Gli sviluppi dei corridoi europei verso l’Indo Pacifico
Geoeconomia

Gli sviluppi dei corridoi europei verso l’Indo Pacifico

Di Alexandru Fordea
24.09.2025

Il 23 settembre 2025, a Bali, l’Unione Europea e l’Indonesia hanno concluso i negoziati per il Comprehensive Economic Partnership Agreement (CEPA), insieme a un accordo di protezione degli investimenti. Dopo quasi dieci anni di trattative, la firma ha sancito una svolta nel rapporto tra Bruxelles e Giacarta, collocando il più grande Paese del Sud-Est asiatico in una posizione di rilievo nella strategia europea di diversificazione commerciale.

L’intesa prevede la progressiva eliminazione dei dazi su oltre il 90% delle merci, con effetti significativi per entrambi i partner. Dal lato europeo, i benefici riguardano in primo luogo il settore manifatturiero. Le automobili, oggi soggette a un’imposta del 50%, vedranno la tariffa azzerata nell’arco di cinque anni, mentre le macchine industriali e le apparecchiature elettroniche, colpite da un dazio del 30%, saranno liberalizzate in tempi più brevi. In tal senso, la Commissione europea stima che le imprese dell’UE risparmieranno circa 600 milioni di euro annui grazie alla riduzione delle barriere tariffarie. Anche l’agroalimentare ottiene un sostanziale guadagno: prodotti lattiero-caseari come formaggi e latte in polvere, che rappresentano un terzo dell’export agricolo europeo in Indonesia, avranno un accesso privilegiato, mentre specifici beni sensibili, zucchero, uova, etanolo, rimarranno protetti con quote o tariffe mirate. Per la prima volta, inoltre, l’Indonesia ha concesso un’apertura, seppur limitata e discreta, alle bevande alcoliche europee, attraverso contingenti tariffari di circa 2.000 tonnellate per il vino e 400 per i distillati, soggetti a un’imposta ridotta del 5%.

Dal lato indonesiano, l’accordo permetterà a circa l’80% delle sue esportazioni verso l’UE di godere di tariffe allo 0%. Il Governo prevede un raddoppio degli scambi nei primi cinque anni di applicazione dell’accordo, con un forte impulso a settori chiave come olio di palma, caffè, tessuti, abbigliamento, mobili e prodotti della pesca. Il valore degli scambi bilaterali, pari a 30 miliardi di dollari nel 2024, potrebbe superare rapidamente la soglia dei 60 miliardi, rafforzando l’obiettivo di Giacarta di consolidare la propria transizione verso lo status di economia a medio reddito. Non meno rilevante è la rimozione delle clausole di contenuto locale in settori strategici come le filiere delle energie rinnovabili e dei veicoli elettrici, che apre la porta a partnership tra l’industria europea e quella indonesiana per la produzione di batterie e componenti tecnologici, tuttora strategiche per la resilienza delle proprie catene del valore.

Il CEPA include anche disposizioni specifiche sugli investimenti, con l’obiettivo di attrarre capitali europei in infrastrutture, innovazione e manifattura ad alto valore aggiunto. Per Bruxelles, la partita centrale riguarda l’accesso a materie prime critiche come rame, bauxite e stagno, indispensabili per la transizione verde europea. Il nodo del nickel rimane tuttavia irrisolto: il bando imposto da Giacarta all’export di questa materia prima, cruciale per le batterie, non è stato toccato dall’accordo ed è al centro di una controversia presso l’Organizzazione mondiale del commercio. Nonostante i benefici immediati, l’intesa lascia emergere tensioni strutturali che rischiano di condizionarne la piena efficacia. Le clausole sull’accesso del vino e dei distillati europei al mercato indonesiano rappresentano un fronte di sensibilità politica e culturale. La concessione è stata resa possibile da una gestione estremamente discreta del negoziato, con la scelta deliberata di non menzionare ufficialmente la questione nelle comunicazioni pubbliche. La misura, circoscritta e calibrata sulle esigenze turistiche di province come Bali, segna comunque un precedente rilevante in un Paese dove il consumo di alcol è tradizionalmente stigmatizzato e fortemente regolamentato.

Alla luce di quanto detto, il CEPA riflette una convergenza di interessi accelerata dal mutato contesto internazionale. La volontà di Trump di utilizzare lo strumento delle barriere economiche, tramite soprattutto l’introduzione di dazi generalizzati sulle importazioni verso gli Stati Uniti, ha spinto Bruxelles a diversificare rapidamente i propri partner commerciali, rafforzando i legami con Mercosur, Messico, India e ora Indonesia. Per l’UE, l’intesa con Giacarta non rappresenta soltanto un canale per proteggere le proprie imprese dall’erosione di competitività sui mercati globali, ma anche un tassello fondamentale per assicurarsi approvvigionamenti stabili di risorse minerarie strategiche, riducendo la dipendenza da Pechino.

Per l’Indonesia, l’accordo si inserisce in una strategia di apertura a più poli: oltre alla recente adesione ai BRICS, Giacarta ha firmato intese con l’Unione economica eurasiatica, il Perù e il Canada, e ha rilanciato i colloqui con partner regionali. Il CEPA con l’UE conferisce ulteriore credibilità al Paese come hub manifatturiero e logistico nel cuore dell’Asia-Pacifico, rafforzandone l’attrattiva per gli investimenti diretti esteri.

La rapidità con cui i negoziati si sono conclusi nel 2025, dopo anni di stallo dovuti soprattutto alle dispute su olio di palma e deforestazione, va letta alla luce della pressione esercitata dai dazi statunitensi. Le misure tariffarie generalizzate imposte da Washington hanno costretto sia Bruxelles sia Giacarta a superare divergenze interne e ad accelerare la conclusione di un accordo che, in condizioni normali, avrebbe richiesto ancora anni di limature tecniche. Questa accelerazione apre la strada a una riflessione più ampia: il modello indonesiano potrebbe fungere da prototipo per futuri accordi, in particolare con l’India. Sebbene le trattative tra Bruxelles e Nuova Delhi siano ancora segnate da difficoltà strutturali, dall’accesso al mercato agricolo alle barriere sui servizi digitali, la pressione esercitata dalla politica tariffaria di Trump su entrambi gli attori potrebbe giocare un ruolo analogo a quello che ha spinto l’Indonesia a siglare il CEPA. La combinazione di incentivi economici, timori geopolitici e urgenza di proteggere le catene di approvvigionamento potrebbe favorire un’accelerazione anche sul dossier indiano, replicando un modello di compromesso che, pur non privo di contraddizioni, si è dimostrato capace di produrre risultati tangibili.

In questo quadro, l’accordo con l’Indonesia non rappresenta soltanto un successo bilaterale, ma un segnale di come l’UE abbia adattato la propria politica commerciale. L’EU- CEPA si configura quindi come un tassello di un equilibrio multipolare in costruzione, capace di offrire a entrambe le parti una piattaforma di resilienza contro le oscillazioni del sistema internazionale.

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