Libia: alla ricerca di una roadmap credibile
Medio Oriente e Nord Africa

Libia: alla ricerca di una roadmap credibile

Di Federica Curcio
13.03.2023

Durante lo scorso weekend, l’Inviato Speciale delle Nazioni Unite in Libia e capo della UNSMIL Abdoulaye Bathily ha annunciato un nuovo piano allo scopo di portare il Paese a elezioni entro il prossimo giugno. L’Inviato ha auspicato che tutti gli attori locali, regionali e internazionali siano coinvolti nel processo. Per rendere attuabile il proposito, Bathily intenderebbe lanciare uno high-level steering panel che coinvolgerà tutte le parti interessate al processo di riconciliazione politica in Libia – le istituzioni nazionali, gli attori politici, le forze tribali ed altri stakeholder – per facilitare l’adozione di un quadro giuridico e di una roadmap per lo svolgimento delle elezioni. L’iniziativa mira ad istituire una piattaforma per la promozione e il raggiungimento del consenso su questioni fondamentali, come la sicurezza elettorale e l’adozione di un codice di condotta per tutti i candidati.

L’iniziativa ONU rappresenta l’ennesimo tentativo dell’organizzazione internazionale di definire un quadro legale e politico adeguato per portare la Libia a nuove elezioni presidenziali e parlamentari, dopo il fallimento dell’accordo elettorale del 2021 arenatosi in seguito a pesanti tensioni tra le parti politiche in gioco. Oggi, il Paese nordafricano rimane impantanato nel caos politico con due fazioni rivali, ciascuna sostenuta da potenze straniere che mirano a guadagnare influenza in un territorio che risponde ad interessi strategici specifici.

La Libia è infatti divisa tra due coalizioni politiche e militari rivali: da un lato, il Governo di Unità Nazionale (GNU) con sede a Tripoli del Primo Ministro Abdulhamid Dbaibah, riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dalla Turchia che ha ancora una forte presenza militare ad occidente, dove persegue obiettivi energetici mirati; dall’altro, il Governo di Stabilità Nazionale (GNS) guidato dal Primo Ministro designato Fathi Bashagha, de facto un esecutivo parallelo basato in Cirenaica che gode del sostegno del Generale Khalifa Haftar, comandante dell’auto proclamato Esercito Nazionale Libico, e che trova il favore della Russia – anche se l’influenza di Mosca sul governo orientale è diminuita nel corso dell’ultimo anno per effetto della guerra di Mosca in Ucraina.

Il sostegno all’iniziativa di Bathily, nominato nel settembre del 2022 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, è arrivato da numerosi fronti, a partire dagli Stati Uniti, per i quali la stabilità della Libia è una priorità, sia dal punto di vista dell’anti-terrorismo sia da quello del contenimento dell’influenza di Mosca, sempre più radicata, in Nord Africa e nel Mediterraneo. In questa prospettiva gli Stati Uniti hanno ottenuto il favore di partner importanti per portare avanti la proposta dell’ONU, riunendo alti funzionari di Egitto, Francia, Germania, Italia, Qatar, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Regno Unito.

Anche la Russia ha fatto sapere, mediante la sua rappresentanza alle Nazioni Unite, che appoggerà il processo proposto da Bathily – anche se non è chiaro in che modo Mosca intenda dirigere la sua presenza sul territorio libico. Il Cremlino è infatti presente nel Paese attraverso il gruppo paramilitare Wagner che, dal cessate il fuoco del 2020, ha rafforzato il suo intervento a sud e a ovest, prendendo il controllo di basi aeree ed accampandosi in prossimità di campi petroliferi ed infrastrutture strategiche. Questa situazione è funzionale agli interessi geopolitici di Mosca che, attraverso i blocchi imposti da Haftar (che il Cremlino ha sostenuto nel suo tentativo di prendere Tripoli nel 2020) sugli export petroliferi – l’ultimo imposto l’anno scorso nel bel mezzo della crisi energetica globale – può danneggiare gli interessi statunitensi soffocando le forniture di petrolio all’Europa e, quindi, contribuire ad esacerbare l’inflazione globale.

Dalle prime reazioni alla proposta di riconciliazione politica delle Nazioni Unite, tuttavia, emerge l’interesse delle élite politiche libiche a mantenere lo status quo che, allo scopo di mantenere il potere, provano – oggi come in passato – ad ostacolare ogni passo verso nuove elezioni. In una modalità di sopravvivenza sia il governo orientale che quello occidentale hanno presentato diverse roadmap e piani volti a fissare una data elettorale, ognuno imponendo i propri vincoli e condizioni: ciò ha accresciuto la frustrazione ed il risentimento della popolazione, desiderosa di voltare pagina dopo un decennio di conflitti e di deterioramento delle condizioni di vita.

Mentre il cessate il fuoco continua a reggere, il Paese deve necessariamente avviarsi verso la stabilità ed affrontare la sua crisi di legittimità istituzionale. Senza affrontare questioni cruciali che sono al centro del conflitto, come la sua vasta ricchezza petrolifera ed il modo in cui distribuirla e la riunificazione delle forze armate, il rischio è che tutto resti immutato.

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