ATLAS#7 Il ritorno della Pirateria
Nel Focus di ATLAS di questa settimana parliamo di:
Il ritorno della pirateria
Gli altri approfondimenti sui fatti di politica internazionale:
LIBANO: il Primo Ministro Hariri si dimette dopo due settimane di proteste
MALI: Daesh colpisce la base di Indelimane
LIBANO: il Primo Ministro Hariri si dimette dopo due settimane di proteste
A due settimane dall’inizio di proteste antigovernative di portata nazionale, il Primo Ministro libanese Hariri ha annunciato le sue dimissioni lo scorso martedì 29 ottobre. Ora il Presidente Aoun, dopo tentativo fallito, il 1 novembre, di presentarsi come super partes e garante delle istanze della piazza, dovrà condurre una serie di consultazioni con i vari partiti al governo per poi indicare il nuovo Primo Ministro che, secondo la legge, deve essere un sunnita. Non è escluso che lo stesso Hariri possa ricoprire di nuovo la carica dopo aver trovato un accordo con i partiti.
Tuttavia, questo passaggio si presenta piuttosto complesso e denso di incognite. Nonostante lo stesso Premier avesse annunciato nella giornata di lunedì 21 un pacchetto di riforme economiche per tentare di risanare le finanze nazionali, il progetto non è stato accettato né dalla popolazione, la quale domandava un ricambio totale della classe dirigente, né dalla compagine governativa, in quanto la riforma prevedeva un dimezzamento degli stipendi degli alti funzionari e la lotta alla corruzione.
La causa delle proteste, che hanno riunito milioni di persone appartenenti alle diverse componenti etniche e religiose della nazione, è da ricercarsi nella precaria situazione economica e nella conseguente introduzione di misure di austerità che hanno ulteriormente impoverito la popolazione. Nelle manifestazioni di piazza, i cittadini indicano nella corruzione della classe dirigente libanese il motivo principale degli alti livelli di disoccupazione e la fatiscenza delle infrastrutture pubbliche. Quello che i manifestanti mettono in discussione è lo stesso sistema politico etnico-confessionale, che è alla base dell’assetto familistico-ereditario libanese e che impedisce un effettivo ricambio nella classe politica.
Anche se le proteste rimangono per lo più trasversali, nei giorni immediatamente precedenti alle dimissioni di Hariri si sono verificati scontri tra i manifestanti e l’apparato di sicurezza di Hezbollah e del suo principale alleato politico, il Movimento Amal. I due partiti infatti si sono fortemente opposti sia alle proteste, che sospettano essere finanziate da Paesi stranieri, che alle dimissioni dell’attuale governo di unità nazionale, a cui partecipano. Infatti, per Nasrallah, il capo politico del partito sciita Hezbollah, un’uscita del suo partito dal governo significherebbe non solo una perdita di legittimità istituzionale, ma anche una riduzione dei suoi finanziamenti, già magri a causa delle ristrettezze economiche in cui versa l’Iran, e quindi un pericoloso indebolimento del suo sistema clientelare.
MALI: Daesh colpisce la base di Indelimane
Il 1 novembre, lo Stato Islamico ha attaccato la base militare di Indelimane, nella provincia meridionale di Gao, provocando la morte di circa 50 soldati maliani.
L’attentato, uno dei più sanguinosi nella storia del Paese, rappresenta l’immediata risposta dell’organizzazione terroristica all’uccisione del suo leader Abu Bakr al-Baghdadi, avvenuta in Siria lo scorso 26 ottobre. Infatti, il massiccio attacco ai militari maliani impegnati nelle attività di contrasto al terrorismo jihadista nella vasta regione del Sahel aveva lo scopo di sottolineare come l’organizzazione sia ancora forte e strutturata nonostante la morte di al-Baghdadi.
Particolarmente indicativo il fatto che l’attacco sia avvenuto in Mali, un Paese dove è il network di al-Qaeda a vantare una presenza più capillare e radicata sul territorio. In questo senso, l’attentato di Indelimane non è solo un messaggio ad Europa, Stati Uniti e governi africani della regione, ma anche al potenziale bacino di reclutamento del Sahel e alla stessa al-Qaeda. In Africa, la competizione tra al-Qaeda e lo Stato Islamico è sempre più serrata e spazia dal Maghreb fino alla Repubblica Democratica del Congo. Nonostante nel Sahel il network qaedista usufruisca del supporto di molte realtà etniche subordinate ed emarginate, come i Tuareg ed i Fulani, lo Stato Islamico cerca di incrementare gradualmente il proprio raggio d’azione. Sinora, le sue attività principali avevano colpito le regioni occidentali e meridionali del Niger e soltanto sporadicamente il Mali e il Burkina Faso. Con l’attentato di Indelimane, lo Stato Islamico irrompe nello scenario maliano con maggior vigore ed innalza il tiro della propria strategia in tutto il Sahel, determinando un significativo incremento nella minaccia all’intero processo di stabilizzazione regionale e alla sicurezza delle istituzioni e dei cittadini sia locali che occidentali.
Inoltre, occorrerà comprendere il significato politico della rivendicazione dell’attentato, effettuata dalla provincia dello Stato Islamico in Africa Occidentale, meglio conosciuta come Boko Haram e sinora attiva nel sud del Niger e del nord della Nigeria, e non dalla provincia del Grande Sahara, più presente in Mali e Burkina Faso. Nel caso in cui fosse confermata la rivendicazione della provincia di Daesh in Africa occidentale, ci si troverebbe difronte ad una importante novità nello scacchiere insurrezionale e terroristico africano, visto che mail il gruppo si era spinto tanto a nord nella sua conduzione delle sue operazioni.