La crisi dimenticata in Burkina Faso
Africa

La crisi dimenticata in Burkina Faso

Di Domitilla Catalano Gonzaga
24.07.2023

Delle tante crisi politiche e di sicurezza che insanguinano il Sahel, quella del Burkina Faso è, senza dubbio, la più trascurata dai media occidentali. Infatti, Ouagadougou non ricopre le stesse posizioni “prioritarie” nelle agende internazionali di Italia ed UE rispetto, ad esempio, al Mali o al Niger, dove la presenza e l’attenzione occidentali sono state, tradizionalmente, più evidenti.

Infatti, a partire dalla destituzione del Presidente Blaise Compaorè (2015) e dal successivo colpo di Stato militare del 2022, il Paese africano è sprofondato in una spirale di emergenza umanitaria ed insicurezza che sembra non arrestarsi.

I principali responsabili dell’instabilità burkinabè sono i movimenti terroristici quali il Gruppo per la Salvezza dell’Islam e dei Musulmani (JNIM), parte del network di al-Qaeda, e lo Stato islamico nel Grande Sahara (ISGS), provincia regionale di Daesh, protagonisti di una prolungata stagione di insorgenza.

Il confine poroso tra Mali e Burkina Faso è stato un fattore importante nella diffusione della violenza poiché ha permesso ai gruppi jihadisti di diffondersi sul territorio e sfruttare l’incertezza e l’instabilità del periodo di transizione post-2015. Le organizzazioni terroristiche hanno infatti trovato un terreno fertile nelle regioni remote del Paese, strumentalizzando tensioni di lunga data sull’accesso alla terra e alle risorse naturali, divisioni etniche, relazioni distanti con lo Stato centrale e rimostranze contro le autorità locali percepite come corrotte. Inoltre, negli ultimi anni le Forze di sicurezza e di difesa sono state ripetutamente accusate di gravi violazioni dei diritti umani , il che ha contribuito, in parte, al sostegno ricevuto a livello locale dai gruppi terroristici, soprattutto da parte dell’etnia seminomade Fulani, esclusa dalla vita politica, economica e sociale del Paese, e che ha trovato nelle milizie jihadiste un sostegno per la tutela dei loro diritti di sfruttamento della terra e dell’acqua.

Inoltre il Burkina Faso, seppure è uno dei Paesi più poveri al mondo, con oltre il 40% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà, presenta un territorio ricco di risorse , in particolare di oro, la cui esplorazione è iniziata negli ultimi due decenni, e che ad oggi rappresenta l’85.6% delle esportazioni del Paese. Dalla metà degli anni Novanta, l’espansione del settore aurifero ha portato ad importanti riforme per liberalizzare l’attività mineraria nel Paese e per attirare investitori stranieri per sviluppare l’estrazione dell’oro su larga scala. Tuttavia, l’estrazione avviene per lo più in maniera artigianale, ossia viene effettuata manualmente da squadre di minatori, che assicuravano l’accesso alla risorsa attraverso negoziati informali. Questa pratica ha reso i siti minerari maggiormente sensibili ad attacchi da parte di gruppi jihadisti e di reti criminali, data la mancanza di protezione. Di conseguenza, le operazioni antiterrorismo hanno previsto anche la chiusura di alcuni siti minerari per motivi di sicurezza , tanto che il settore secondario ha subito una contrazione del 4,9% nel 2022 a causa della chiusura di diverse miniere.

Attualmente, il governo provvisorio , retto dalla giunta militare del capitano Ibrahim Traoré, non sembra essere in grado di mitigare questa inarrestabile diffusione dell’insicurezza nel Paese e di soddisfare le richieste popolari di maggiore protezione rispetto al precedente governo del Presidente Paul-Henri Sandaogo Damiba, che aveva preso il potere il 24 gennaio 2022 rovesciando con un colpo di Stato il Presidente Roch Kaboré, eletto democraticamente nel novembre 2020.

Le due giunte militari salite al governo nel 2022 hanno adottato approcci molto diversi per affrontare l’insurrezione e la crisi di sicurezza del Paese ma per il momento nessuna delle due opzioni sembra essere risolutiva, anzi le violenze e gli attacchi terroristi continuano regolarmente in tutto il Burkina Faso.

Damiba , dopo aver preso il potere nel gennaio 2022, sviluppò una strategia che prevedeva la creazione di comitati locali per il dialogo, la negoziazione e la demilitarizzazione dei combattenti burkinabé che avevano preso le armi contro lo Stato. Con la mediazione dell’ECOWAS (Economic Community of West Africa States), l’esercito aveva inoltre concordato un periodo di transizione fino al luglio 2024, quando dovranno avere luogo le elezioni democratiche. In tale contesto, l’Unione Europea ha sostenuto con fermezza l’ECOWAS nei suoi sforzi di mediazione e si è adoperata per rafforzare la cooperazione, anche in materia di difesa e sicurezza. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Damiba l’insicurezza nel Paese è peggiorata, portando il capitano Traoré ad effettuare con parte dell’esercito un nuovo colpo di Stato soli 8 mesi dopo.

Dopo il colpo di Stato del settembre, Traorè ha incontrato una delegazione dell’ECOWAS, ed ha dichiarato la sua intenzione di rispettare l’accordo sulla transizione democratica concordato precedentemente, garantendo gli impegni internazionali presi dal Burkina Faso, in particolare per quanto riguarda la tutela dei diritti umani. Tuttavia, Traoré, in contrasto con l’approccio più diplomatico del suo predecessore Damiba, ha optato per una strategia muscolare, fondata sulla militarizzazione della società civile e sulla creazione di nuclei armati nei villaggi ed accelerando la mobilitazione popolare di massa. Di conseguenza, l’incremento delle formazioni armate ha portato ad un aumento generale delle violenze contro i civili durante le operazioni di contrasto ai movimenti terroristici.

Allo stesso tempo, il secondo colpo di Stato è avvenuto durante un periodo di transizione molto delicato, in quanto l’instabilità politica si è combinata con i crescenti sentimenti antifrancesi presenti nel Paese . Difatti, nel periodo in questione, si è verificata una autentica rottura tra Ouagadougou e Parigi. Infatti, sulla scia dell’ascesa di Traoré, sono scoppiate nel Paese proteste popolari contro la Francia. L’ambasciata e il consolato francesi di Ouagadougou sono stati vandalizzati e sono stati registrati diversi altri attacchi contro istituzioni e simboli europei.

Il culmine si è raggiunto alla fine del gennaio 2023, quando il governo ha chiesto alla Francia di ritirare i 400 uomini stanziati nel Paese entro un mese. La richiesta è stata accolta da Parigi ed il 18 febbraio 2023, le forze speciali francesi (SF) dell’Operazione Sabre hanno abbandonato il Paese. Ciò ha portato ad un ulteriore peggioramento della situazione securitaria a causa delle evidenti e profonde lacune dell’esercito burkinabè.

L’esercito ha registrato il suo più alto numero di vittime dall’inizio del conflitto, con almeno cinque massicci assalti subiti tra febbraio e aprile nelle regioni orientali, del centro-nord, e nella regione del Sahel. Gli attacchi si sono diffusi anche in aree precedentemente non colpite, nonostante l’aumento delle operazioni di sicurezza da parte delle forze governative. Tanto che, a partire dal 30 marzo scorso, è entrato in vigore lo stato di emergenza in 22 delle 45 province, Le misure di sicurezza locali includono restrizioni di movimento, controlli dei veicoli, divieti di raduni pubblici e coprifuoco.

Parallelamente, Traoré ha giocato non solo sui sentimenti popolari anti-francesi, ma anche su quelli pro-russi , avvicinandosi al Mali e alla Russia, alimentando così i timori della Comunità Internazionale circa il fatto che il Burkina Faso possa diventare la prossima destinazione di uno schieramento del Gruppo Wagner in Africa, seppure Traorè abbia negato questa possibilità.

Tuttavia, il Primo Ministro Apollinaire Kyelem de Tembela, alla fine di dicembre 2022, ha annunciato, durante un viaggio in Russia, che il suo Paese intende diversificare i partenariati ed ha auspicato che Mosca possa essere un buon alleato nella lotta contro il terrorismo. Contemporaneamente, Ouagadougou ha anche concesso alla Nordgold, società mineraria aurifera russa, un permesso di sfruttamento per una nuova miniera nel Paese per quattro anni.

In tale contesto, la capacità dell’Unione Europea di rafforzare le relazioni con il Burkina Faso deve far fronte a difficoltà significative, date non solo la rottura dei rapporti con la Francia, ma anche dall’avvicinamento al Cremlino.

Inoltre, se nel 2021 si era registrata una crescita economica del Paese del 6,9%, questa è rallentata al 2,5% nel 2022. Allo stesso tempo, gli shock interni causati dall’insicurezza, uniti agli effetti dovuti alla volatilità del mercato alimentare a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, hanno spinto l’inflazione fino al 14,1%, aggravando ulteriormente le condizioni economiche della popolazione burkinabé.

In conclusione, la drammatica situazione socioeconomica ed umanitaria in Burkina Faso continua ad offrire ai gruppi terroristici la possibilità di espandersi nel Paese, minando la transizione democratica e lo Stato di diritto in maniera pressocché irrisolvibile nel breve-medio termine, dato che verosimilmente le forze militari al potere con le loro operazioni non stanno guadagnando terreno sui jihadisti ed, allo stesso tempo, è in aumento il malcontento popolare e la crisi umanitaria in quasi tutto il Paese.

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