Sahara Occidentale: il Marocco ottiene una vittoria diplomatica all’ONU
Medio Oriente e Nord Africa

Sahara Occidentale: il Marocco ottiene una vittoria diplomatica all’ONU

Di Alice Balan
13.11.2025

Il 31 ottobre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che rafforza la posizione diplomatica del Marocco nel dossier del Sahara Occidentale, riconoscendo che una forma di autonomia sotto sovranità marocchina potrebbe costituire la soluzione più realistica al conflitto che, da cinquant’anni, oppone Rabat al Fronte Polisario, movimento politico-militare sostenuto dall’Algeria e riconosciuto dall’ONU come rappresentante del popolo saharawi.

Il testo, che rinnova il mandato della Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel territorio (MINURSO) fino al 31 ottobre 2026, è il risultato di una mediazione promossa da Washington e sostenuta da Parigi e Londra. La risoluzione riconosce la proposta marocchina del 2007 come base di riferimento per i negoziati futuri, nel quadro di un’autonomia regionale che preservi la sovranità e l’integrità territoriale del Regno marocchino.

Il piano di Rabat prevede la creazione di istituzioni legislative, esecutive e giudiziarie locali, elette dai residenti del Sahara occidentale, mentre il governo centrale conserverebbe la competenza su difesa, politica estera e affari religiosi. La risoluzione consolida così la posizione diplomatica di Rabat, privilegiando l’ipotesi di un’autonomia regionale sotto sovranità marocchina rispetto a quella di un pieno esercizio del diritto all’autodeterminazione dei saharawi.

Dal lato opposto, Algeria e Fronte Polisario, fondato nel 1973 per combattere l’occupazione coloniale spagnola, considerano la nuova risoluzione un arretramento politico e giuridico rispetto alle precedenti. Il riferimento alla sovranità marocchina, infatti, ridurrebbe di significato la prospettiva di un referendum libero e vincolante sull’autodeterminazione, principio al centro della loro posizione storica.

Nel 1991, l’ONU aveva istituito la MINURSO per monitorare il cessate il fuoco e organizzare un referendum che consentisse al popolo saharawi di scegliere tra indipendenza e integrazione nel Marocco. Tuttavia, la missione si è progressivamente arenata a causa delle divergenze tra le parti: Rabat ha promosso una politica del fatto compiuto, incentivando l’insediamento di cittadini marocchini nel territorio (iniziata già con la Marcia Verde del 1975) e consolidando così un controllo effettivo che ha reso sempre più complessa l’identificazione degli aventi diritto al voto. Oggi, la MINURSO non persegue più l’obiettivo referendario, abbandonato nei primi anni duemila dopo il rifiuto del Marocco di accettare le liste elettorali proposte dalle Nazioni Unite. Ciò ha sancito il passaggio da una prospettiva di autodeterminazione politica a una gestione del conflitto fondata sullo status quo, in cui Rabat mantiene il vantaggio strategico acquisito attraverso la propria presenza sul campo.

La proroga della missione riflette, da un lato, la volontà dell’ONU di mantenere un canale di dialogo sotto la propria egida; dall’altro, la difficoltà di superare uno stallo politico ormai strutturale, in cui il processo negoziale appare subordinato agli equilibri di forza sul terreno. Per Rabat, il ritiro dal Sahara Occidentale non è mai stato un’opzione realistica: l’area rappresenta un asset strategico per le sue risorse naturali (tra cui uno dei più grandi giacimenti di fosfati al mondo e potenziali riserve di idrocarburi, oltre a risorse ittiche considerevoli) ma anche un corridoio chiave per l’integrazione commerciale e infrastrutturale con l’Africa subsahariana. In questo contesto, la gestione marocchina del territorio assume i tratti di una stabilizzazione controllata, funzionale a consolidare la propria influenza regionale più che a favorire un compromesso politico.

Dal riconoscimento da parte di Washington della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale nel 2020, avvenuto nell’ambito degli Accordi di Abramo in cambio della normalizzazione dei rapporti con Israele, il Marocco ha intensificato gli sforzi per ottenere l’adesione di altri partner occidentali. Offrendo accordi economici e accesso alle risorse, Rabat è riuscita a rafforzare il sostegno di Germania, Spagna e Francia, e più recentemente del Primo Ministro britannico Keir Starmer, che hanno espresso supporto alla proposta di autonomia.

La posizione di Algeri resta tuttavia cruciale: la votazione del 31 ottobre ha indebolito il suo margine d’azione diplomatica nel dossier sahariano, aggravata dal fatto che il Paese siede attualmente come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza ONU. Per Algeri, la questione del Sahara Occidentale non si limita al principio di autodeterminazione dei popoli: essa tocca ugualmente interessi strategici e di sicurezza nazionale nel Maghreb. Il Sahara Occidentale costituisce per l’Algeria una zona cuscinetto che la separa dall’Atlantico; garantirne un assetto che non diventi pienamente una proiezione marocchina è considerato essenziale per mantenere margini di influenza regionale e, in prospettiva, per non escludere un futuro accesso all’Oceano Atlantico.

Nel contesto internazionale, si sono aggiunti gli accordi commerciali siglati tra l’Unione Europea e il Marocco, che estendono le tariffe preferenziali marocchine anche ai prodotti provenienti dal Sahara Occidentale. Bruxelles ha presentato tale decisione come un mezzo per stimolare l’economia locale e favorire l’occupazione nella regione. Tuttavia, la scelta ha suscitato forti polemiche, poiché molti osservatori la interpretano come una legittimazione implicita del controllo marocchino su un territorio la cui indipendenza continua a rimanere lontana, nonostante decenni di negoziati e risoluzioni internazionali rimasti senza esito.

Tra gli attori extra-africani, Repubblica Popolare Cinese e Federazione Russa si sono astenute dal voto al Consiglio di Sicurezza, adottando un approccio prudente. Pechino ha mantenuto la consueta posizione di non ingerenza, mentre Mosca, pur storicamente vicina ad Algeri e sostenitrice dell’autodeterminazione dei saharawi, ha espresso la disponibilità a considerare la proposta di autonomia marocchina, nell’ottica di preservare una certa flessibilità diplomatica nei confronti di entrambe le capitali nordafricane.

L’inviato personale del Segretario Generale dell’Onu per il Sahara Occidentale, Staffan De Mistura, ha annunciato l’avvio di una nuova fase di contatti e negoziati tra le parti, invitandole a presentare proposte e contributi per definire un’agenda condivisa.

Nei prossimi mesi, Rabat dovrebbe trasmettere una versione aggiornata del piano del 2007, come annunciato dal re Mohammed VI. La sfida sarà quella di chiarire cosa significhi, in concreto, autodeterminazione in un quadro di autonomia sotto sovranità marocchina e quali siano i limiti effettivi di tale autonomia.

Il Polisario, invece, potrebbe continuare a rivendicare un referendum di autodeterminazione che includa l’opzione dell’indipendenza. Il movimento attraversa tuttavia una fase di fragilità politica, acuita dal crescente sostegno internazionale al piano marocchino e dal progressivo isolamento diplomatico di Algeri. A ciò si aggiunge il rischio di un progressivo disimpegno algerino, in un contesto interno e internazionale complesso. La rivalità tra Marocco e Algeria, pur difficilmente destinata a sfociare in un conflitto aperto, alimenta una competizione geopolitica latente che si esprime sul piano diplomatico, economico e della sicurezza regionale. Le tensioni tra Algeri e Parigi si sono poi riaccese dopo la recente approvazione, in Francia, della legge per l’abrogazione dell’accordo franco-algerino del 1968.

Nel medio periodo, l’equilibrio regionale rimane fragile: la risoluzione del Consiglio di Sicurezza consolida la posizione del Marocco come interlocutore centrale nel dossier, ma non chiude la partita. La sostenibilità politica e giuridica di un modello di autonomia sotto sovranità resta incerta, soprattutto se Rabat non riuscirà a tradurre la formula in garanzie effettive di rappresentanza e partecipazione per la popolazione saharawi. Sul fronte opposto, la marginalizzazione crescente del Polisario e le tensioni interne all’Algeria potrebbero indebolire la capacità del fronte saharawi di mantenere visibilità internazionale, senza però eliminare il rischio di radicalizzazione o di ritorno a forme di conflittualità a bassa intensità nella regione.

In assenza di un impegno rinnovato della comunità internazionale, il dossier sahariano rischia di rimanere intrappolato in una conflittualità congelata, fondata più sul controllo di Rabat più che su una soluzione condivisa e sostenibile.

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