Shabaz Sharif è il nuovo Primo Ministro del Pakistan
Asia e Pacifico

Shabaz Sharif è il nuovo Primo Ministro del Pakistan

Di Francesca Manenti
12.04.2022

Nella giornata dell’11 aprile, il Parlamento pakistano ha eletto Shabaz Sharif nuovo Primo Ministro. La scelta di un nuovo capo dell’esecutivo si era resa necessaria in seguito al voto di sfiducia contro l’ormai predecessore, Imran Kahn, deposto su volere di 174 su 342 membri dell’Assemblea Nazionale. Il passaggio parlamentare per votare la sfiducia avrebbe dovuto svolgersi ad inizio mese, ma la prospettiva di essere rimosso dall’incarico aveva allora spinto l’ex Premier a provare a giocare di anticipo e chiedere il supporto dello Speaker del Parlamento, Qasim Suri, e del Presidente, Arif Alvi (entrambi membri del partito di Khan Pakistan Tehreek-e-Insaf – PTI) per annullare la sessione di voto e successivamente sciogliere l’Assemblea Nazionale. Tuttavia, la Corte Costituzionale, interpellata dalle opposizioni, aveva dichiarato illegale entrambe le decisioni e aveva ripristinato il Parlamento.

Uscito vincitore dalle elezioni del 2018, Khan aveva progressivamente assistito all’indebolimento della propria coalizione di governo, a causa della defezione di alcuni parlamentari in favore dei partiti di opposizione, il Pakistan Muslim League-Nawaz (PML-N) e il Pakistan People’s Party (PPP). L’ex Primo Ministro sembra aver scontato l’aggravamento delle condizioni economiche nel corso degli ultimi due anni, la mancanza di incisività in politica estera e un’intensificazione degli episodi di violenza a matrice radicale all’interno del Paese.

La rimozione del leader del PTI e la nomina di Sharif, però, potrebbe non portare ad una rapida conclusione della crisi interna, ma solo all’inizio di un nuovo capitolo. Nell’immediato, infatti, Sharif è chiamato a formare un nuovo esecutivo, che dovrebbe portare il Pakistan fino alle prossime elezioni, previste per il 2023. Fratello minore dell’ex Primo Ministro, Nawaz Sharif, è stato Governatore della ricca regione del Punjab e può contare su un nutrito network di rapporti politici ed economici all’interno del quale eventualmente individuare figure chiave da inserire all’interno della nuova squadra di governo, per cercare di garantirsi un’efficienza che potrebbe pagare in termini di consenso elettorale in vista del prossimo anno. Tuttavia, il nuovo governo rischia di doversi confrontare con una situazione di instabilità interna, che potrebbe determinare variabili fuori dal controllo del nuovo Primo Ministro. Dopo l’annuncio della rimozione di Khan, infatti, decine di migliaia di sostenitori sono scesi in strada in tutto il Paese per protestare contro l’esautoramento del leader del PTI. Allo stesso tempo, i parlamentari eletti del PTI hanno rassegnato le proprie dimissioni e hanno annunciato l’intenzione di boicottare le prossime elezioni. Il mancato riassorbimento della crisi potrebbe portare ad un’accentuazione della polarizzazione della dialettica politica, che a sua volta aggraverebbe l’instabilità interna. In questo contesto, una variabile che sembra destinata ad avere un ruolo importante in questa fase di transizione è la posizione dell’Esercito, da sempre deus ex machina degli equilibri interni al Paese. L’appoggio, anche tacito, dell’establishment militare, infatti, sarebbe fondamentale al nuovo Primo Ministro per scongiurare che un’eventuale continuazione delle proteste di massa possa spingere i militari a fare un passo avanti e a prendere il controllo del Paese, in nome della sicurezza nazionale. Non è possibile escludere che l’Esercito voglia assicurarsi il controllo degli sviluppi interni, specialmente in una fase in cui gli interessi strategici del Paese rischiano di essere messi in discussione a causa dall’evoluzione in corso all’interno della regione, in primis nel vicino Afghanistan.

Dopo il voto di sfiducia che ha deposto Imran Khan, l’Assemblea Nazionale ha nominato un nuovo Primo Ministro, ma la crisi politica potrebbe essere entrata solo in una nuova fase.

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