Il Mali si ritira dal G5 Sahel
Terrorismo e Radicalizzazione

Il Mali si ritira dal G5 Sahel

Di Aline Blanchard
14.07.2022

Il 15 maggio scorso, il governo maliano ha annunciato il ritiro del Paese dal G5 Sahel, piattaforma multilaterale formata da Mali, Ciad, Burkina Faso, Niger e Mauritania per coordinare le attività politiche e militari di contrasto all’insorgenza jihadista nella regione. Formalmente, Bamako ha motivato la decisione lamentato la mancanza di progressi dell’organizzazione nel raggiungimento degli obbiettivi anche se, in realtà, lo strappo tra il Mali e gli altri membri del G5 ha origini politiche. Infatti, i governi parte della piattaforma non intendevano riconoscere il turno di presidenza di Bamako a causa della perdurante presenza al potere della giunta militare. Quest’ultima controlla il Mali dal 2020, dopo aver destituito il Presidente Keita, ed ha mostrato scarsi progressi nel processo di transizione alla democrazia e di trasferimento dei poteri alle istituzioni civili. Non a caso, proprio dal 2020, il governo maliano ed i membri della giunta militare sono stati sanzionati dall’UE, dall’Unione Africana e dall’ECOWAS (Economic Community of West Africa States) come forma di pressione e rappresaglia.

Parallelamente, il 30 giugno, è stato annunciato il ritiro completo della Task Force europea Takuba, il cui compito era supportare l’esercito maliano nella lotta ai gruppi armati jihadisti affiliati ad al-Qaeda e allo Stato Islamico. Con il ritiro di Takuba, che segue quello delle forze francesi di Barkhane, il Mali resta quasi totalmente privo di supporto militare Occidentale. Questa situazione rischia di agevolare la penetrazione russa nel Paese, già pianamente manifestata dalla presenza del Gruppo Wagner (circa 600 tra istruttori e forze combattenti) e dalle trattative per la forma di accordi di cooperazione militare ed economica (esplorazione petrolifera, sfruttamento di miniere di oro, esplorazione di filoni di terre rare e uranio). Sotto il profilo operativo, tanto la presenza occidentale quanto quella, più recente, russa non sono riuscite a contrastare adeguatamente la proliferazione delle milizie jihadiste nel nord e nel centro del Mali che continuano a sfruttare le vulnerabilità economiche, sociali e politiche del Paese per aumentare il proprio supporto popolare ed il proprio rateo di reclutamento.

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