La nuova strategia dell’Arabia Saudita in Africa
Medio Oriente e Nord Africa

La nuova strategia dell’Arabia Saudita in Africa

Di Alessio Stilo
30.07.2025

Nel contesto del riposizionamento globale dell’Arabia Saudita promosso dalla Vision 2030, il continente africano occupa oggi una posizione prioritaria per le ambizioni geopolitiche ed economiche di Riyad. Attraverso un approccio sistemico che combina diplomazia, investimenti infrastrutturali, proiezione logistica e penetrazione nei settori chiave per la transizione energetica, il Regno sta articolando una strategia multilivello di espansione sul continente, al tempo stesso concorrenziale e cooperativa, finalizzata a estendere la propria proiezione internazionale e a diversificare un modello di sviluppo economico ancora correlato alla rendita proveniente dalle fonti fossili ma già in transizione verso il perseguimento di altri paradigmi.

A luglio 2025, il Vice Ministro degli Esteri saudita Walid Al-Khereiji ha annunciato un piano da 25 miliardi di dollari in nuovi investimenti entro il 2030, accompagnato da** un allargamento della rete diplomatica saudita a oltre 40 ambasciate sul continente africano**. L’obiettivo è consolidare partenariati economici e politici di lungo periodo, in un’ottica di integrazione commerciale, cooperazione multilaterale e rafforzamento della diplomazia di sviluppo. Il piano include 10 miliardi di dollari in finanziamenti all’export e 5 miliardi in credito allo sviluppo, con particolare attenzione ai settori dell’energia, dell’industria mineraria, della logistica e delle infrastrutture.

La proiezione saudita in Africa è sostenuta da una diplomazia economica veemente, orientata alla costruzione di un soft power strutturale. Secondo quanto emerso in occasione dell’Africa Day 2025 a Riyad, il Regno ha già contribuito con oltre 45 miliardi di dollari a progetti di sviluppo e assistenza umanitaria in 54 Paesi africani. Di questi, più di 450 milioni sono stati veicolati tramite il King Salman Humanitarian Aid and Relief Center (KSrelief), braccio operativo della cooperazione allo sviluppo e dell’azione umanitaria saudita, attivo in 46 nazioni del continente.

Questa traiettoria riflette la crescente consapevolezza saudita della centralità dell’Africa nei futuri equilibri globali: un continente ricco di risorse naturali, dotato di un significativo bacino demografico e sempre più rilevante nelle dinamiche del sistema internazionale attuale. In tale scenario, Riyad intende costruire relazioni bilaterali non più solo fondate sull’assistenza, ma piuttosto su partenariati paritari, capaci di generare ritorni economici reciproci e stabilità politica.

Un asse portante della strategia saudita è rappresentato dalla dimensione energetica. La compagnia ACWA Power è il principale investitore privato nel settore delle rinnovabili in Africa, con oltre 7 miliardi di dollari di progetti in corso. Tra i più significativi si segnalano il Redstone Solar Plant in Sudafrica (100 MW), il Kom Ombo PV Plant in Egitto (200 MW) e soprattutto il progetto ibrido “DAO”, il più grande impianto rinnovabile del Sudafrica, con un investimento previsto di 800 milioni di dollari e attivazione entro il 2026.

Parallelamente, il Ministero dell’Energia saudita ha lanciato l’iniziativa “Empowering Africa”, in collaborazione con i dicasteri delle telecomunicazioni e della sanità, per promuovere soluzioni di energia pulita, connettività, e-health ed e-learning, con l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi essenziali. Particolare rilievo riveste il programma Clean Fuel Solutions for Cooking, volto a ridurre l’uso di biomassa tradizionale e a migliorare la salute pubblica attraverso l’accesso a combustibili sostenibili per la cucina domestica.

Tra gli altri segmenti, l’ampliamento del settore logistico gioca un ruolo chiave nel proposito saudita di fungere da hub commerciale globale, in prospettiva funzionale anche per l’espansione verso l’Africa. Saudi Global Ports (SGP), joint venture tra il Public Investment Fund (PIF) e PSA International, ha investito oltre 186 milioni di dollari nell’ampliamento delle capacità del porto King Abdulaziz di Dammam e in nuove concessioni su quattro terminali strategici (Dammam, Jubail, King Fahad Industrial Port, Ras Al-Khair). La strategia punta a integrare porti, ferrovie e centri logistici interni (come Riyadh Dry Port) per creare una catena di valore intermodale ad alta efficienza.

Un ulteriore asse della strategia saudita in Africa è costituito dall’accesso ai minerali critici, risorse essenziali per le tecnologie della transizione energetica (soprattutto rame, cobalto, litio, nichel). Nel primo semestre del 2025 gli investimenti sauditi, insieme a quelli emiratini, nei progetti di estrazione di minerali critici hanno raggiunto i 2,2 miliardi di dollari, rendendo il Golfo la terza fonte di finanziamento nel settore, dopo Repubblica Popolare Cinese e Occidente. Tra i protagonisti vi è Ma’aden, la compagnia mineraria nazionale saudita, attraverso la sua controllata Manara Minerals, che ha firmato un Memorandum (MoU) con lo Zambia per nuovi investimenti e avviato trattative con First Quantum Minerals per l’acquisizione di asset in rame e nichel, per un valore stimato dell’operazione tra 1,5 e 2 miliardi di dollari. Si tratta di un’iniziativa coerente con la strategia saudita di assicurare forniture critiche per le future gigafactories di batterie e per rafforzare il proprio settore industriale in una paventata era post-petrolifera.

Un’altra iniziativa strategica riguarda la regione sudafricana del Limpopo, dove il Regno saudita ha promesso 41 miliardi di dollari di investimenti, in parte destinati alla costruzione di impianti per la raffinazione di metalli del gruppo del platino (PGM) e metalli base, nel quadro di un partenariato tra il Ministero degli Investimenti saudita e la società Ajlan & Bros. L’obiettivo è rafforzare la filiera mineraria saudita e farne uno dei pilastri della diversificazione economica nazionale.

Oltre ai grandi progetti infrastrutturali, Riyad ha annunciato una strategia finanziaria diversificata per rafforzare l’ecosistema imprenditoriale africano. Il piano comprende 5 miliardi di dollari a sostegno delle startup africane, 10 miliardi in crediti all’esportazione da parte della Saudi Export-Import Bank e 25 miliardi di investimenti privati da realizzare entro il 2035. Le priorità settoriali includono salute, tecnologia, formazione e sostenibilità ambientale. Al tempo stesso, le autorità saudite sono consapevoli che il debito sovrano costituisce un ostacolo strutturale per molti Paesi africani, al punto che il Ministro delle Finanze Mohammed bin Abdullah Al-Jadaan ha rimarcato l’urgenza di un impegno multilaterale per gestire in modo sostenibile l’indebitamento, garantendo una crescita inclusiva e l’efficacia delle iniziative saudite nel continente.

La strategia saudita in Africa rappresenta una delle componenti più dinamiche della Vision 2030, combinando soft power (cooperazione allo sviluppo e assistenza umanitaria), diplomazia energetica, proiezione logistica e logiche di investimento industriale. A differenza del passato, in cui le relazioni con il continente erano improntate prevalentemente a proporre dinamiche di aiuto e uso dell’Islam come vettore di influenza, oggi Riyad adotta un approccio pragmatico e multi-settoriale, proiettando il proprio peso politico attraverso strumenti economici, energetici, logistici e tecnologici.

L’Africa esprime per l’Arabia Saudita una fonte di risorse e al contempo un mercato emergente, uno spazio di influenza diplomatica e un laboratorio per testare nuovi modelli di cooperazione Sud-Sud. In una cornice segnata dalla competizione tra potenze globali per l’accesso ai minerali critici e dalla ricerca del consenso da parte dei Paesi africani nei forum multilaterali, la penetrazione saudita appare destinata a consolidarsi ulteriormente, tanto più se riuscirà a conciliare interessi economici propri e sviluppo sostenibile (proprio e dei Paesi destinatari).