L'incontro di Vienna ed il tentativo di recuperare l'accordo sul nucleare iraniano
Asia e Pacifico

L'incontro di Vienna ed il tentativo di recuperare l'accordo sul nucleare iraniano

Di Leonardo Palma
08.04.2021

Martedì i negoziatori di Iran e del così detto gruppo dei 5+1 (Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania e Stati Uniti) si sono incontrati a Vienna per trovare una soluzione per riavviare il Joint Comprehensive Plan of Action. Benchè non ci siano stati contatti diretti tra la delegazione iraniana e i negoziatori statunitensi, l’incontro è stato una prima occasione ufficiale di confronto funzionale a raggiungere un compromesso per portare l’accordo fuori da quella situazione di impasse venutasi a creare con la denuncia da parte di Washington dell’intesa nel 2018. Fino ad oggi, infatti, Stati Uniti e Iran si sono arroccati su posizioni apparentemente non conciliabili: gli Stati Uniti chiedono l’immediata interruzione del processo di arricchimento dell’uranio, un’istanza che Teheran vincola alla revoca contestuale, non progressiva, di tutte le sanzioni americane. Per cercare un’alternativa al braccio di ferro, i negoziatori presenti a Vienna avrebbero acconsentito a creare due gruppi di lavoro, incaricati di stilare una lista di do ut des, che identificherebbe degli abbinamenti tra specifiche sanzioni che Washington si impegnerebbe a sollevare e specifici obblighi che l’Iran si impegnerebbe ad attuare in tema di riduzione del proprio programma nucleare.

I punti toccati a Vienna rappresentano dei primi passi in avanti, seppur ancora preliminari, e lasciano trasparire un rinnovato interesse da parte di tutte le parti in causa nel recuperare il negoziato. Nonostante ciò, diversi sono ancora i nodi da sciogliere, che sono destinati ad avere un impatto sulle tempistiche del dialogo. In primis, l’interesse dell’Amministrazione Biden di includere o meno nell’accordo questioni di sicurezza non strettamente connesse al programma di arricchimento dell’uranio, come il programma balistico o il supporto iraniano ai proxy nella regione. La Casa Bianca vorrebbe evitare di spendere capitale politico per rivitalizzare un accordo ristretto che lascerebbe nuovamente aperti una serie di dossier, soprattutto in un momento in cui gli equilibri in Medio Oriente sono profondamente cambiati rispetto al 2015. Tuttavia, le autorità iraniane si sono sempre dette contrariare ad estendere il negoziato a problemi che esulano dal programma nucleare.

Inoltre, tanto Washington quanto Teheran si trovano a dover rispondere alle rispettive opinioni pubbliche e ad inserire la trattativa in un più ampio contesto politico. L’Amministrazione Biden deve tener conto delle posizioni contrarie in seno al Congresso, che vede non solo i repubblicani ma anche un’ala dei conservatori appoggiare la linea ferma nella trattativa. Allo stesso modo, in Iran il governo di Hassan Rouhani ha progressivamente perso terreno nei rapporti di forza interni a favore delle forze ultraconservatrici, da sempre contrarie al dialogo con i Paesi occidentali. In un momento in cui il Paese si avvicina alle nuove elezioni presidenziali la gestione di questo nuovo negoziato potrebbe diventare oggetto di campagna elettorale ed essere utilizzato dai candidati vicini agli ambienti più oltranzisti per creare un clima non favorevole alle trattative.

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