La tensione tra Israele e Russia e i suoi impatti in Siria
Medio Oriente e Nord Africa

La tensione tra Israele e Russia e i suoi impatti in Siria

Di Giuseppe Dentice
09.05.2022

Il 1° maggio, le dichiarazioni rilasciate in esclusiva ad una trasmissione televisiva italiana dal Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, hanno creato dei forti attriti presentandosi come uno dei momenti più bassi nelle relazioni tra Israele e Russia. Gli elementi che hanno scatenato la tensione hanno riguardato le allusioni di Lavrov sulle presunte ascendenze ebraiche di Adolf Hitler. Situazioni, queste, duramente criticate dal governo israeliano, tanto da spingerlo a convocare l’Ambasciatore russo nel Paese per chiedere chiarimenti. Il caso creato dalle parole di Lavrov e le risposte piccate delle autorità israeliane avevano poi conosciuto una nuova evoluzione con la scelta del Ministero degli Esteri russo di ospitare il 4 maggio una delegazione di Hamas, arrivata a Mosca per una visita a sorpresa che i funzionari israeliani hanno visto come una forma di ritorsione russa rispetto alle richieste di scuse ufficiali pretese dal governo di Tel Aviv. La situazione sembrerebbe essere però definitivamente rientrata dopo che il Presidente Vladimir Putin, il 5 maggio, ha tenuto un colloquio chiarificatore con il Premier israeliano.

Tuttavia, le esternazioni di Lavrov potrebbero essere un segnale di un malessere più profondo, che investe gli interessi geopolitici e strategici di entrambi i Paesi su più dossier di carattere mediorientale e internazionale. Non è un caso che la scelta da parte israeliana di mantenere un approccio cauto e attento rispetto alla crisi ucraina era anche in parte dettato dalla necessità di preservare gli stretti rapporti militari con la Russia, tenuti sin dal 2015, nel pantano siriano. Una necessità che ambo le parti hanno tenuto anche dopo l’incidente del settembre 2018, quando la difesa aerea di Damasco attaccò per errore un Ilyushin Il-20 a causa dell’ingresso nello spazio aereo siriano di quattro F-16 israeliani che avevano attaccato alcune strutture militari del regime – più verosimilmente dei depositi per armamenti di Hezbollah – a Latakia. L’incidente provocò 15 morti tra le fila russe, ma soprattutto causò un brusco irrigidimento nelle relazioni tra Tel Aviv e Mosca.

Proprio la Siria rappresenta un terreno importante per comprendere le possibili evoluzioni in corso nei rapporti russo-israeliani. Infatti, bisognerà capire se il caso diplomatico scatenato da Lavrov porterà a un cambiamento nell’approccio di Mosca nei confronti degli strike aerei israeliani in Siria o se il tutto rientrerà dopo le scuse di Putin. Alcuni segnali sembrerebbero suggerire una certa incertezza e irrequietezza da ambo le parti. Già nelle settimane precedenti il conflitto russo-ucraino, si erano avuti alcuni screzi dovuti ad una mancata comunicazione israeliana alla controparte russa di un attacco aereo contro alcuni asset militari del regime di Assad, che avevano provocato una risposta stizzita di Mosca – poi apparentemente rientrata in pochi giorni. Oggi, però, i rapporti sembrano essere decisamente più flessibili, non fosse anche per le notizie che giungono dal campo in Siria, dove il Cremlino avrebbe dato ordine di ridurre la sua presenza militare sul terreno, in supporto alle forze di Assad presenti nelle aree più interne (in particolare nelle province meridionali di Daraa e As-Suwayda e nella zona tra Homs e Palmira). A subentrare in quelle aree dovrebbero essere state alcune milizie sciite sostenute dall’Iran. Quest’ultima, infatti, starebbe cercando di sfruttare la crisi ucraina per consolidare le proprie posizioni in Siria, anche in un’ottica di rafforzamento della pressione nei confronti di Israele. Una situazione nella quale, per Tel Aviv, potrebbe emergere un doppio dilemma, tattico e strategico: quanto potersi fidare del vincolo russo di prevenire le minacce contro la sua sicurezza e quali margini di manovra potrà conservare dopo l’incidente diplomatico. Al di là delle affermazioni di Lavrov, è presumibile pensare che le parole del Ministro degli Esteri russo volessero essere una sorta di monito ad Israele e agli altri importanti partner di Mosca nella regione MENA coinvolti in maniera più o meno diretta nei principali dossier di crisi della regione. Altresì è evidente che Israele non possa accettare placidamente un’evoluzione nei rapporti di forza tra Russia e Iran in Siria con il rischio conseguente di esporsi a nuove minacce alla propria sicurezza nazionale – specie se le trattative in corso a Vienna sul JCPOA 2.0 dovessero soddisfare, soprattutto, le richieste di Mosca e Teheran. Ciononostante, non è chiaro al momento se le attuali tensioni emerse tra Mosca e Tel Aviv saranno in grado di pregiudicare in profondità il coordinamento tra i due Paesi in Siria. Allo stesso tempo, la politica di estremo equilibrismo adottata da Israele rischia di tenere in stallo il Paese dinanzi alle evoluzioni repentine in scenari trans-regionali interconnessi, come appunto quelli in Ucraina e Siria.

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