Italia-Algeria: una relazione non solo energetica
Medio Oriente e Nord Africa

Italia-Algeria: una relazione non solo energetica

Di Federica Curcio
29.05.2023

Italia e Algeria condividono un’amicizia storica che risale agli anni Sessanta, cominciata con il sostegno italiano al processo di indipendenza algerina. Con il passare del tempo la relazione si è consolidata sempre di più, soprattutto, grazie all’importanza di Algeri nella sicurezza energetica di Roma, di cui è anche il primo partner commerciale in Nord Africa. Tuttavia, nel corso degli ultimi diciotto mesi il Paese ha assunto una posizione sempre più centrale nella politica estera italiana, che va oltre il campo energetico e vede l’Algeria come un pilastro per la stabilità, nonché come un player decisivo nella regione del Mediterraneo allargato. Qui, il coinvolgimento di Roma non riguarda solo i flussi di gas, ma si estende alla sicurezza.

Il 22 gennaio scorso, la Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni – nel suo primo viaggio in Africa dal suo insediamento – si è recata ad Algeri per incontrare la sua controparte Aymen Benabderrahmane, nonché il Presidente della Repubblica Abdelmadjid Tebboune, con cui ha firmato una dichiarazione congiunta e quattro protocolli d’intesa in diversi settori: energia, tecniche di riduzione delle emissioni, cooperazione in campo spaziale e in campo economico. Dal punto di vista energetico, dall’invasione russa dell’Ucraina (febbraio 2022), le forniture gasifere verso l’Europa sono diventate una questione strategica. I Paesi dell’Unione Europea, come l’Italia, hanno dovuto cercare nuove soluzioni alle importazioni di gas russo, nella maggior parte dei casi guardando al Nord Africa, contesto in cui si è imposta principalmente l’alternativa algerina. Prima della guerra, l’Italia dipendeva dalla Russia per il 40% dell’approvvigionamento energetico. Ad ottobre 2022 il dato è crollato al 10%, mentre le esportazioni energetiche da Algeri a Roma sono cresciute significativamente hanno raggiunto il 34%. Merito di una politica già avviata sotto la leadership del precedente Premier italiano Mario Draghi, che nel 2022 aveva già messo al centro dell’azione estera di Roma il dossier algerino. Ad aprile 2022, infatti, Eni e Sonatrach (la compagnia petrolifera statale algerina) avevano concluso un accordo da 4 miliardi di dollari per la fornitura di gas; nel luglio seguente, durante il quarto summit inter-governativo, allo scopo di rafforzare le relazioni politiche, economiche e culturali, le parti avevano firmato quindici memorandum of understanding (MoU); ad ottobre, infine, era stato raggiunto un accordo con la Fiat per la produzione automobilistica in Algeria (cominciata a marzo 2023). Di conseguenza il valore degli scambi commerciali tra Italia e Algeria è raddoppiato da 8 miliardi di dollari nel 2021 a 16 miliardi nel 2022, tanto che Tebboune ha definito le relazioni con il partner italiano “di alto livello strategico”.

Nel solco della continuità con l’azione dell’esecutivo Draghi, Meloni ha, quindi, mostrato un chiaro interesse italiano per lo scenario algerino, in quanto il Paese nordafricano s’inserisce in una visione più ampia (e condivisa in Italia). Di fatto, l’Algeria è vista sia come pilastro per la stabilità regionale, sia come attore cruciale nell’area del Mediterraneo allargato (incluso il Sahel), capace di influenzare contesti come Libia e Tunisia. Tutto ciò nonostante i limiti e le debolezze strutturali che attraversano il Paese da diverso tempo emblematicamente sintetizzate dalla stagione di proteste popolari del 2019 che hanno contribuito alla fine del regime ventennale di Abdelaziz Bouteflika.

Sul dossier libico Roma e Algeri condividono posizioni simili, soprattutto relativamente al sostegno all’azione delle Nazioni Unite in Libia, volta a rivitalizzare il processo politico necessario per tenere le elezioni presidenziali e parlamentari entro la fine del 2023. Per l’Algeria, in particolare, il protrarsi del conflitto libico – sul quale ha sempre puntato a giocare una posizione neutrale – costituisce una minaccia multidimensionale lungo il suo confine orientale, anche per via della proliferazione dei traffici illeciti (armamenti e droga, su tutti) che sono andati a ingrossare le file di gruppi criminali e terroristici di varia natura. Per queste ragioni Algeri ha più volte provato a favorire il dialogo tra i diversi attori dello scenario libico, in cui ha provato a posizionarsi come principale mediatore (spesso con scarsi risultati). Da questo punto di vista l’Italia, è consapevole che il punto di vista di Algeri non può essere ignorato, poiché è un vicino molto prossimo alla Libia con interessi diretti. A questo proposito, dopo la sua visita ad Algeri, il 28 gennaio il Primo Ministro italiano è volato a Tripoli per discutere di questioni politiche e di sicurezza (soprattutto di immigrazione clandestina), con il suo omologo libico, il Primo Ministro Abdulhamid Dbeibah, capo del Governo di Unità Nazionale (GNU), con cui ha anche firmato un nuovo contratto per la fornitura di gas da 8 miliardi di dollari.

In Tunisia, la cooperazione economica e securitaria algerina è stata fondamentale per aiutare il Paese ad affrontare diverse crisi: Algeri ha erogato due prestiti a Tunisi, dal valore complessivo di 600 milioni di dollari (tra il 2021 e il 2022), e potrebbe intervenire ancora una volta a sostegno del Presidente tunisino Kais Saied – essendo al momento uno tra i pochi player ad avere una forte influenza e interesse diretto nella tenuta del Paese – se il programmato pacchetto di aiuti del Fondo Monetario Internazionale dovesse arenarsi in maniera definitiva. Una flessibilità (non solo finanziaria) condivisa anche dall’Italia, pronta ad assicurarsi che l’instabilità tunisina non alimenti i flussi migratori irregolari verso l’Europa e disposta a cooperare con Algeri sulla questione anche elargendo aiuti economici.

L’Algeria, inoltre, è percepito come un attore stabilizzante nell’area del Sahel – visti i 3.000 km di confini meridionali con Mauritania, Mali e Niger – dal momento che, grazie alle sue capacità nell’anti-terrorismo, la sua conoscenza delle dinamiche regionali e dei leader dell’area, e una storica posizione nella non intromissione negli affari interni ai Paesi della regione, si trova in una posizione per molti versi unica. Pur non essendo mai intervenuta a livello militare, Algeri ha già svolto un ruolo di facilitatore negli accordi di pace del 2015 tra il governo maliano e i gruppi secessionisti ribelli e, con la fine dell’Operazione francese Barkhane l’anno scorso, potrebbe porsi come un caposaldo della sicurezza nella fascia del Sahel. Un punto su cui potrebbe trovare il favore della collaborazione italiana che sente sempre più vicina la minaccia proveniente dal Sahel e la cui politica nell’area si è sviluppata attraverso iniziative bilaterali o multilaterali, nonché incrementando la presenza diplomatica con l’apertura delle Ambasciate a Niamey (2017), Ouagadougou (2018) e Bamako (2018).

La solidità della partnership italo-algerina potrebbe essere fondamentale anche in relazione alla stabilità delle relazioni Unione Europea-Algeri – in linea con gli interessi transatlantici e USA in particolar modo –, in quanto attualmente Roma è l’unico interlocutore a godere di una certa capacità di ascolto più che di mediazione tra Algeria e gli altri Paesi europei, quali Francia e Spagna, limitando così la sua percezione di isolamento. Divergenze rilanciate dalle dispute con Madrid (che lo scorso 8 giugno ha posto fine alla sua neutralità sulla questione del Sahara Occidentale), con Parigi (sulle cui relazioni pesa fortemente l’eredità coloniale) e, in ultima analisi, con il Marocco che ha aderito agli Accordi di Abramo (2020) guadagnando una forte rilevanza agli occhi degli Stati Uniti. Ciononostante, proprio a Washington è ben noto quanto Algeri sia importante e quanto anche sia appetita da altri competitor globali (quali Cina e Russia), interessati a intessere nuove trame diplomatiche con un attore “non allineato” con l’Occidente, ma sensibile ai richiami di Mosca e Pechino. Nel 2013 la Cina è diventata il principale partner commerciale dell’Algeria superando la Francia, posizione che ancora oggi mantiene ed è destinata a rafforzarsi grazie alla firma del patto di cooperazione strategica quinquennale (novembre 2022) – il secondo tra i due Paesi. Infatti, l’impegno cinese nel Paese è multidimensionale e comprende la sfera politica, economica, diplomatica, energetica, militare e culturale. Dall’altro lato, la Russia fornisce circa l’80% delle armi ad Algeri, che, dopo India e Cina, è il terzo importatore di attrezzature militari russe. Lo scorso novembre Algeri e Mosca hanno tenuto esercitazioni militari congiunte vicino al confine marocchino, segno della salda partnership che lega le due nazioni nel campo della sicurezza e della difesa. l rischio, quindi, è che il Paese possa guardare altrove spinto dalle diverse percezioni e visioni che vedono in Russia, Cina o Iran dei possibili e più affidabili partner dell’Occidente nel suo complesso. Si tratta di un passaggio delicato anche e soprattutto per l’UE, specie se si considera il bisogno di Bruxelles e dei 27 di diversificare le proprie forniture energetiche. Una posizione nella quale però l’Italia potrebbe svolgere un ruolo di pendolo strategico volto a facilitare e a mediare nei rapporti non sempre lineari tra Algeria, UE e USA.

Sebbene Roma goda di una buona considerazione agli occhi dei partner algerini, permangono, tuttavia, delle frizioni relative alle dispute marittime circa la delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE), che non permettono ancora un pieno e notevole sviluppo del partneriato bilaterale. L’interdipendenza di interessi pone l’Italia in una situazione complessa se si pensa che nel 2018 l’Algeria ha dichiarato autonomamente la sua ZEE a sole 12 miglia dalla costa italiana, a ridosso delle acque territoriali sarde, in contrasto con la Convenzione Onu sul diritto del mare che stabilisce che la delimitazione delle zone marittime adiacenti debba avvenire su base pattizia tra le parti coinvolte. Ad oggi, l’Italia – che in forza di legge sarebbe autorizzata ad avviare i negoziati per l’istituzione della sua zona economica esclusiva – non ha trovato accordi con i Paesi limitrofi, inclusa l’Algeria, che oggi, però, si trova in una posizione più forte rispetto al 2018 e verso la quale sarà difficile far valere gli interessi italiani.

Pertanto, come i suoi predecessori, Meloni intende continuare a rafforzare le relazioni con Algeri e spingere per una leadership italiana nel Mediterraneo. Italia e Algeria, dunque, ora più che mai, puntano a un partenariato vantaggioso per entrambe le parti, che potrebbe portare benefici strutturali alla più ampia regione del Mediterraneo allargato. Nel medio-lungo periodo, infatti, Roma e Algeri potrebbero costruire un ponte strategico tra le due sponde del Mar Nostrum, capace di soddisfare anche gli interessi europei oltre il campo energetico. In questo contesto è importante che Roma instauri una cooperazione rispettosa e leale con Algeri, che non si limiti al settore dell’energia e delle migrazioni, ma che includa altri settori, soprattutto quello relativo alla difesa e alla sicurezza.

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