’attuazione della soluzione dei due Stati, difficilmente il conflitto potrà risolversi. Pechino, dopo aver mediato il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita nel marzo 2023, si era recentemente guadagnata spazio sui media internazionali per l’apparente volontà di favorire un dialogo tra israeliani e palestinesi che appare oggi come una prospettiva sempre più remota. La Cina, infatti, gode di buone relazioni con Israele al punto da aver inserito il Paese, nel 2017, all’interno degli ambiziosi progetti legati alla Belt and Road Initiative. D’altro canto, in occasione di un viaggio in Cina del Presidente Mahmoud Abbas, avvenuto nel giugno 2023, le autorità cinesi hanno promosso la firma di un partenariato strategico con l’Autorità Nazionale Palestinese basato su energia solare, sviluppo dell’industria palestinese e costruzione di infrastrutture. Al momento, quindi, la Cina resta in equilibrio e in sostanziale in attesa di comprendere l’evoluzione degli eventi nella regione, mentre invita le parti alla de-escalation. Allo stesso tempo, Pechino proverà a sfruttare eventuali errori commessi dagli alleati atlantici di Israele, Stati Uniti in testa, altamente probabili data la complessità del quadro politico che si è venuto a creare. Esempio emblematico di tale atteggiamento è il riferimento apparso sui media cinesi all’apparente fallimento dei tentativi di normalizzazione delle relazioni regionali tra Stati arabi e Israele sponsorizzati proprio da Washington.

Al di là di India e Cina, anche altri attori dell’Asia-Pacifico hanno espresso le loro posizioni con forza in queste ultime ore. In particolare, in Pakistan il leader della Pakistan Muslim League (N) e Primo Ministro fino allo scorso agosto, Shehbaz Sharif, ha affermato di ritenere i recenti accadimenti conseguenza diretta dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi. Sulla medesima linea anche i comunicati dell’ex Primo Ministro, poi sfiduciato nell’aprile 2022, Imran Khan che ha ribadito il pieno sostegno alla causa palestinese in questa fase complessa. Tra i più attivi, in questa fase, spicca l’emiro Sirajul Haq, espressione del partito Jamaat-e-Islami (Pakistan), il quale ha invitato tutti i Paesi musulmani a sostenere l’azione di Hamas .

Mobilitazioni a sostegno dei palestinesi si sono svolte anche a Dacca, in Bangladesh , dove il Ministero degli Affari Esteri ha parlato di stato di occupazione che non permette una soluzione del conflitto.

Supporto all’azione palestinese è arrivata anche dall’Emirato Islamico d’ Afghanistan a guida talebana, che ha definito legittima ogni azione di resistenza per la libertà della terra e dei luoghi santi .

Inviti alla mobilitazione sono giunti anche dal Partito Islamico Pan-malese , uscito fortemente rafforzato dalla tornata elettorale del 2022, mentre Jakarta ha chiesto una cessazione immediata delle ostilità dopo che un ospedale indonesiano è stato colpito a Gaza dai bombardamenti degli F-16 israeliani.

Dura condanna degli attacchi di Hamas è arrivata, invece, dal Governo della Repubblica Federale Democratica del Nepal che ha denunciato l’uccisione di ben 10 cittadini nel corso dell’azione effettuata contro Israele . Sulla stessa linea anche il governo di Singapore che ha condannato con fermezza la morte di civili uccisi dai gruppi palestinesi . Cauto è apparso il governo vietnamita , mentre una dura condanna dell’azione di Hamas e nessun riferimento all’occupazione è apparsa nel comunicato ufficiale del Giappone che conferma così l’allineamento sul tema alla gran parte degli attori del blocco euro-atlantico .

In questo contesto, è possibile notare come nell’ampia area dell’Asia-Pacifico la questione palestinese abbia ancora la capacità di mobilitare le masse nei principali Paesi a maggioranza musulmana , anche in teatri che presentano una rilevante presenza terroristica come Pakistan occidentale e Afghanistan orientale. L’assenza dell’India dal blocco degli Stati allineati con i palestinesi, invece, indica un’assenza di allineamento tra Nuova Delhi e buona parte degli attori del cosiddetto Sud globale e ciò potrebbe complicare parzialmente i piani indiani rispetto alla capacità di porsi alla guida di questo ampio ed eterogeneo fronte.

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