Shanghai Cooperation Organization: un nuovo tassello nella politica estera saudita
Medio Oriente e Nord Africa

Shanghai Cooperation Organization: un nuovo tassello nella politica estera saudita

Di Federica Curcio
03.04.2023

Il 29 marzo, il governo dell’Arabia Saudita ha ufficialmente deciso di avviare le procedure per entrare a far parte della Shanghai Cooperation Organization (SCO), l’organismo intergovernativo volto a creare dialogo e cooperazione di sicurezza tra i suoi membri dell’Eurasia. Dal punto di vista saudita, l’iniziativa enfatizza, ancora una volta, gli interessi di Riyadh verso l’Asia e s’inserisce nella volontà del Regno, ed in generale degli Stati del Golfo, di avviare una politica sempre più multilaterale e di diversificazione delle proprie partnership internazionali, soprattutto in chiave economica e commerciale.

La SCO viene istituita nel 2001 come organizzazione intergovernativa dai capi di Stato di Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan per consolidare la cooperazione per la sicurezza, economica e culturale nell’area asiatica. Tuttavia, negli ultimi anni gli Stati del Golfo hanno cominciato a volgere lo sguardo verso la SCO nella prospettiva dei crescenti scambi commerciali e delle relazioni economiche tra il Golfo e il continente asiatico nel suo complesso: nel 2022, l’Iran è stato accettato come membro a pieno titolo, il Qatar come partner di dialogo, mentre Emirati Arabi Uniti (EAU), Bahrain e Kuwait hanno cominciato il processo di adesione all’organizzazione. Riyadh, in particolare, si era assicurata formalmente lo status di partner di dialogo della SCO – primo e più basso livello di membership secondo la gerarchia dell’organizzazione – a settembre 2022 in occasione del vertice di Samarcanda, facendo della decisione del gabinetto saudita un atto puramente procedurale mirato a concretizzare i termini dell’adesione discussi in occasione della visita del Presidente cinese Xi Jinping in Arabia Saudita lo scorso dicembre 2022.

Entrando a far parte della SCO, dunque, l’Arabia Saudita compie un passo significativo verso l’apertura a nuovi mercati, orizzonti operativi e potenziali partner in Asia. Un discorso che guarda soprattutto – ma non soltanto – verso la Cina, che si pone come perno multipolare della rivisitata politica estera saudita, in campo energetico ed economico. La portata della cooperazione sino-saudita, grazie alla comprehensive strategic partnership stretta tra Riyadh e Pechino a dicembre, si è infatti ampliata negli ultimi mesi, estendendosi dagli scambi energetici agli investimenti in infrastrutture, comunicazioni, alta tecnologia, industria, finanza e trasporti. Il Regno degli al-Saud è oggi il principale partner commerciale della Cina in Medio Oriente ed il suo maggiore fornitore di greggio (27% delle esportazioni totali nel 2021), ruolo che Riyadh ha recentemente rafforzato grazie agli importanti accordi di Saudi Aramco – la compagnia petrolifera nazionale – con due società cinesi del comparto (NORINCO Group e Panjin Xincheng) per la costruzione di una raffineria nel nord-est del Paese, oltre all’acquisizione del 10% della società di raffinazione cinese Rongsheng Petrochemical Co. per 3,6 miliardi di dollari. Una più solida cooperazione in campo energetico potrebbe anche spianare la strada all’uso dello yuan negli scambi del settore, finora dominati dal dollaro cui la valuta saudita è oggi ancorata: Pechino ha più volte ribadito la volontà di condurre gli scambi commerciali usando la sua valuta locale attraverso la piattaforma Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange, idea che Riyadh ha mostrato di non disprezzare. La SCO in quanto forum di cooperazione economica potrebbe influire su questa possibilità aprendo a Riyadh le porte di nuovi mercati e progetti infrastrutturali e quindi a nuovi flussi finanziari.

Tuttavia a causa delle diversità e delle rivalità tra i membri (la persistente rivalità tra Cina e India su tutte) e del modello di funzionamento basato sul consenso, la SCO si configura più come forum di discussione che come un sistema di alleanze regionali ed è quindi ancora troppo debole per giocare un ruolo incisivo nell’area mediorientale. Dal punto di vista delle relazioni sino-saudite, però, esserne parte implica e segnala la volontà dell’Arabia Saudita di intensificare i legami con Pechino, soprattutto – e per ora esclusivamente – dal punto di vista economico. In questa prospettiva la partecipazione di Riyadh all’organizzazione non dovrebbe incidere sulle relazioni con gli Stati Uniti, che stanno assistendo all’intensificarsi delle interazioni orientali del Regno – ultima tra tutte la mediazione cinese nel disgelo tra Arabia Saudita e Iran.

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