Loss and Damage Fund: una vittoria strategica della COP28
Geoeconomia

Loss and Damage Fund: una vittoria strategica della COP28

Di Beatrice Ala
07.12.2023

In questi giorni, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) ospitano a Dubai la ventottesima edizione della Conferenza delle Parti (COP28) patrocinata dalle Nazioni Unite, la maggiore conferenza a livello globale sul cambiamento climatico. La COP28 è stata inaugurata con un traguardo importante: la firma dell’accordo che rende operativo il Fondo per Perdite e Danni (Loss and Damage Fund), pensato per assistere economicamente i Paesi in via di sviluppo che subiscono danni ingenti a causa degli effetti negativi dei cambiamenti climatici estremi. La scorsa COP27 di Sharm el-Sheikh si era conclusa con un primo accordo sul meccanismo di finanziamento , ma i parametri determinanti sono stati decisi solo il mese scorso, nel documento redatto dalle parti nel corso degli incontri preparatori di questa COP.

Le questioni operative del Fondo decise negli incontri preparatori alla COP – principalmente le fonti di finanziamento, gli Stati beneficiari e le modalità di accesso al deposito – sono state cruciali in quanto hanno conseguenze rilevanti sulla gestione dei finanziamenti . Il documento adottato all’inizio della Conferenza lascia trapelare i contrasti tra gli interessi degli Stati economicamente avanzati, che cercano di limitare la dispersione del controllo sui loro contributi al Fondo, e quelli dei Paesi colpiti, che hanno invece l’interesse ad attuare meccanismi finanziamenti a loro favorevoli . Ѐ stato infine deciso che sarà la Banca Mondiale (BM) a rendere operativo il Fondo e che quest’ultimo agirà attraverso la personalità e capacità giuridica della Banca Mondiale. L’esito di questa parte di negoziazioni non ha però soddisfatto i Paesi in via di sviluppo, che tentavano invece di allontanarsi da modelli di finanziamento a forte influenza occidentale. D’altra parte, i Paesi beneficiari hanno tentato di arginare quelle che considerano ingerenze da parte dell’istituzione di Washington: in particolare si sono assicurati l’accesso diretto alle risorse del Fondo per tutti i Paesi in via di sviluppo e una parziale autonomia decisionale del Fondo, che potrà derogare alle politiche della Banca Mondiale.

Nel primo giorno di Conferenza, gli EAU hanno, quindi, adottato il documento e annunciato il loro impegno a favore del versamento al Fondo di 100 milioni di dollari, inaugurando il processo di finanziamento e spingendo altri attori di rilievo – come gli Stati Uniti e l’Unione Europea – a fornire il loro contributo. La logica dietro il Loss and Damage Fund è che siano proprio gli Stati più inquinanti a fornire aiuto economico ai Paesi danneggiati : i membri del G20 sono infatti responsabili del 75% delle emissioni globali di gas serra, eppure a subire gli effetti più distruttivi del cambiamento climatico sono gli Stati che vi contribuiscono di meno, e che spesso non hanno disponibilità economica sufficiente per far fronte a eventi di tale portata.

Il Loss and Damage Fund costituisce simbolicamente l’elemento di punta della struttura finanziaria della giustizia climatica , poiché è uno strumento che esprime il diretto coinvolgimento degli Stati nel fornire assistenza finanziaria ai Paesi a rischio. La negoziazione del Fondo è quindi strategica. Sebbene si tratti di uno strumento che opera a valle, assistendo a posteriori Stati che hanno subito danni, coinvolge parti impegnate in prima linea nella questione ambientale e con grandi interessi nella partita del cambiamento climatico. Il raggiungimento di un accordo sul tema – a prescindere dai contrasti interni – costituisce un grande vanto per gli EAU, che hanno fatto della politica climatica una priorità della loro agenda internazionale. Il Fondo, tuttavia, dovrebbe inserirsi in un piano con un approccio sistemico che unisca le misure di adattamento e di giustizia climatica con la fondamentale azione sul lato della mitigazione.

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