Accordo USA-Corea del Sud: scenari e prospettive del prossimo vertice
Con un giorno di anticipo rispetto alla scadenza fissata per il 1° agosto, Stati Uniti e Corea del Sud hanno raggiunto un accordo commerciale, molto simile a quello fra UE e USA, che prevede l’introduzione di dazi del 15% sui beni sudcoreani esportati verso il mercato statunitense, compresi quelli appartenenti ai settori chiave come l’automobilistico e quello dei semiconduttori. Tuttavia, resta invariata l’aliquota del 50% su acciaio, alluminio e rame. Sul fronte degli investimenti, Seul si è impegnata a mobilitare risorse per un totale di 350 miliardi di dollari verso gli Stati Uniti. Sebbene non sia ancora chiaro se tali fondi rappresentino investimenti nuovi o riallocazioni di capitali già previsti, l’accordo specifica una ripartizione significativa: 200 miliardi saranno destinati a settori strategici come semiconduttori, batterie e biotecnologie, mentre 150 miliardi saranno indirizzati alla costruzione navale. A questi si aggiunge un ulteriore impegno di 100 miliardi di dollari nel settore del gas naturale liquefatto (GNL).
Nonostante la Corea del Sud abbia avviato i colloqui commerciali con mesi di ritardo rispetto ad altri partner regionali, a causa delle incertezze politiche interne, l’accordo raggiunto può essere valutato come un risultato soddisfacente tenendo conto dei vincoli imposti dal contesto. In particolare, essendo già in vigore l’accordo di libero scambio KORUS FTA tra i due Paesi, i dazi sui prodotti statunitensi erano relativamente bassi, limitando così i margini di manovra della Corea del Sud nel concedere ulteriori riduzioni tariffarie. Da questo punto di vista, le aliquote accordate, in linea con quelle applicate a Giappone, Unione Europea e altri alleati chiave, rappresentano verosimilmente il miglior margine di manovra che la Corea del Sud potesse ottenere.
Tuttavia, non mancano elementi di potenziale frizione, che potrebbero essere discussi durante l’incontro previsto per il 25 agosto tra il Presidente Donald Trump e il Presidente sudcoreano Lee Jae-myung. Uno dei nodi irrisolti riguarda il settore agricolo, in particolare il mercato del riso e della carne, per i quali Trump chiede una maggiore apertura. Sebbene Lee abbia rivendicato il mantenimento delle barriere sull’agricoltura come una vittoria politica interna, finalizzata a proteggere le quote di mercato degli agricoltori locali, l’assenza di un’intesa formale su questo fronte lascia aperta la possibilità di futuri compromessi. Va inoltre sottolineato che il settore agricolo, pur avendo un peso simbolico e sociale rilevante, rappresenta solo il 2% del PIL sudcoreano: questo potrebbe renderlo una merce di scambio negoziale, qualora si rendessero necessari compromessi su altri punti di maggiore impatto economico. In tal senso, non è da escludere che Trump torni a minacciare un aumento dei dazi nei settori dove gli Stati Uniti ritengono di avere ancora uno squilibrio commerciale o che potrebbero favorire un migliore accordo per Washington. Un esempio è il settore dell’automotiva, per il quale la Corea del Sud ha espresso la necessità di definire un orizzonte temporale per l’entrata in vigore della riduzione dei dazi, previsti al 15%, ma attualmente ancora fissati al 25%. Il mantenimento provvisorio di questa soglia sembra offrire a Trump un margine negoziale che potrebbe essere utilizzato per ottenere concessioni in altri settori, come quello digitale. In particolare, la legge Monopoly Regulation and Fair Trade Act (MRFTA), normativa sudcoreana da tempo oggetto di critiche da parte di Washington poiché considerata vantaggiosa per le aziende cinesi operanti nel Paese a scapito di quelle americane, non risulta essere stata finora oggetto di una trattativa esplicita. Tuttavia, non è da escludere che possa rientrare nei termini della negoziazione in una fase successiva. L’incontro del 25 agosto potrebbe anche rappresentare l’opportunità per Trump di richiedere ulteriori impegni economici per il mantenimento della presenza militare americana nel Paese.
Dato il quadro attuale, un fattore da non sottovalutare riguarda il posizionamento pragmatico di Seul in politica estera, ulteriore possibile motivo di tensione bilaterale con Washington. Se da un lato, infatti, la politica estera dell’esecutivo di Lee Jae-myung resta prudente nel non alienare l’alleato statunitense, dall’altro manifesta tiepidi segnali di apertura verso Pyongyang e Pechino. Questa posizione riflette l’impostazione pragmatica e bilanciata della nuova amministrazione, che si rivela anche nella scelta di nominare a ruoli chiave figure dai profili contrapposti. Lee ha infatti scelto Wi Sung-lac, figura pro-alleanza statunitense, come consigliere per la sicurezza nazionale, mentre ha nominato Lee Jong-seok, favorevole ad un’autonomia strategica e un riavvicinamento con Pyongyang, alla guida del servizio di intelligence.
L’orientamento della nuova amministrazione sudcoreana verso una graduale normalizzazione dei rapporti con la Corea del Nord, si presenta in linea con i precedenti Governi del Partito Democratico di Corea. In questa direzione si collocano segnali come la sospensione delle trasmissioni propagandistiche tramite altoparlanti e l’allentamento delle restrizioni tra i cittadini dei due paesi. Tuttavia, resta incerto l’impatto di tali aperture, poiché percepite come concessioni unilaterali ad una Corea del Nord che finora si è opposta ad ogni tentativo di dialogo. Nei confronti della Cina, questo approccio appare per ora più contenuto. Alla luce dell’incertezza dei dazi e delle clausole non risolte sul settore automobilistico e agricolo, è probabile che Seul continui a coltivare un rapporto di cooperazione strategica con Washington, cercando al contempo di ottenere il massimo sul piano negoziale. Tuttavia, le posizioni espresse da Lee prima delle elezioni e ribadite nella recente telefonata tra i Ministri degli Esteri della Cina e della Corea del Sud, lasciano intravedere la possibilità di un graduale riavvicinamento con Pechino, specie se le pressioni commerciali americane dovessero diminuire.
In conclusione, in un contesto di crescenti pressioni, la Corea del Sud adotta una strategia di equilibrio pragmatico: rafforzare il legame con Washington, senza chiudere del tutto la porta a Pyongyang e Pechino. L’accordo commerciale riflette questo approccio, ma lascia incerti temi rilevanti, dai dazi al digitale, fino alla questione agricola. La prossima visita a Washington sarà un banco di prova per valutare la tenuta di questa linea e comprendere quali margini di autonomia Seul abbia effettivamente a sua disposizione. Una strategia multilaterale resta percorribile, ma non priva di costi.