Il possibile ruolo della Romania nel quadro di ripensamento strategico NATO nel Mar Nero
Russia e Caucaso

Il possibile ruolo della Romania nel quadro di ripensamento strategico NATO nel Mar Nero

Di Francesca Cazan
20.07.2023

Nell’analisi del conflitto ucraino, un aspetto frequentemente sottovalutato riguarda l’impatto delle dinamiche belliche sulla governance del Mar Nero . Infatti, sebbene la guerra in Ucraina abbia natura prevalentemente terrestre, la sua dimensione marittima ha una rilevanza non trascurabile. In particolare, le posizioni dei singoli Stati rivieraschi in materia di sicurezza del Mar Nero costituiscono un aspetto preponderante, che sarà approfondito successivamente, mettendo in luce l’ambiguità della Turchia , da una parte, e il ruolo chiave che la Romania potrebbe svolgere come perno atlantico nella regione, dall’altra.

Nella Strategia Nazionale per la Difesa 2020-2024 della Romania, l’appartenenza alla NATO e la “relazione privilegiata” con gli Stati Uniti vengono infatti definite come le garanzie principali per la sicurezza del Paese. Inoltre, nel documento si evidenzia come, in seguito alla creazione di un sistema di interdizione navale nel Mar Nero da parte russa, la Romania ha cominciato a mettere in atto un oneroso programma di rinnovamento della flotta , al fine di perseguire un’altra delle sue priorità: l’accrescimento del proprio ruolo nell’azione di deterrenza e difesa Alleata nella regione .

Innanzitutto, parallelamente a quanto stesse accadendo sul fronte terrestre, l’inattesa attività e concentrazione delle forze navali russe nel Mar Nero, registrate tra ottobre 2021 e febbraio 2022, avevano già consentito di presagire gli effettivi rischi di escalation della crisi , culminata di lì a poco con l’invasione dell’Ucraina.

Con riferimento alle capacità militari che Russia ed Ucraina hanno dimostrato nel corso del conflitto, si può affermare che, in un primo momento, il Cremlino sia riuscito a stabilire una strategia navale coerente , conquistando il dominio marittimo del Mar d’Azov, bloccando i porti ucraini, portando avanti operazioni missilistiche relativamente efficaci e minacciando un attacco anfibio a Odessa, mai attuato grazie alla resa del sistema di difesa ucraino. Tuttavia, qualche mese dopo l’inizio dell’invasione, l’Ucraina ha ribaltato la situazione sul fronte marittimo, prima affondando un asset fondamentale della Flotta russa del Mar Nero, ovvero l’incrociatore lanciamissili Moskva al largo di Odessa, nell’aprile 2022, poi riconquistando l’Isola dei Serpenti, chiave per il controllo del nord-ovest del Mar Nero, alla fine di giugno 2022. Ad ogni modo, se si considera che, dopo l’occupazione della Crimea nel 2014, l’Ucraina ha perso il 75% delle proprie capacità navali , emerge come l’assistenza da parte dei singoli Stati membri NATO abbia svolto un ruolo determinante nel rafforzamento della componente marittima ucraina , principalmente attraverso la donazione di dispositivi di difesa antinave, sistemi radar per il rilevamento dei droni, cacciamine e sistemi di ponti e traghettamento.
Un importante obiettivo della NATO per la governance della regione è, però, non soltanto il rafforzamento del potenziale militare e delle connesse capacità aero-navali dell’Ucraina, ma soprattutto il rafforzamento delle flotte dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica , al fine di cesellare l’intero contesto securitario.

Tuttavia, prima del 2022, la sicurezza del Mar Nero non era in cima alle priorità della NATO. Lo è diventato solo successivamente, una volta constatato che, al momento dell’invasione, il dispositivo di deterrenza e difesa aero-navale atlantico nella regione era incompleto e non sufficiente a fronteggiare la portata della minaccia e dei rischi connessi al conflitto.

Difatti, il Nuovo Concetto Strategico NATO del giugno 2022 ha riconosciuto ufficialmente la regione del Mar Nero come “un’area di importanza strategica per l’Alleanza” . Parallelamente, gli Alleati avevano concordato di schierare quattro nuovi Battle Groups multinazionali negli Stati del Mar Nero, nell’ambito dell’attività di “enhanced Vigilance Activity” (eVA). La Francia ha assunto la guida del Battle Group NATO in Romania, mentre l’Italia di quello in Bulgaria.

Relativamente allo spazio aereo , invece, a seguito della spiralizzazione della crisi russo-ucraina, la NATO ha intensificato l’attività di “Air Policing” in Romania e Bulgaria. Tuttavia, queste misure sono finalizzate alla sorveglianza, controllo e deterrenza nello spazio terrestre e aereo, mentre, con riferimento allo spazio navale, la NATO non ha ancora sviluppato azioni altrettanto significative.

A partire dal febbraio 2022, anche gli Stati Uniti si sono interessati maggiormente alla regione del Mar Nero. In particolare, determinante è stata la linea tracciata all’interno della proposta bipartisan approvata dalla Commissione Affari Esteri del Senato USA nel 2022, ovvero il “Black Sea Security Act”, che sottolinea la necessità di una “presenza marittima stabile della NATO nel Mar Nero” , attraverso un accrescimento dell’assistenza militare, il miglioramento del coordinamento con l’UE e l’intensificazione delle relazioni economiche con i Paesi interessati.

A complicare lo scenario contribuisce, però, la mancanza di un consenso unanime degli Stati membri NATO che si affacciano sul Mar Nero (Turchia, Bulgaria, Romania). Mentre la Bulgaria ha di recente rivisto la propria posizione, schierandosi a favore di una maggiore presenza militare NATO nella regione, la Turchia , vale a dire l’attore militarmente più dotato, sembra portare avanti una posizione ambigua. Al contrario, la Romania è il Paese rivierasco che si è adoperato maggiormente per l’inserimento e il mantenimento del Mar Nero nell’agenda dell’Alleanza.

Per quanto riguarda la Turchia, la condotta di Alleato “sui generis” emerge emblematicamente da una serie di scelte che il Paese ha effettuato in materia di politica estera, commercio estero e difesa. In particolare, Ankara non ha aderito alle sanzioni adottate in seno al G7 e all’UE nei confronti della Russia, pur condannandola in sede ONU per aver violato la sovranità ucraina. L’intento della Turchia è parso, per certi versi, quello di proporsi come “mediatrice” fra le parti belligeranti, come è emerso dalla negoziazione del cosiddetto “accordo sul grano” attraverso il Mar Nero, oppure dalla facilitazione degli scambi di prigionieri tra Russia e Ucraina. Alla base di queste rilevanti iniziative turche vi sono, però, ragioni più profonde, antecedenti l’invasione russa del febbraio 2022 e inerenti principalmente alle ambizioni internazionali del Presidente Erdoğan: si tratta, essenzialmente, dell’intento di accrescere l’influenza regionale e globale del Paese, sfruttando, se necessario, anche le occasioni di intervento createsi in seguito all’inizio del conflitto.

In particolare, da una parte la Turchia non sottovaluta la possibilità che l’Ucraina possa costituire un argine all’espansione dell’influenza russa nella regione, soprattutto considerate le storiche contese turco-russe del Mar Nero. Dall’altra, altri fattori stemperano la nitidezza del posizionamento di Ankara. Tra questi, emergono il crescente interscambio commerciale tra Russia e Turchia e la cooperazione energetica in corso tra i due Paesi.

Inoltre, nell’ambito delle decisioni in materia di difesa, nel 2017 Ankara ha acquistato sistemi missilistici di difesa aerea S-400 di fabbricazione russa, incompatibili con i sistemi NATO e, quindi, non integrabili nella rete di difesa aerea dell’Alleanza. Ciò è valso alla Turchia l’espulsione dal programma di sviluppo degli F-35 e l’adozione di sanzioni da parte USA. Sempre gli S-400 sono stati, peraltro, al centro di un recente dibattito, che ha visto la Turchia rifiutarsi di trasferirli all’Ucraina su pressioni USA.

La gestione degli Stretti da parte turca si inserisce, poi, perfettamente in questo quadro. La navigazione ed il passaggio attraverso lo Stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara ed il Bosforo sono regolati dalla Convenzione di Montreux del 1936, la quale prevede che, in tempo di guerra, se la Turchia è neutrale, come in questo caso, non è consentito l’accesso al Mar Nero a navi da guerra dei Paesi belligeranti. Tuttavia, Ankara ha chiuso gli Stretti sia alle navi da guerra russe che alle unità militari di Paesi terzi, inclusi quindi i membri NATO, applicando una diversa disposizione del trattato, prevista per le circostanze che vedono Ankara parte del conflitto, oppure soggetta ad un imminente pericolo di guerra.

A complicare ulteriormente la posizione turca, è la possibilità esistente che la Turchia consenta il passaggio a navi mercantili russe che trasportano equipaggiamento e componentistica militare, garantendo, così, il proseguo dei rifornimenti per supportare lo sforzo bellico del Cremlino in Ucraina. Ai sensi della Convenzione di Montreux, la libertà di transito e di navigazione per le navi mercantili vengono difatti tutelate, anche nella fattispecie dell’imminente pericolo di guerra.

A questo punto, al fine di garantire un’effettiva sorveglianza NATO nel Mar Nero, è ipotizzabile che si faccia strada una interpretazione più vantaggiosa delle disposizioni della Convenzione. In un’ottica maggiormente favorevole, si potrebbe infatti considerare che, se da un lato l’accordo stabilisce che la Turchia possa impedire l’accesso al Mar Nero alle navi da guerra straniere e pone limiti stringenti al loro tonnellaggio, dall’altro non sottopone ad alcuna particolare condizione l’aumento delle capacità navali degli Stati rivieraschi . L’incremento della presenza navale della NATO nel Mar Nero potrebbe, pertanto, realizzarsi attraverso il rafforzamento della flotta di uno Stato Alleato rivierasco di fiducia, ossia un profilo che si allinea sempre meno alla posizione turca e si avvicina sempre più alla Romania. Quest’ipotesi sarebbe, difatti, supportata da fattori rilevanti come la stretta sinergia tra Romania e USA nello sviluppo di una strategia NATO per il Mar Nero e la relativa prossimità tra il porto di Costanza e la penisola della Crimea.

Per questa ragione, non è da sottovalutare il fatto che, dopo l’adozione del Nuovo Concetto Strategico NATO, la prima Conferenza dei Ministri degli Esteri della NATO si sia tenuta a Bucarest, nel novembre 2022. In questo contesto, l’ex Ministro degli Esteri rumeno Aurescu ha ricordato al Segretario di Stato USA Blinken come l’attività statunitense nella regione debba includere una componente economica rilevante, come peraltro previsto dallo stesso “Black Sea Act 2022”. Il fine principale di questa cooperazione economica sarebbe apparentemente quello di rafforzare lo status di importante rotta commerciale ed energetica del Mar Nero, ma, in realtà, quello degli USA va inteso come un tentativo eminentemente politico di coinvolgere maggiormente gli altri Stati rivieraschi nel piano strategico euro-atlantico. L’individuazione di un partner regionale affidabile come la Romania risulta, quindi, funzionale al perseguimento di questo obiettivo.

Al fine di valutare l’attendibilità dello scenario che potrebbe vedere la Romania incrementare la portata del proprio ruolo nel mantenimento in sicurezza delle acque del Mar Nero nel contesto della NATO, è importante innanzitutto considerare sia le capacità militari di cui è già in possesso il Paese, in particolare in ambito navale, sia le capacità di cui necessita al fine di poter effettivamente operare in tal senso.

A pochi mesi dall’invasione russa, la Romania si è preposta l’obiettivo di aumentare la spesa per la Difesa dal 2% circa al 2,5% del PIL a partire dal 2023. La priorità principale risulterebbe coincidere con il necessario processo di modernizzazione del complesso degli assetti in dotazione del Paese, come dimostra emblematicamente il recente acquisto di caccia F-16 dal Portogallo e dalla Norvegia e la volontà di acquisire presto gli F-35, per sostituire i vecchi MiG-21 di epoca sovietica.

Con particolare riferimento agli interessi promossi e difesi dalla Romania nel Mar Nero, al momento, confrontando le capacità esprimibili dagli assetti navali in dotazione e quelle necessarie a rispondere ad ogni possibile minaccia russa, ciò che emerge è l’esistenza di un gap capacitivo . Più nello specifico, sulla base delle possibilità della Marina rumena, le capacità necessarie allo scopo sarebbero principalmente quella di intelligence, di difesa antimissile e di sminamento marittimo. I recenti piani di acquisizione mostrano come siano proprio queste capacità a voler essere potenziate. A tal proposito, il Ministero della Difesa rumeno ha richiesto il sostegno del Parlamento per tre programmi in particolare, che includono l’acquisto di nuove cacciamine e il generale miglioramento dei sistemi di sminamento, nuovi sottomarini e, infine, l’ammodernamento delle corvette e delle annesse capacità di difesa antimissile.

In quest’ottica vanno anche interpretati i recenti acquisti di 50 missili antinave NSM per la difesa costiera, 54 sistemi M-142 HIMARS, nonché diversi missili superficie-superficie ATACMS Block-1, il cui uso in ambito navale è già stato sperimentato dagli USA e permetterebbe di esercitare una capacità di interdizione nelle acque prospicenti la costa del Mar Nero.

Inoltre, nel piano di acquisizione rientrano anche quattro corvette Gowind-2500 e due sottomarini tattici classe Scorpène dalla Francia, con cui la Romania ha stretto un partneriato strategico volto a sviluppare le sue capacità navali, facendo affidamento sul know-how industriale francese e sulla credibilità operativa della sua Marina. Tuttavia, sotto il profilo dell’industria della Difesa, l’intesa in ambito navale tra Romania e Francia arranca a causa del protrarsi di disaccordi finanziari tra le due società coinvolte nella fabbricazione delle corvette (il gruppo cantieristico francese Naval Group e quello rumeno Constanța Shipyard). A riprova di ciò, nel giugno scorso, il Ministero della Difesa rumeno ha lanciato “un ultimatum” al gruppo navale francese per finalizzare il contratto quanto prima, minacciando di affidarsi ad un partner alternativo in caso di mancata ottemperanza, identificato per il momento con l’azienda olandese Damen. Il terzo contendente nella gara di appalto del 2019 per la fornitura delle corvette era, infine, l’italiana Fincantieri, alla quale la Romania continua a guardare con favore. La prospettiva di una più stretta sinergia nel settore cantieristico tra Italia e Romania non è, infatti, da sottovalutare, soprattutto considerata la presenza di Fincantieri nel Paese da diversi anni, attraverso la controllata VARD e l’investimento di oltre 150 milioni di euro nei cantieri di Tulcea e Brăila, ora tra i più tecnologicamente avanzati d’Europa.

Ultimo ma non meno importante, la crisi in corso tra Naval Group e il Ministero della Difesa rumeno potrebbe compromettere anche il recente piano di acquisto dei sottomarini Scorpène, che andrebbero a sostituire l’unico sommergibile in dotazione della Marina rumena, ovvero Delfinul, modello sovietico classe Kilo non più adatto alla navigazione. Potrebbe essere, quindi, a rischio anche la prospettiva di un maggior numero di sottomarini della NATO operanti nel Mar Nero, che permetterebbero all’Alleanza una maggiore capacità militare regionale.

In conclusione, nell’attuale scenario di accresciuta rilevanza strategica del Mar Nero, la NATO si è proposta il chiaro intento di rinforzare il proprio fianco sud-est. A tal fine, la Romania risulta essere lo Stato membro rivierasco che più insiste sulla centralità del Mar Nero nell’agenda dell’Alleanza, con il chiaro intento di contribuire ancora più attivamente alla difesa collettiva dell’area. A questo scopo è orientata anche la sua opera di rinnovamento dell’assetto navale, che costituisce anche una interessante opportunità per i principali gruppi cantieristici europei.

La principale criticità derivante dall’accrescimento necessariamente graduale del ruolo e delle capacità rumene nel Mar Nero consiste nella possibilità che la competizione tra Romania e Turchia possa crescere, soprattutto vista l’indisponibilità turca a cedere il proprio status di maggiore potenza militare NATO della regione. D’altra parte, la complessiva architettura di sicurezza dell’Alleanza nell’area ne trarrebbe indubbiamente beneficio, uscendone consolidata e potendo contare su un partner regionale che, proprio a tal fine, ha l’ambizione di continuare a destinare una cospicua quota della spesa pubblica al settore della difesa.

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