La sospensione di Bashagha apre nuovi scenari in Libia
Medio Oriente e Nord Africa

La sospensione di Bashagha apre nuovi scenari in Libia

Di Giuseppe Dentice
19.05.2023

Il 16 maggio, la Camera dei Rappresentanti (HoR), con sede a Tobruk, ha votato all’unanimità una decisione di sospensione di Fathi Bashagha da tutte le attività ufficiali di Primo Ministro del cosiddetto Governo di Stabilità Nazionale (GSN), l’esecutivo parallelo della Cirenaica sorto nel febbraio 2022. Contestualmente, l’HoR ha incaricato il Ministro delle Finanze, Osama Hamad, di assumere ad interim le funzioni da Premier.

Ex Ministro dell’Interno sotto Fayez al-Serraj nel Governo di Accordo Nazionale (2016-2021), Bashagha era stato nominato con il sostegno della HoR per sostituire Abdelhamid Dabaiba, Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale (GNU), il cui mandato era formalmente scaduto nel dicembre 2021, non riuscendo tuttavia nell’impresa né di entrare a Tripoli né di sostituirsi nel ruolo al Premier uscente. Benché la sospensione di Bashagha sia stata difesa in maniera compatta a Est (soprattutto dagli haftariani e dagli ex gheddafiani, ora confluiti in buona parte nell’HoR), a Tripoli la stessa è stata, invece, aspramente criticata da Khalid al-Mishri dell’Alto Consiglio di Stato (HCS) – la Camera alta con funzioni prevalentemente consultive e istituto concorrente alla HoR. Non a caso, l’HCS è da tempo impegnata in trattative serrate con la Camera dei Rappresentanti per definire un quadro legale coerente per lo svolgimento delle elezioni nazionali (presidenziali e parlamentari) entro la fine dell’anno, così come stabilito anche dalle Nazioni Unite. Tuttavia, come già accaduto in altre occasioni nel recente passato, i rischi di un rinvio sono sempre dietro l’angolo a causa di troppi fattori discordanti di lungo periodo (divisione dei poteri tra Presidente e Primo Ministro; ruolo delle milizie; assenza di una Costituzione; budget economico; rendite petrolifere) e ad elementi fattuali relativi alle regole elettorali (questione della doppia cittadinanza del futuro Capo di Stato e incarichi dei militari per concorrere nelle cariche pubbliche). Discorsi complessi e innumerevoli che si legano, però, anche con l’ultimo colpo di scena che ha coinvolto Bashagha.

Infatti, sebbene alla base della decisione della HoR vi sia un’accusa di peculato ai danni dell’ex Primo Ministro, il sospetto concreto è che dietro questa vicenda si nascondano considerazioni politiche incrociate che coinvolgono più parti. Come avvenuto già nel luglio 2022, con la nomina di Farhat Omar Bengdara alla guida della compagnia petrolifera libica National Oil Company (NOC) al posto di Mustafa Sanallah, al vertice della stessa per oltre un decennio, è plausibile ipotizzare che vi sia in ballo un gioco di poteri dietro la sospensione di Bashagha. Oggi come allora, sembrerebbe emergere un tentativo di politicizzazione della questione specifica volta a ingenerare nuove dinamiche a più livelli tra i diversi gruppi di potere nel Paese. Sembrerebbe, quindi, rafforzarsi l’ipotesi della costruzione di un forte asse informale tra Dbeibah – uomo d’affari molto criticato dentro e fuori il Paese e con importanti connessioni con il vecchio regime – e Khalifa Haftar, il presunto uomo forte della Cirenaica e comandante dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (LNA) di base a Bengasi.

Di fatto, si starebbe assistendo ad una convergenza di interessi tra due formali competitor mirata a colpire ed eliminare dalla partita il terzo contendente (Bashagha per l’appunto). Non a caso la sospensione dell’ex Premier del GSN sarebbe stata causata dalla sua mancata volontà di assegnare contratti e ruoli chiave negli asset strategici dello Stato a personalità vicine al Generale libico e, soprattutto, a suo figlio Saddam Haftar, asceso nell’ombra del padre e divenuto molto influente nello scenario politico nazionale – anche sui versanti illegali come nel traffico di migranti dalla Libia.

Al contempo è verosimile ipotizzare che nel rimescolamento delle carte a cui si è assistito, abbiano giocato un ruolo chiave anche gli sponsor internazionali. La fazione vicina ad Haftar (sostenuta da Emirati Arabi Uniti ed Egitto) e quella prossima a Dbeibah (supportata dalla Turchia) potrebbero aver trovato una sorta di compromesso nel promuovere e sostenere tale mossa con l’intento di silurare Bashagha. Non necessariamente però questa condizione potrebbe giovare ad una stabilizzazione del Paese, troppo esposto a più fattori di insicurezza lungo i suoi confini (tensioni in Ciad, guerra in Sudan, flussi migratori dal Sahel e debolezza sistemica di Tunisia ed Egitto).

In questa prospettiva, al di là di qualsiasi sviluppo elettorale, la vera posta in gioco riguarderà la capacità dei due leader de facto (Dbeibah a Tripoli e Haftar a Bengasi) di essere riconosciuti come soggetti legittimi dalla popolazione e dai partner (interni ed esterni) di ambo le fazioni, con l’eventualità – ad oggi non così prossima – che questa nuova situazione porti ad un rimpasto di governo volto a “semplificare” lo stallo libico. Un’azione che potrebbe portare ad una conferma dell’incarico di Premier a Dbeibah e l’ingresso di uomini chiave del clan Haftar in un nuovo esecutivo a Tripoli, con incarichi ministeriali di peso – presumibilmente su energia, economia e Difesa. Il rischio, quindi, è che tutte le parti dello scenario libico concorrano ad una estrema lottizzazione del potere volta a riorganizzare le rispettive fila, alimentando al contempo un piano multidimensionale di profonda precarietà.

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