L’Operazione Spider's Web: effetti ed implicazioni
Il 1 Giugno scorso, il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU – Sluzhba Bezpeky Ukrainy) ha condotto un’operazione su vasta scala mediante l’impiego di droni tattici d’attacco (FPV UAV – First Person View Unmanned Aerial Vehicle) che ha coinvolto le basi aeree russe di Belaya, Olenya, Dyagilevo e Ivanovo, situate rispettivamente negli Oblast di Irkutsk, Murmansk, Rjazan e nell’omonimo Ivanovo. Secondo quanto emerso, l’attacco ha condotto alla distruzione di almeno 13 velivoli appartenenti alla flotta di bombardieri della Federazione Russa, benché le fonti ucraine abbiano inizialmente menzionato 41 assetti colpiti. Il bersagliamento, verosimilmente, ha dunque disabilitato perennemente non meno del 10% della flotta strategica di Mosca, a cui potrebbero sommarsi ulteriori velivoli parzialmente o gravemente danneggiati. Nello specifico, i principali assetti colpiti sono stati dei Tu-95 Bear e dei Tu-22 M3 Backfire, nonché presumibilmente in numero estremamente ridotto, velivoli Beriev A-50 Mainstay aventi capacità di allerta e controllo aereo (AWACS – Airborne Warning and Control System). Per quanto concerne i bombardieri Tu-160 Blackjack, il quadro informativo che emerge risulta nebbioso, ma in considerazione della collocazione della flotta strategica russa, è plausibile che anche una marginale quota di essi sia stata esposta al fuoco degli FPV UAVs utilizzati dall’SBU. Il danno inflitto alla flotta strategica russa, parimenti a quello politico e di immagine, costituisce un valore significativo, tale da compromettere una rilevante quota della componente aerea della triade nucleare del Cremlino. L’esposizione della Federazione Russa ad un determinato grado di vulnerabilità rispetto alla capacità di colpire in profondità dell’Ucraina ha aperto alla contemplazione di azioni di risposta diversificate e commisurate al danno subito. L’attacco perpetrato da parte ucraina rappresenta un fattore abilitante alla valutazione della capacità di deterrenza russa. Principalmente, in questa fase, Mosca potrebbe condurre bersagliamenti multipli e massivi contro infrastrutture critiche ed assetti strategici avversari, eventualmente anche mediante l’impiego di Intermediate-Range Ballistic Missiles (IRBM) od Intercontinental Ballistic Missiles (ICBM). In ultimo, anche se trattasi di scenari altamente sensibili, la Federazione Russa potrebbe riflettere, quantomeno sotto un profilo ammonitorio, su una parziale applicazione della propria dottrina nucleare, la quale menziona l’ipotesi che, in caso di attacchi, anche convenzionali, che danneggino in maniera profonda o compromettano le capacità nucleare del Paese, quest’ultima possa essere legittimata a ricorrere alle contromisure ritenute necessarie.
L’SBU ha impiegato oltre 115 droni infiltrati nel territorio russo ed occultati dentro apposite strutture in legno costruite ad hoc nella parte superiore di camion e container presso siti già all’interno della Federazione Russa. Questi sistemi, dotati di coperture mobili hanno così permesso il rilascio e l’attivazione simultanea a sciame degli FPV UAVs, guidati plausibilmente da sistemi di navigazione autonoma visuale nella percorrenza della distanza terminale verso i bersagli individuati. In considerazione delle caratteristiche dell’attacco, inoltre, è possibile supporre che il deep strike sia stato condotto mediante l’integrazione sugli FPV UAVs di sistemi di controllo radio come TBS Cross Fire o Express Long Range System (ELRS). Tali sistemi di Comando e Controllo (C2) consentono di incrementare il raggio d’azione dei dispositivi utilizzati, sfruttando una modulazione Long Range (LoRA) programmabile ed una bassa latenza, in grado di ottimizzare manovre di precisione e di agire in ambienti elettromagnetici disturbati. In merito, sorgono tuttavia alcuni aspetti valutativi legati all’impiego degli assetti. Al netto del probabile impiego di sistemi autonomi di guida con capacità visiva di identificazione dell’obiettivo in prossimità dello stesso, rimangono diverse opzioni sulle modalità con le quali essi siano stati guidati, anche alla luce del fatto che in alcuni scenari dell’attacco gli FPV UAVs hanno percorso circa 7 chilometri prima di raggiungere il sedime aeroportuale bersagliato. Tra queste, vi è la possibilità che non esclude la conduzione da postazioni C2 occultate di prossimità.
L’operazione, denominata Spider’s Web, per tecniche e tattiche utilizzate, assume un’ampia rilevanza, destinata a delineare un possibile game changer nella storia militare e, contestualmente, nell’adozione di contromisure per la protezione delle infrastrutture strategiche. Il recente attacco coordinato da parte ucraina ha rappresentato plasticamente una fase pivotale dell’evoluzione del campo di battaglia contemporaneo, dimostrando come l’uso su larga scala e sincronizzato di assetti di marginale valore, possa disarticolare infrastrutture critiche anche nella profondità del territorio. Quanto avvenuto dimostra come la decentralizzazione e l’occultabilità di tali sistemi possa condurre a scenari di penetrazione letale, in grado di eludere efficacemente tradizionali radar e sistemi missilistici a corto raggio come il *Pantsir-S1 *od i Tor-M2, sovente non sufficientemente distribuiti capillarmente nelle retrovie e concepiti per neutralizzare tipologie di minacce fisicamente diverse da quelle emergenti. Parallelamente ad un riadattamento protettivo delle strutture fisiche, come parzialmente avvenuto con la costruzione di hangar corazzati, la difesa delle linee di supporto logistico e delle postazioni strategiche necessiterà crescentemente di sistemi di difesa aerea multi-livello resilienti ed integrati, che abbiano capacità di intercetto diversificate e spazianti dai vettori a lungo raggio fino agli effettori autonomi di piccole dimensioni, costruiti con componenti commerciali (COTS – Commercial Off The Shelf) e dotati di sistemi ottici FPV a bassa latenza e moduli GPS spoofing-resistant. I principali adattamenti dottrinali e capacitivi dovranno orientarsi, verosimilmente, verso l’integrazione di sensori attivi e passivi a corto raggio, radar Active Electronically Scanned Array (AESA) con visuale tridimensionale a banda X, sensori ottici-infrarossi e reti a radio frequenza (FR – Radio Frequency) per l’intercetto precoce. Parimenti, un altro requisito fondamentale sarà l’implementazione di intercettori mobili e sistemi di difesa aerea a cortissimo raggio (V-SHORAD – Very Short Range Air Defense) dislocati anche nelle retrovie ed in prossimità di obiettivi sensibili. Dirimente sarà, inoltre, l’impiego parallelo a sistemi di contrasto agli UAVs (C-UAS – Counter-Unmanned Aircraft Systems), di jammers direzionali, armi ad energia diretta (DEW – Direct Energy Weapons), e di assetti cinetici come droni intercettori autonomi. L’applicazione tattica dello scenario figurato dovrà prevedere tecniche di camuffamento e dispersione degli assets strategici, supportate dall’utilizzo di strutture rinforzate o sotterranee, jammers e decoys, al fine di salvaguardare l’immunità delle flotte e la conseguente capacità di power projection dello strumento militare aereo. L’azione condotta dall’SBU, al di là delle peculiarità di pianificazione e condotta, nonché del preciso numero di assetti distrutti o danneggiati, da un lato degrada sensibilmente il potenziale russo di condurre attacchi con missili da crociera aviolanciati nel breve-medio termine, in particolare alla luce dell’attuale assenza di capacità produttive per il segmento bombardieri strategici, e dall’altro rimarca esplicitamente come la protezione delle basi aeree necessiti di una profonda revisione, con il consolidarsi di nuove minacce.