Il Sud Sudan sull’orlo della guerra civile
Africa

Il Sud Sudan sull’orlo della guerra civile

Di Lavinia Sabelli
30.09.2025

Il 20 settembre, alla vigilia dell’apertura del processo al Vicepresidente del Sud Sudan Riek Machar, la milizia ribelle da lui guidata, il Sudan People’s Liberation Army – Movement in Opposition(SPLM-IO), ha attaccato una base dell’esercito regolare (SSPDF-South Sudan People’s Defence Forces) situata nello Stato federale dell’Upper Nile, strategico per la presenza di risorse idriche e giacimenti petroliferi. Lo scontro ha acuito ulteriormente le tensioni tra i due principali gruppi etnici del Paese: i Nuer, a cui appartiene Machar e lo SPLM-IO, e i Dinka, tradizionalmente gruppo dominante all’interno delle istituzioni statali, a cui appartiene il Presidente del Paese, Salva Kiir. Machar è stato arrestato per ordine esplicito di Salva Kiir a marzo scorso, poiché ritenuto responsabile degli scontri tra Nuer White Army ed esercito regolare nell’Upper Nile.

Dinka e Nuer si sono già scontrati in passato nella sanguinosa guerra civile tra il 2013 e il 2020, al termine della quale fu formato un governo d’unità nazionale, con Kiir e Machar ai vertici istituzionali, volto a garantire riconciliazione e stabilità politica. In tal senso, quanto accaduto alla fine di settembre rischia di innescare una nuova spirale di violenza estesa a tutto il Sud Sudan, riproponendo concretamente il rischio dello scivolamento del Paese verso una nuova fase della guerra civile.

In questo contesto, occorre sottolineare il possibile ruolo degli Stati vicini. In primo luogo, l’Uganda, che sostiene l’esercito regolare e Salva Kiir per tutelare i propri interessi nel corridoio infrastrutturale LAPSSET (Lamu Port-South Sudan-Ethiopia-Transport), e il Sudan, che invece intende recidere la connessione tra i ribelli delle Rapid Support Forces (RSF) e il fronte sud sudanese. In questo quadro, Salva Kiir e Riek Machar potrebbero cercare alleanze oltreconfine, chiedendo supporto a Khartoum o ai ribelli a seconda delle reciproche convenienze. Infine, anche l’Etiopia guarda con interesse agli sviluppi delle tensioni in Sud Sudan. Addis Abeba, infatti, ha provato più volte a porsi come mediatore tra le due fazioni in lotta allo scopo di mantenere Juba quale alleato nella complessa questione della gestione delle acque del Nilo connessa all’entrata in funzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam. Qualora il Sudan dovesse riuscire a supportare l’ascesa al potere di un proprio alleato a Juba, quest’ultima potrebbe esercitare pressione sull’Etiopia circa la gestione del processo di riempimento della “Diga del Rinascimento”. In sintesi, lo scenario sud sudanese possiede, in potenza, tutti gli elementi per generare una proxy war in Africa Centrale.