Come gli Stati africani hanno reagito all’invasione russa dell’Ucraina
Africa

Come gli Stati africani hanno reagito all’invasione russa dell’Ucraina

Di Chiara Artioli
25.03.2022

A seguito dell’invasione russa della Ucraina, le reazioni dei Paesi africani sono state differenti: alcuni hanno criticato apertamente Mosca, molti sono rimasti più contenuti e altri non si sono espressi. In generale, è emerso come nel continente africano non vi sia stata una presa di posizione netta nei confronti dell’invasione russa. Al contrario dei Paesi occidentali, che hanno reagito in modo compatto, mettendo in atto sanzioni senza precedenti contro la Russia, i Paesi africani non hanno dimostrato un’unità coesa, facendo emergere una tendenza alla neutralità e mettendo in evidenza, in alcuni casi, la crescente influenza della Russia sul continente.

Nelle organizzazioni internazionali, la condanna all’aggressione russa è stata largamente condivisa: nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i tre Paesi rappresentanti dell’Africa, Gabon, Ghana e Kenya, hanno dimostrato unità, condannando apertamente l’invasione. Stessa cosa a livello regionale, con l’Unione Africana e l’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale), che hanno denunciato l’aggressione. Tuttavia, il 2 marzo, durante la sessione di emergenza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, molti Paesi africani si sono astenuti dal votare la risoluzione con cui si chiedeva a Mosca di cessare immediatamente l’uso della forza e di ritirare le sue unità militari. In particolare, tra i Paesi astenuti vi sono Algeria, Angola, Burundi, Repubblica Centroafricana, Congo, Guinea Equatoriale, Mali, Madagascar, Namibia, Mozambico, Senegal, Sudafrica, Sudan, Sud Sudan, Zimbabwe, Uganda, Tanzania.

Otto, inoltre, non hanno partecipato alla votazione: Burkina Faso, Camerun, Eswatini (ex Swaziland), Etiopia, Guinea, Guinea Bissau, Marocco e Togo. Spicca, poi, l’Eritrea che si è unita a Bielorussia, Siria e Corea del Nord nel votare contro la risoluzione e sostenendo quindi apertamente l’azione militare della Russia. Il voto dell’Assemblea generale non è legalmente vincolante, ma ha un significativo peso politico: da un lato, dimostra l’orientamento dei singoli Paesi membri, dall’altro può rappresentare un messaggio di unità da parte della Comunità Internazionale. In questo caso, è chiaro come l’assenza di un fronte comune evidenzi una pesante frantumazione in atto all’interno del continente africano e la presenza di Paesi che guardano sempre più alla Russia come punto di riferimento.

I rapporti tra la Russia e alcuni Paesi africani risalgono agli anni della Guerra Fredda, durante i quali Mosca ha sostenuto molti movimenti di liberazione nazionale, come il Partito Comunista Sudafricano, legato all’African National Congress, o il FRELIMO, Fronte di liberazione del Mozambico, o il SWAPO, Organizzazione del Popolo dell’Africa del Sud-Ovest, in Namibia, presentandosi quindi come un’alternativa ideologica ed economica al modello occidentale. Dopo la fine della Guerra Fredda e il crollo dell’Unione Sovietica, i legami tra la Russia, in uno stato di caos economico, politico e sociale, e il continente africano si sono ridotti, dovendo il Cremlino concentrandosi sulla propria politica interna.

All’inizio degli anni 2000, però, la Russia è riemersa come crescente potenza globale, guardando all’Africa con grandi interessi strategici. In quegli anni, la leadership russa ha ampliato la cooperazione con le organizzazioni regionali africane, soprattutto l’Unione Africana, e i legami commerciali con singoli Paesi africani. É negli ultimi anni, però, che la presenza russa nel continente si è intensificata, e alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina appare sempre più concreto il progetto strategico di Putin di trovare alleati nel continente africano, compensando il progressivo isolamento economico e politico da parte dell’Occidente. Inoltre, il recente posizionamento dei Paesi nei confronti delle azioni militari russe è un chiaro segnale di come l’influenza russa abbia raggiunto parzialmente il suo obiettivo strategico.

La Russia è divenuta un partner significativo per l’Africa. Offrendo supporto economico e militare, soprattutto attraverso i mercenari del Wagner Group, la Russia ha aumentato la propria influenza in diverse aree del continente, quali Mali, Repubblica Centroafricana, Sudan e Mozambico. Si tratta di aree caratterizzate da un alto livello di instabilità e insicurezza, travolte da violente insurrezioni jihadiste e golpe militari, dove la Russia è riuscita a insediarsi come partner alternativo all’Occidente e alla Cina. Questi Paesi, inoltre, non a caso, si sono astenuti dal votare la Risoluzione del 2 marzo. In particolare, la Russia ha firmato, negli ultimi anni, molti accordi bilaterali con diversi Paesi africani: oltre alla vendita di armi, gli accordi prevedono invio di truppe militari e/o mercenarie sul territorio e addestramento congiunto delle truppe.

Inoltre, sono molte le società energetiche statali russe che investono massicciamente nei settori petrolifero, del gas e nucleare nel continente africano. Simbolo e indicatore della ormai consolidata strategia espansionista della Russia nel continente africano è stato il primo vertice Russia-Africa, nel 2019, a Sochi, nella Russia meridionale, a cui hanno partecipato 47 delegazioni africane e in cui sono stati sistematizzati e approfonditi gli accordi di cooperazione, soprattutto in materia di sicurezza.

Putin si è sempre distinto dall’Occidente, offrendo forme di sostegno diverse, non legate alla promozione di modelli democratici ed al rispetto dei diritti umani. Ad esempio, per comprendere la posizione dell’Eritrea, che si è allineata alla Russia, occorre approfondire il contesto politico-sociale del Paese. Alla guida dell’Eritrea vi è il Presidente Isaias Afwerki, in carica dal 1993, anno dell’indipendenza del Paese dall’Etiopia. Lo Stato eritreo è noto per essere un regime dittatoriale repressivo e liberticida, senza un sistema di stato di diritto e senza rispettare la Costituzione.

Il Paese è coinvolto nell’attuale conflitto del Tigray in Etiopia, una delle più gravi crisi del continente africano, che ha portato gli Stati Uniti e l’Ue a imporre sanzioni contro l’esercito eritreo, accusato di violazioni di diritti umani, il partito al governo ed entità collegate. Votando a favore della Russia, il governo eritreo può assicurarsi sia un aiuto militare da parte del Cremlino, soprattutto in termini di maggiore fornitura di armi, sia un aiuto economico, consentendogli di ammortizzare le sanzioni. Sempre che, ovviamente, viste le pesanti sanzioni a cui è stata sottoposta, la Russia sia ancora in grado di sostenere i costi che questo comporta.

Proprio lo scorso 7 febbraio, il Presidente Afwerki ha incontrato Mikhail Bogdanov, rappresentante speciale del Presidente Putin per il Medio Oriente e l’Africa. Un incontro che ha sancito la disponibilità della Federazione Russa per una cooperazione con l’Eritrea e una posizione comune contro le interferenze esterne e le sanzioni illegittime. Vi è, poi, il caso del Sudafrica. Il 24 febbraio, il giorno dell’invasione russa, il ministero degli Esteri sudafricano, Naledi Pandor, ha esortato la Russia a ritirare immediatamente le sue forze militari e a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina. Tuttavia, il Sudafrica si è poi astenuto al voto durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mantenendo una posizione neutrale, provocando grandi proteste nel Paese.

In particolare, il Presidente Cyril Ramaphosa ha giustificato la sua posizione sostenendo che la risoluzione non metteva in primo piano la richiesta di un impegno significativo di Russia e Ucraina per risoluzione pacifica della crisi.

Successivamente, giovedì 10 marzo, in un tweet, il Presidente Ramaphosa ha dichiarato che gli è stato chiesto di aiutare a mediare nella crisi Russia-Ucraina, senza fornire maggiori dettagli. È importante ricordare che l’African National Congress, partito al governo del Sudafrica, ha vecchi legami con la Russia, alleato chiave nella lotta contro l’apartheid e lo stesso Sudafrica appartiene al gruppo BRICS, di cui fanno parte Russia, Brasile, India e Cina. Con le sue dichiarazioni, il Sudafrica dimostra di voler mantenere relazioni cordiali e amichevoli con la Russia.

Per comprendere le ragioni dei posizionamenti africani riguardo alla guerra russo-ucraina, è necessario esaminare anche i timori riguardo alle conseguenze economiche sul Continente.

Per alcuni Paesi africani le conseguenze della guerra hanno prospettive devastanti dal punto di vista economico. Si tratta di Paesi, come il Kenya o la Somalia, che dipendono fortemente dalle importazioni dalla Russia dei prodotti agricoli, soprattutto per quanto riguarda i cereali.

Inoltre, occorre tener presente come gli Stati africani stiano ancora subendo le gravi conseguenze dovute alla pandemia da Covid-19.

Allo stesso tempo, alcuni Paesi esportatori di gas naturale, come Nigeria e Angola, ma anche Tanzania e Senegal, si trovano nelle condizioni di poter trarre vantaggio dalla necessità ei Paesi importatori di energia di diversificare le forniture ed abbassare le quote russe del proprio fabbisogno.

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