L’attivismo diplomatico del Giappone di Kishida
Asia e Pacifico

L’attivismo diplomatico del Giappone di Kishida

Di Leonardo Pesci
29.03.2023

Il mese di marzo si è rivelato particolarmente intenso per l’attività diplomatica del Giappone e del suo Primo Ministro Fumio Kishida. Giovedì 16 marzo il Premier giapponese ha ricevuto a Tokyo il Presidente sudcoreano Yoon Sook-Yeol. Successivamente Kishida si è recato prima a Delhi, dove ha discusso di sicurezza e cooperazione nell’Indo-Pacifico con l’omologo indiano Narendra Modi, e infine a Kiev dove ha incontrato il Presidente Volodymyr Zelensky.

L’intensa attività diplomatica in corso serve a dare concretezza ai principi esposti nella National Security Strategy (NSS), pubblicata nel dicembre 2022. In particolare, la NSS esprime la preoccupazione giapponese per l’aumento delle sfide alla sicurezza dell’Indo-Pacifico, legate all’attivismo politico e militare di Cina, Nord Corea e Russia. In tale contesto, i vertici tenuti da Kishida hanno avuto come obiettivo quello di rafforzare le relazioni con i Paesi partner sia in campo economico che militare. L’intenzione di Tokyo, infatti, è quella di creare un gruppo di Paesi allineati in grado di rispondere a eventuali tentativi di modifica dello status quo nell’area del Pacifico, interesse primario giapponese. Parallelamente, l’obiettivo più ampio è quello di posizionarsi con chiarezza in un contesto internazionale che scivola sempre più verso una possibile contrapposizione tra blocchi.

Nello specifico, il meeting con il Presidente sudcoreano Yoon mira a mettere fine a un periodo di ben 12 anni in cui non si sono registrate visite nei rispettivi Paesi delle massime cariche. Si tratta, quindi, di un incontro dal forte valore simbolico che prova distendere le complesse relazioni bilaterali. Già da tempo, Kishida e Yoon hanno dimostrato di voler lavorare a un riavvicinamento tra i due Paesi. A tal fine, il 5 marzo scorso Seoul aveva annunciato la creazione di un fondo che provveda al risarcimento delle famiglie dei lavoratori sudcoreani per lo sfruttamento della manodopera durante l’occupazione giapponese tra il 1910 e il 1945. Un ruolo fondamentale nel processo di distensione in corso lo gioca la crescente minaccia nordcoreana. Pyongyang, infatti, prosegue anche nel 2023 la fitta serie di lanci di missili balistici iniziata lo scorso anno in cui si era giunti a contare circa 90 test, gran parte dei quali hanno terminato la loro corsa nel Mar del Giappone. Inoltre, è importante segnalare la crescente pressione statunitense intesa a favorire il dialogo tra Tokyo e Seoul che ha prodotto una serie di esercitazioni militari congiunte nei cieli della Penisola Coreana e nel Mar del Giappone, finalizzate a contrastare la minaccia nordcoreana.

Tuttavia, l’appuntamento del 16 marzo è solo l’inizio di un percorso che dovrebbe proseguire nel medio-lungo periodo prima di poter portare risultati rilevanti. Le relazioni tra Corea del Sud e Giappone, infatti, restano piuttosto complicate e i forti contrasti che affondano le radici nella storia sono duri a morire. A tal proposito, si segnala la fredda reazione dell’opinione pubblica sudcoreana all’incontro di Tokyo. In particolare, settori dell’opposizione sono scesi in piazza per manifestare il proprio disappunto e il leader del Democratic Party of Korea, Lee Jae-myung, ha definito quello del 16 marzo come uno dei momenti più umilianti della storia sudcoreana. Dal punto di vista dell’opposizione, infatti, non vi è traccia delle tanto attese scuse di Tokyo per quanto avvenuto nel corso dell’occupazione.

Malgrado le difficoltà descritte, l’incontro di Tokyo è stato importante dal punto di vista della cooperazione economica dilaterale. Yoon, infatti, è stato accompagnato nel viaggio da una delegazione di amministratori delegati delle maggiori aziende sudcoreane, tra le quali figurano Samsung Electronics, Hyunday ed SK Group. Stando alle dichiarazioni ufficiali emerge la volontà di superare l’impasse dovuta allo scontro sui chip emerso quando, nel 2019, il Governo giapponese guidato da Shinzo Abe impose limitazioni alle esportazioni verso Seoul di alcune sostanze quali fluoruro di idrogeno e materiale fotoresistente, fondamentali nella produzione dei semiconduttori. Tali azioni avevano addirittura spinto Seoul a procedere contro Tokyo in sede Organizzazione Internazionale del Commercio.

Nel corso della visita di due giorni a Delhi, Kishida ha ribadito la necessità di rafforzare le relazioni bilaterali e promuovere la visione di un “Free and Open Indo-Pacific” (FOIP). Tale impianto risale al Governo guidato da Abe che puntava a creare una serie di connessioni tra paesi ideologicamente affini (c.d. “like-minded countries”) finalizzate a rafforzare partnership militari ed economiche attraverso fondi di investimento. Obiettivo di questo piano è anche quello di contrastare la Belt and Road Initiative (BRI) cinese cercando di limitare l’influenza di Pechino nell’area dell’Indo-Pacifico.

Tra le varie misure proposte, il FOIP include l’assistenza alle economie emergenti e il rafforzamento della sicurezza marittima tramite l’equipaggiamento e la fornitura di attrezzature alla Guardia Costiera degli Stati partner. Nel contesto delle relazioni tra i due paesi, il FOIP indirizza le relazioni Tokyo-Delhi verso una maggiore cooperazione in ambito economico e sicuritario, tenendo sullo sfondo la comune minaccia cinese. A oggi, i legami economici tra India e Giappone sono già consolidati. L’India, per esempio, rientra all’interno del programma giapponese di invio di fondi assistenziali per lo sviluppo (ODA). Nel 2020, inoltre, Delhi si è attestata come secondo paese, dopo il Bangladesh, per quantità di fondi ricevuti, ottenendo circa l’11% del totale per un valore di 1,8 miliardi di dollari. In tal senso l’incontro Modi-Kishida ha affermato la volontà di continuare la partnership economica fatta di investimenti giapponesi allo sviluppo, anche in linea con la già esistente “Japan and India Vision 2025” firmata nel 2015.

Per quanto riguarda la sicurezza, il FOIP prevede una serie di fondi per contribuire alla visione di un Indo-Pacifico “aperto e libero”. Il progetto di Tokyo passa per una maggiore cooperazione nel settore della sicurezza marittima e includerebbe un rafforzamento del Quad, il forum quadrilaterale tra India, Australia, Stati Uniti e Giappone creato nel 2007. In questo contesto l’obiettivo di Kishida potrebbe essere quello di dare una valenza di alleanza militare al forum, anche e soprattutto in chiave anticinese.

Posta in un quadro globale più ampio, la rinnovata cooperazione militare con Delhi potrebbe rappresentare anche un tentativo di spingere l’India verso un maggior allineamento alle posizioni del blocco euro-atlantico. Il governo indiano, infatti, non ha ancora condannato ufficialmente l’aggressione russa in Ucraina e in tal senso, l’invito che Kishida ha rivolto a Modi a prendere parte al G7 di maggio ad Hiroshima potrebbe essere funzionale a tale fine. Tuttavia, alla luce dei legami militari ed economici tra India e Russia, tale iniziativa potrebbe essere molto complicata da realizzare. Il Cremlino resta infatti un partner fondamentale per Delhi, che dall’inizio della guerra ha incrementato il livello delle importazioni, soprattutto in termini di risorse energetiche, acquistate a prezzi di favore. In particolare, il greggio, ha subito un aumento esponenziale delle importazioni tanto da far diventare la Mosca il primo fornitore di petrolio per Delhi. Da non dimenticare inoltre, che sebbene Delhi stia cercando una diversificazione dei Partner per la fornitura di armamenti, la Federazione rimane il primo fornitore di armi per l’India. Infine, una maggior presa di posizione da parte del Governo Modi andrebbe contro il principio di non allineamento e neutralità, pilastro storico su cui l’India ha fondato la propria politica estera.

La tappa a Kiev, infine, ribadisce la portata in termini simbolici delle azioni diplomatiche intraprese da Kishida. Il Premier giapponese, infatti, era l’unico dei leader del G7 a non aver ancora visitato il paese dall’inizio del conflitto e ad oggi è anche il primo leader del Paese mai recatosi in visita ufficiale nel teatro di un conflitto in corso dal secondo dopoguerra. In Ucraina, Kishida ha espresso solidarietà al Presidente Zelensky, visitando Bucha luogo del massacro di civili compiuto dai russi. Sul suolo ucraino, il leader giapponese ha ribadito l’impegno di Tokyo al fianco di Kiev e ha confermato l’invio di equipaggiamenti non letali per circa 30 milioni di dollari.

L’incontro ha rilevanza sotto molti aspetti e conferma la tendenza del cambio di posizione del Giappone nei confronti dei conflitti, della difesa e della sicurezza. Inoltre, la visita si è svolta in concomitanza con il vertice tra Putin e Xi a Mosca. Tra gli obiettivi di Kishida, quindi, c’era anche quello di mandare un messaggio ai due leader, ma anche dimostrare che il conflitto russo-ucraino non è solamente una questione di sicurezza europea. Tali dichiarazioni, da un lato sarebbero funzionali a ricordare ai paesi europei che, dal punto di vista giapponese, anche nel Pacifico le minacce alla sicurezza, allo status quo e alla Democrazia sono rappresentate dall’asse Pechino-Mosca. Dall’altro, il collegamento tra problemi di sicurezza europei e quelli asiatici potrebbe servire a legittimare anche agli occhi della propria opinione pubblica, il nuovo percorso intrapreso con la NSS, che prevede di spendere circa 320 miliardi di dollari per il riarmo del paese.