Si riaccende il conflitto in Nagorno-Karabakh
Russia e Caucaso

Si riaccende il conflitto in Nagorno-Karabakh

Di Francesca Ferro
21.09.2023

Il 19 settembre, l’Azerbaijan aveva avviato una “operazione antiterrorismo” nell’enclave armena del Nagorno Karabach (ovvero l’auto-dichiaratasi indipendente Repubblica dell’Artsakh) con lo scopo ufficiale di sopprimere le presunte provocazioni dei separatisti locali e ripristinare l’ordine costituzionale. Gli attacchi azeri hanno colpito la città di Stepanakert (principale centro urbano della ragione e “capitale” dell’Artsakh), neutralizzando alcune posizioni di combattimento, sistemi di guerra elettronica e altri target militari appartenenti alle unità militari locali. Tuttavia, alcuni dei bombardamenti hanno colpito obiettivi civili. Formalmente, l’intervento azero è stato giustificato come rappresaglia per la morte di quattro militari e due civili avvenuta a seguito dell’esplosione di una mina nel distretto di Khojavend.

Da par suo, il Primo Ministro armeno Pashinyan ha dichiarato di non voler rispondere militarmente all’attacco per evitare i rischi di escalation e nella consapevolezza dell’inferiorità militare delle Forze Armate armene. L’operazione militare azera è cessata grazie alla mediazione del contingente di peacekeeping russo , che ha facilitato l’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’avvio di nuovi negoziati di pace e la deposizione delle armi da parte dei separatisti.

Il momentaneo compromesso raggiunto da Yerevan e Baku rappresenta una vittoria evidente per l’Azerbaigian e la Russia. Il primo perché, tramite un’azione di forza è riuscito a dimostrare la sua superiorità militare, ottenuta anche grazie al supporto della Turchia , e ad ottenere la deposizione delle armi da parte dei separatisti del Nagorno. Parallelamente, Mosca ha dimostrato di disporre ancora di efficaci strumenti di proiezione in una regione dove, nel corso degli ultimi anni, sembrava aver perso influenza. Infatti, Mosca, a causa del conflitto in Ucraina, aveva trascurato il dossier caucasico, spingendo l’Armenia a cercare un nuovo partner e un nuovo garante dei propri interessi negli Stati Uniti, con i quali, pochi giorni prima dell’attacco azero, aveva svolto esercitazioni militari congiunte.

Nonostante il cessate il fuoco rappresenti un segnale positivo per il parziale della crisi , il futuro della questione del Nagorno resta alquanto incerto. Da un lato, sussistono le condizioni per trovare un compromesso pacifico, a partire dal riconoscimento e dalla tutela dei diritti politici e civili degli armeni del Nagorno, dall’altro bisognerà verificare la volontà di apertura del governo azero. Sotto il profilo internazionale, la Russia potrebbe avere interesse verso la stabilizzazione della regione, sia momentanea che duratura, allo scopo di evitare l’apertura di un nuovo fronte di instabilità nel suo vicinato. Per quanto riguarda l’Unione Europea, anch’ essa è sostenitrice della stabilizzazione regionale allo scopo della tutela dei molti interessi economici che la legano a Baku. Infatti, l’UE è il principale partner commerciale dell’Azerbaijan (52% dell’interscambio totale), soprattutto a causa sull’esportazione di gas naturale e petrolio, divenuto ancora più importante a seguito dello stop dell’import russo.

In attesa dell’avvio dei nuovi negoziati, permane un forte senso di incertezza. Questo perché la vicendevole retorica nazionalistica di azeri e armeni , le tensioni socio-politiche, la fragilità del governo armeno, l’assertività del governo azero e la crisi umanitaria in Nagorno, aggravata dalla chiusura azera del corridoio di Lachin, sono tutti fattori che ostacolano la stabilità e aumentano i rischi di nuove escalation del conflitto.

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