Il tour di Erdoğan nel Golfo, tra diplomazia economica e proiezione strategica
Medio Oriente e Nord Africa

Il tour di Erdoğan nel Golfo, tra diplomazia economica e proiezione strategica

Di Alessio Stilo
31.10.2025

La serie di visite ufficiali che il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha svolto in Kuwait, Qatar e Oman tra il 21 e il 23 ottobre 2025 rappresenta un nuovo tassello nel processo di consolidamento della presenza turca nel Golfo. Il tour ha prodotto la firma di 24 accordi, memorandum e dichiarazioni congiunte, che spaziano dalla cooperazione in materia di difesa, energia e investimenti sino all’istruzione e ai media. Più che una mera missione diplomatica,** il viaggio incarna una dimostrazione della strategia di proiezione regionale multilivello perseguita da Ankara, fondata sul legame tra diplomazia economica, cooperazione militare e soft power**.

La prima tappa del tour ha condotto Erdoğan a Kuwait City, dove l’Emiro Meshal al-Ahmad al-Jaber al-Sabah lo ha accolto con una cerimonia ufficiale al Bayan Palace. I colloqui bilaterali, tenuti sia in formato ristretto che allargato, hanno riguardato le relazioni economiche e commerciali, così come gli sviluppi regionali, in particolare il dossier di Gaza e il futuro della Siria. Nel suo intervento, Erdoğan ha ribadito la necessità di preservare il cessate il fuoco a Gaza e ha riaffermato il sostegno alla soluzione dei due Stati come unico percorso realistico per una pace duratura, richiamando altresì l’esigenza di unire gli sforzi della galassia musulmana e manifestando la disponibilità della Turchia a collaborare con i partner arabi al fine di favorire una transizione politica stabile in Siria.

L’incontro si è concluso con la firma di quattro protocolli principali: un Accordo sui trasporti marittimi, un Memorandum di mutuo riconoscimento dei certificati dei marittimi, uno sulla cooperazione energetica e uno sulla promozione degli investimenti diretti tra l’Ufficio Investimenti turco e la Kuwait Direct Investment Promotion Authority. La consegna all’Emiro kuwaitiano di una Togg, l’auto elettrica prodotta in Turchia che Erdoğan impiegata sovente come emblema di orgoglio nazionale, funge non solo da omaggio personale e gesto simbolico, ma anche da segnale politico, volto a promuovere l’industria turca alla stregua di strumento di diplomazia economica.

La seconda tappa del viaggio ha portato il Presidente turco a Doha, dove è stato accolto dall’Emiro Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani. Il cuore della visita è stato l’11° incontro del Comitato Strategico Supremo Turchia–Qatar, co-presieduto dai due leader e conclusosi con la firma di una serie di intese che rafforzano un partenariato ormai consolidato e caratterizzato da una forte convergenza politica e militare. Tra i documenti sottoscritti figurano un Memorandum sulla pianificazione strategica dello sviluppo, uno sulla cooperazione nell’industria della difesa, una Dichiarazione congiunta e una Dichiarazione ministeriale congiunta tra i rispettivi Ministeri del Commercio. Il comunicato diffuso dalla Direzione delle Comunicazioni della Presidenza turca sottolinea come il livello delle relazioni bilaterali con Doha sia “eccellente” e come il partenariato strategico Turchia-Qatar contribuisca in modo determinante alla stabilità regionale e globale.

Durante i colloqui, Erdoğan ha riaffermato il proprio sostegno alla causa palestinese, lodando il fragile cessate il fuoco raggiunto a Gaza come un sollievo necessario per la popolazione civile e ribadendo che la soluzione a due Stati rimane l’unica opzione praticabile. Il Presidente turco ha inoltre evidenziato il ruolo di cooperazione con Doha nella ricostruzione della Siria post-Assad, con riferimento ai settori dell’energia, dei trasporti e dell’assistenza umanitaria.

La scelta di Ankara di porre l’accento sulla dimensione strategica del rapporto con Doha risponde anche a una logica più ampia: la Turchia mira a consolidare un asse di cooperazione politico-difensiva con i Paesi del Golfo più flessibile sul piano regionale, irrobustendo il proprio peso negoziale sia verso gli Stati Uniti sia nei confronti delle monarchie più caute nei confronti di Ankara, come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Il terzo e ultimo capitolo del tour ha avuto luogo a Muscat, dove il sultano Haitham bin Tariq Al Said ha accolto Erdoğan con gli onori di Stato presso il Palazzo Al Alam, trattandosi peraltro della prima visita ufficiale di Erdoğan in Oman in qualità di presidente. L’evento assume pertanto un significato simbolico rilevante, oltre a segnare l’avvio di una fase di rafforzamento strategico delle relazioni tra i due Paesi.

I colloqui hanno toccato i temi della cooperazione bilaterale, della crisi palestinese e della stabilità regionale. Erdoğan ha elogiato l’ormai consolidato ruolo di mediazione omanita nelle controversie regionali, ponendo Muscat come esempio di diplomazia equilibrata e costruttiva. Entrambe le parti hanno riaffermato la necessità di una soluzione politica ai conflitti mediorientali e di un dialogo regionale inclusivo.

La sessione di firma ha prodotto un numero particolarmente elevato di accordi, con focus su difesa, energia, miniere, industria, istruzione, scienza, media e innovazione tecnologica. Tra i principali figurano un Memorandum sui minerali critici, uno sulla cooperazione militare, uno sull’industria della difesa, un Accordo strategico tra il Fondo Sovrano Turco e l’Oman Investment Authority, e un Accordo di cooperazione per l’assegnazione di terreni alla Fondazione Maarif turca per l’apertura di scuole nel Sultanato. Sono state inoltre firmate due intese di natura politico-istituzionale: la creazione di un Consiglio di Coordinamento e l’introduzione della liberalizzazione dei visti per i possessori di passaporto ordinario, misura che testimonia l’intenzione di Ankara di rafforzare la mobilità e l’integrazione con il Golfo.

Le visite di Erdoğan nel Golfo vanno interpretate alla luce di un duplice obiettivo strategico: da un lato, rilanciare la diplomazia economica turca in un’area cruciale per gli investimenti e la sicurezza energetica; dall’altro, rinvigorire la posizione di Ankara come attore stabilizzante in un Medio Oriente in ristrutturazione, scosso dal perdurante conflitto multidimensionale tra Israele e Iran, dalla crisi a Gaza e nei territori palestinesi e dall’instabilità regionale.

La presenza costante della questione di Gaza nelle dichiarazioni ufficiali, sempre accompagnata dal riferimento alla soluzione dei due Stati e al ruolo della Turchia come ponte tra mondo arabo-musulmano e comunità internazionale, suggerisce una precisa strategia comunicativa: proiettare Ankara come potenza responsabile, capace di combinare sostegno alla causa palestinese e pragmatismo negoziale.

Parallelamente, gli accordi in materia di difesa e industria militare evidenziano l’intento turco di ampliare i propri mercati di esportazione nel settore e di proporsi come fornitore di tecnologie e competenze ai Paesi del Golfo, in linea con la crescente domanda di capacità autonome di sicurezza regionale e di diversificazione dei partner.

L’insieme dei 24 accordi firmati con Kuwait, Qatar e Oman conferma l’approccio di Erdoğan basato sull’intreccio tra politica estera e politica industriale. Le Togg offerte ai leader del Golfo, simbolo dell’industria tecnologica nazionale, rappresentano un elemento di soft power funzionale alla costruzione di un’immagine di Turchia moderna e autosufficiente, in grado di competere nei settori dell’energia verde, dell’innovazione e della difesa.

Il tour, inoltre, è avvenuto in un momento di fragile tregua a Gaza e di ricostruzione post-Assad in Siria, due contesti che forniscono alla Turchia un margine di manovra per riaffermare la propria centralità geopolitica. Ankara si auto-rappresenta e si propone come garante di sicurezza e partner di ricostruzione, offrendo alle monarchie del Golfo un modello di cooperazione flessibile che intreccia interessi economici e stabilità politica.

La missione di Erdoğan nel Golfo si inserisce dunque in una traiettoria di lungo periodo, che mira a trasformare la Turchia in un attore cardine del sistema mediorientale, oltreché in uno snodo energetico, capace di mediare tra le potenze regionali e di sostenere la propria autonomia strategica, in una cornice di crescente rivalità regionale con Israele. Il rafforzamento delle relazioni con Kuwait, Qatar e Oman risponde a una logica di diversificazione delle alleanze e di espansione dei canali di cooperazione economica, industriale e diplomatica. In prospettiva, il tour rafforza l’immagine di Erdoğan come leader che, pur fronteggiando sfide politiche ed economiche interne e tensioni regionali, utilizza la diplomazia del Golfo per rinsaldare il proprio ruolo internazionale e riaffermare la Turchia come attore ponte tra, da un lato, Oriente e Occidente, e dall’altro Nord e Sud del mondo.

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