Il meeting Sullivan-Yang a Roma
Xiàng

Il meeting Sullivan-Yang a Roma

Staff
15.03.2022

Il 14 marzo il Consigliere per la Sicurezza Nazionale americana, Jake Sullivan, e il Responsabile della Politica Estera cinese, Yang Jiechi, si sono incontrati a Roma. Non è la prima volta che i due si trovano a confrontarsi faccia a faccia. Fin dall’inizio dell’Amministrazione Biden, infatti, gli incontri tra Sullivan e Yang sono stato il tramite del dialogo Washington-Pechino: l’incontro tra i due funzionari ad Anchorage (in Alaska) nel marzo 2021 e quello di ottobre 2021 a Zurigo sono stati rispettivamente la prima occasione di contatto diretto tra l’allora neo-insediata Amministrazione democratica e la Cina e l’occasione di preparazione per il primo meeting virtuale tra Joe Biden e Xi Jinping (tenutosi nel mese di novembre).

L’incontro è stato presentato da entrambe le parti quale seguito del processo inaugurato dai rispettivi Presidenti proprio lo scorso novembre per portare avanti il dialogo bilaterale e mantenere un canale aperto di comunicazione tra le due superpotenze. Nonostante, dunque, non volesse essere un meeting ad hoc per trattare della guerra in Ucraina, l’urgenza del momento storico ha inevitabilmente inserito il tema all’interno dell’agenda. L’evoluzione della crisi in Ucraina, infatti, rappresenta in questo momento un punto di discussione tra i due Paesi, che hanno posizioni differenti rispetto alle parti in causa. Dal lato americano si sta spingendo affinché la Cina non prenda parte, neanche indirettamente, al conflitto in favore della Russia e assuma un atteggiamento di maggior critica, anche nella dialettica, contro il Cremlino. Dal lato cinese, invece, Pechino ha fino ad ora mantenuto un comportamento ambivalente, caratterizzato sia da una forte narrativa, soprattutto all’interno del Paese, anti-americana e anti-NATO priva di esplicite condanne alle Russia, sia dall’affermazione della propria neutralità e dalla speranza di una veloce risoluzione del conflitto.

In un momento in cui Washington sembra temere non solo un eventuale maggior coinvolgimento della Cina nel teatro ucraino, ma soprattutto la possibilità che la Russia si appoggi alla Cina per evadere le gravi sanzioni imposte, l’incontro di Roma potrebbe essere stata l’occasione per l’Amministrazione Biden di provare a coinvolgere Pechino nel processo negoziale, come possibile facilitatore nella creazione di un punto di incontro con il Presidente Putin. La riservatezza mantenuta rispetto agli esiti del colloquio, durato circa 7 ore, lascia intendere come le discussioni siano state il riflesso della complessità del tentativo di inserire anche il dossier ucraino all’interno del già complicato quadro di relazioni bilaterali.

Soprattutto da parte cinese, infatti, è trasparita la volontà di inserire il dossier dell’Ucraina e la possibile triangolazione con gli Stati Uniti nel calcolo generale delle relazioni bilaterali Washington-Pachino. Ciò è confermato dalla decisione stessa del governo di pubblicare due comunicati ufficiali dell’incontro: uno sulle relazioni sino-americane, che affronta questioni care alla politica estera cinese (come il riconoscimento di “un’unica Cina”, o la definizione delle questioni relative allo Xinjiang, al Tibet e ad Hong Kong come pertinenti solo alla sua politica interna) e uno sulla crisi in Ucraina, in cui Pechino concorda sulla necessità di portare avanti il dialogo con gli Stati Uniti, ma ribadisce la necessità di rispettare la sovranità nazionale di tutti i Paesi e riafferma la necessità di prendere in considerazioni le preoccupazioni delle parti in causa. Sebbene l’incontro sembri aver mostrato una possibile convergenza con Washington per creare le condizioni necessarie a portare ad una de-escalation in Ucraina, Pechino sembra inoltre star cercando una sua via indipendente nel contesto internazionale, consapevole del peso che ormai vi ricopre, ma ancora forse incerta su come usarlo.

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