Le azioni di Haftar e la partita libica
Medio Oriente e Nord Africa

Le azioni di Haftar e la partita libica

Di Giuseppe Dentice
27.02.2024

Nel corso dell’ultima settimana diversi elementi hanno riportato alla ribalta la Libia e in particolare il ruolo, non sempre manifesto, del Generale Khalifa Haftar. Per un verso, si è notata una ricerca di sponde militari e diplomatiche nei confronti della Russia, mentre contestualmente si assisteva con uno sguardo interessato agli scioperi e alle proteste, ammantate di aspetti sociali, degli operatori dei giacimenti petroliferi in Tripolitania. A legare dinamiche così differenti vi è la battaglia patrimoniale e politica per la gestione diretta delle risorse finanziarie nazionali e, quindi, per il controllo del Stato nordafricano da parte di Haftar e dei diversi attori coinvolti nella partita libica.

Il 23 febbraio, la Russia ha annunciato la riapertura della propria Ambasciata a Tripoli (chiusa nel 2014) e ha mostrato disponibilità ad aprire entro l’anno in corso un consolato a Bengasi. In questo modo, Mosca favorirebbe sì un riavvicinamento al Governo di Unità Nazionale (GNU) – l’organo esecutivo libico riconosciuto dalla comunità internazionale –, ma vicendevolmente il Cremlino confermerebbe il suo impegno per un coinvolgimento più attivo al fianco di Haftar e nel Nord Africa. Un rafforzamento di Mosca che avverrebbe – anche in un’ottica anti-occidentale e anti-NATO – grazie alla presenza militare del gruppo Wagner nel Paese così come nel resto del Continente, intendendo quest’ultimo come un collettore attivo di interessi russi tra Mediterraneo e Medio Oriente.

Se, quindi, Haftar sembrerebbe intenzionato a riorganizzarsi nell’ottica di ricucire i rapporti con i principali sponsor regionali (con gli Emirati Arabi Uniti, in particolar modo) e internazionali (con la Russia per l’appunto, ma anche con la Cina), anche in funzione anti-GNU, sul fronte occidentale della Libia, invece, le acque appaiono ancora agitate a causa delle proteste guidate dal Petroleum Facilities Guard (PFG), ossia il soggetto politico incaricato di salvaguardare il regolare funzionamento delle installazioni energetiche nel Paese. Il PFG chiede nuove prebende al governo di Tripoli pena lo stallo a tempo indefinito delle attività dei giacimenti nazionali, così come avvenuto in gennaio con Sharara e ora con quelle riguardanti Mellitah e il gasdotto Greenstream. Infatti, dal 25 febbraio, l’infrastruttura che esporta circa 6 miliardi di m3 annui di gas verso l’Italia, è stata bloccata dalle proteste del PFG e probabilmente lo sarà per qualche giorno prima di un nuovo accordo di massima tra governo tripolino e i guardiani del petrolio e del gas libico.

A legare le dinamiche in corso in Tripolitania e in Cirenaica è appunto la partita complessa giocata da Haftar e dal suo clan per il controllo della Banca Centrale Libica (CBL) e della National Oil Company (NOC), le autentiche casseforti del potere nazionale. Nella fattispecie, il Generale, così come i suoi alleati e avversari, hanno mostrato interesse all’enorme mole di interessi finanziari collegati alla NOC, che controlla tutte le attività energetiche dello Stato, comprese le rendite legate al settore a loro volta gestite direttamente dalla CBL. Congiuntamente a questa partita istituzionale, vi è, inoltre, il delicato tema politico della futura ricostruzione di Derna e dell’Est del Paese, colpito nel settembre 2023 dal ciclone tropicale Daniel – che ha causato circa 7.000 vittime, 40.000 sfollati interni e un numero imprecisato di dispersi (tra i 10.000 e i 100.000). Attraverso le rendite petrolifere e le autorizzazioni alla gestione dei flussi monetari da parte della CBL, si dovrebbe finanziare un Fondo per la ricostruzione con a capo Belkacem Haftar, uno dei figli del Generale libico, e il sostegno di Aguila Saleh, Presidente della Camera dei Rappresentanti (HoR), nonché vicino, più per opportunità che per vicinanza ideologica, al cosiddetto “uomo forte” di Bengasi.

Pertanto, ancora una volta, dietro l’apparente stabilità libica, si nasconde una partita a scacchi ad ampio spettro con Haftar interessato ad aprire un’offensiva su più dimensioni con l’intento di influenzare e possibilmente controllare (anche indirettamente) il cuore finanziario delle istituzioni nazionali (CBL e NOC), con il chiaro intento di mettere in una condizione di debolezza il governo di Tripoli e potendo così intestarsi la battaglia politica per il controllo definitivo del Paese.

Un’azione non di corto periodo, ma che potrebbe comunque svilupparsi al di là delle dichiarazioni di intenti su elezioni libere e transizioni democratiche sostenute dalle Nazioni Unite. Il processo politico del Paese è, infatti, fortemente disincentivato dalle parti in gioco, che hanno invece mostrato grande interesse a conservare uno status quo, seppur sui generis. Tuttavia, i tentativi di forzare il quadro della situazione da parte di Haftar sembrerebbero spingere verso un possibile cambio di scenario che in ogni caso non è detto possa avverarsi in tempi brevi, ma che più verosimilmente potrà portare ad un lento ma costante logoramento dell’autorità del GNU sulla Tripolitania e il controllo delle sue risorse.

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