La diplomazia marocchina nel Sahel tra sviluppo, sicurezza e diversificazione geopolitica
Il 28 aprile 2025, il re del Marocco Mohammed VI ha ricevuto a Rabat i ministri degli Esteri di Burkina Faso, Karamoko Jean Marie Traoré, del Mali, Abdoulaye Diop, e del Niger, Bakary Yaou Sangaré, rappresentanti dell’Alleanza degli Stati del Sahel (AES). L’incontro segna un momento di svolta nel rafforzamento del partenariato tra il Marocco e i Paesi dell’AES, inserendosi nel più ampio quadro della Atlantic Africa Initiative, lanciata da Rabat nel 2023. Nel corso dell’incontro, il sovrano ha proposto di garantire ai Paesi saheliani l’accesso diretto all’Oceano Atlantico tramite i porti marocchini, in particolare Tanger Med e, una volta completato, Dakhla Atlantic. La proposta include inoltre l’utilizzo delle infrastrutture stradali e ferroviarie del Marocco, al fine di facilitare l’integrazione logistica e commerciale regionale. Attraverso questa iniziativa, il Marocco si presenta come un partner alternativo rispetto alle tradizionali potenze occidentali, in particolare la Francia, promuovendo un modello di cooperazione regionale improntato alla dimensione diplomatica, logistica, economica e allo sviluppo, privo di condizionamenti ideologici.
Il Marocco persegue una pluralità di interessi strategici nell’area saheliana e intravede nell’istituzione di un canale privilegiato con gli attori della regione un’opportunità di rilevanza geopolitica. La proiezione verso l’Africa occidentale costituisce ormai una direttrice prioritaria della politica estera marocchina: Mohammed VI ha affermato che il destino del Regno è indissolubilmente legato a quello del continente africano, proponendo il Marocco come interlocutore alternativo alle tradizionali potenze occidentali e sostenitore di un partenariato equo, slegato da logiche di natura post-coloniale. In tal senso, il modello promosso da Rabat si fonda sui principi di co-emergenza, mutuo vantaggio e cooperazione non predatoria. In quest’ottica, il ruolo di mediatore assunto dal Marocco nella regione risponde anche a precise finalità economiche e strategiche. I Paesi del Sahel dispongono infatti di un ricco patrimonio di risorse del sottosuolo, come petrolio, oro, uranio, cobalto e terre rare: un accesso privilegiato a tali risorse rappresenterebbe per Rabat un’opportunità in termini di approvvigionamento energetico e proiezione economica. Parallelamente, il Regno ha implementato una forma di soft power religioso basata sulla promozione dell’Islam marocchino, una tradizione moderata e istituzionalizzata, che rivendica una linea genealogica di discendenza con il Profeta. Questo approccio si configura come alternativa tanto al wahhabismo e al salafismo di matrice saudita quanto all’Islam politico riconducibile alla Fratellanza Musulmana. In tale prospettiva, il Marocco ha avviato un programma di formazione per imam con l’intento di contrastare i processi di radicalizzazione e contenere l’espansione dei movimenti jihadisti nella regione. Infine, Rabat aspira a consolidare il proprio ruolo nel settore energetico, in particolare nel quadro della transizione verde. In quanto attore di primo piano nell’energia rinnovabile in Nord Africa, il Marocco individua nell’Africa occidentale un’area di proiezione strategica per i propri investimenti. In questa cornice si inserisce, tra gli altri, il progetto dell’impianto elettrico “Nigelec Niamey 2” in Niger, realizzato per sostenere l’autonomia energetica del Paese e rafforzare le interconnessioni infrastrutturali regionali.
Un ulteriore tassello di rilievo nel quadro regionale è rappresentato dall’attuale disputa tra Marocco e Algeria in merito alla sovranità sul Sahara Occidentale, territorio rivendicato da Rabat e conteso con il Fronte Polisario algerino. In questo contesto, ottenere il sostegno politico dei Paesi del Sahel offre al Marocco un duplice vantaggio strategico: da un lato, tale appoggio si rivela cruciale in occasione delle votazioni nei principali fora multilaterali, come l’Unione Africana e le Nazioni Unite; dall’altro, contribuisce a rafforzare la legittimità e la credibilità di Rabat a livello regionale.
La diplomazia marocchina si muove in questa direzione con una logica di lungo periodo e una certa pazienza strategica. Emblematico, in tal senso, è stato il ruolo assunto da Rabat nella mediazione che ha condotto, nel dicembre 2024, al rilascio di quattro ostaggi francesi in Burkina Faso, un episodio seguito, quattro mesi più tardi, dal riconoscimento da parte del governo di Parigi della sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. La strategia di espansione dell’influenza marocchina nel Sahel gode di un vantaggio rilevante: essa non risente del peso di retaggi coloniali, e si inserisce in un momento in cui i paesi dell’AES manifestano una crescente volontà di diversificare i propri partner internazionali, riducendo la dipendenza dagli storici alleati occidentali. In questo scenario, il Marocco si presenta anche come un’alternativa credibile all’influenza russa, che negli ultimi anni ha registrato un rafforzamento significativo nell’area. Un segnale in questa direzione è rappresentato dall’iniziativa dell’agenzia di stampa African Initiative (nata come strumento di propaganda legato alla milizia Wagner) che ha recentemente lanciato a Bamako una scuola di giornalismo con l’obiettivo di formare nuovi operatori dell’informazione orientati alla diffusione della narrativa filo-Cremlino nella regione. Negli ultimi anni, la Russia ha fornito ai Paesi del Sahel sistemi d’arma e supporto tecnico-militare. In tale contesto, l’approfondimento del partenariato tra l’AES e il Marocco potrebbe portare anche a tentativi di diversificazione degli approvvigionamenti nel settore della difesa, da parte di Burkina Faso, Mali e Niger, riducendo la dipendenza dagli armamenti di fabbricazione russa e aprendo l’accesso a tecnologie e sistemi avanzati di provenienza occidentale, ai quali Rabat può attingere grazie alle sue solide relazioni con partner come gli Stati Uniti e Israele.
Gli interessi dei Paesi membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel, oggi governati da giunte militari insediatesi negli ultimi anni, si articolano su più livelli nel quadro geopolitico delineato. In primo luogo, emerge l’esigenza strutturale di compensare l’assenza di uno sbocco diretto sul mare. In tale prospettiva, l’accesso all’Oceano Atlantico garantito dal Marocco rappresenta un’alternativa strategicamente valida rispetto al transito attraverso il Golfo di Guinea, consentendo di evitare Paesi non allineati con l’AES, quali Costa d’Avorio, Guinea e Benin, ancora legati a tradizionali alleanze occidentali. Questa motivazione di natura pragmatica contribuisce a spiegare l’interesse strategico dei paesi saheliani per l’Atlantic Africa Initiative e l’importanza attribuita al progetto annunciato dal Re Mohammed VI a fine aprile, che mira a rafforzare l’integrazione infrastrutturale tra il Marocco e il blocco dell’AES, offrendo nuove rotte per l’accesso ai mercati globali.
In secondo luogo, tra i Paesi dell’AES il Mali mostra un interesse particolare nel rafforzare il proprio partenariato militare con il Marocco, anche alla luce delle recenti tensioni con l’Algeria. Il 1 aprile 2024, l’esercito algerino ha abbattuto un drone di sorveglianza maliano, accusando Bamako di aver violato lo spazio aereo nazionale. Tale episodio si inserisce in un contesto di crescenti tensioni tra Algeri e Bamako, con un aumento significativo delle frizioni dall’avvento al potere della giunta militare maliana nel 2021. Il culmine di questo deterioramento è stato raggiunto con le accuse rivolte dal Mali all’Algeria di offrire ospitalità e sostegno ai leader tuareg. In reazione all’abbattimento del drone maliano, Niger e Burkina Faso hanno espresso solidarietà a Bamako, procedendo al richiamo dei rispettivi ambasciatori da Algeri e alla chiusura del proprio spazio aereo ai voli algerini. In questo contesto, il rafforzamento della cooperazione bilaterale in ambito militare tra Rabat e Bamako si è formalizzata nel febbraio 2025, in occasione della prima riunione della Joint Military Commission, conclusasi con la firma di un Memorandum d’intesa volto ad ampliare la collaborazione nel settore della difesa. Il Marocco ha rinnovato il proprio impegno a sostenere il Mali nell’affrontare le attuali sfide securitarie, in particolare legate al contrasto al terrorismo e al rafforzamento delle capacità operative delle forze armate. Parallelamente, anche i rapporti tra Marocco e Burkina Faso hanno subito un’accelerazione sul piano militare. Il 19 maggio 2025 si è svolta a Rabat una sessione di formazione dedicata alla sicurezza e alla preparazione militare, rivolta agli ufficiali burkinabé, con l’obiettivo di rafforzarne le competenze operative e di comando.
In ultima analisi, la crescente convergenza tra il Marocco e i Paesi dell’AES riflette un rimodellamento degli equilibri regionali, in cui Rabat si propone come partner strategico capace di rispondere a esigenze concrete in termini di accesso ai mercati, sicurezza e legittimazione internazionale. L’iniziativa marocchina, priva di connotazioni ideologiche e lontana da logiche post-coloniali, intercetta la domanda di nuovi riferimenti politici e operativi espressa dalle giunte saheliane, ponendo così le basi per una cooperazione strutturata e duratura.