Il processo di integrazione della Serbia nell’Unione Europea
Europa

Il processo di integrazione della Serbia nell’Unione Europea

Di Francesca Ferro
18.12.2023

Sebbene il dibattito sull’ allargamento dell’Unione Europea sia da anni un argomento centrale a Bruxelles, l’aggressione russa all’Ucraina ha reso più urgente il processo di adesione dei Paesi candidati, o potenzialmente tali. Infatti, non solo la concessione dello status di candidato ha un alto valore emblematico data l’attuale situazione internazionale ma, viceversa, negarlo rappresenterebbe una vittoria simbolica per Mosca. Ciò ha aperto una finestra di opportunità per i Paesi dei Balcani occidentali, in particolare Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord, Kosovo, Montenegro e Serbia. Tuttavia, diverse criticità ancora persistono, ostacolando così le prospettive di integrazione all’UE.

In particolare, ai candidati è richiesto di ottemperare ai cosiddetti criteri di Copenaghen e di adottare l’acquis comunitario ma, ad oggi, nessuno dei sei Paesi ha attuato le riforme necessarie per completare il processo di adesione.

Il rallentamento nelle riforme e, più in generale, nell’integrazione all’Unione Europea, è dovuto alla combinazione di molteplici fattori, sia domestici che internazionali. Questi elementi mettono in luce le fragilità strutturali di alcuni Paesi dei Balcani occidentali e, contemporaneamente, evidenziano una certa “fatica da allargamento” dell’UE. A tal proposito, bisogna ricordare che l’adesione di un nuovo Stato richiede il voto unanime da parte di tutti gli Stati membri, condizione attualmente non pienamente soddisfatta. Un esempio riguarda la Macedonia del Nord che, dopo aver ottenuto lo status di Paese candidato nel 2005, ha avviato i negoziati di adesione all’UE soltanto nel luglio 2022 a causa del veto, prima della Grecia, e poi della Bulgaria. Un altro caso controverso riguarda il** Kosovo** , la cui indipendenza non è riconosciuta da Spagna, Grecia, Slovacchia, Cipro e Romania, per timore di legittimazione di aspirazioni secessioniste nei propri territori.

Più recentemente, l’acquisizione dello status di Paese candidato da parte dell’Ucraina, dopo solo 4 mesi dalla presentazione della domanda di adesione, ha generato reazioni contrastanti. Infatti, anche se l’Ucraina ha compiuto progressi sostanziali, nonostante la guerra in corso, verso l’allineamento agli standard europei, permangono nel Paese alcune problematiche strutturali insolute, quali l’alto livello di corruzione. Di conseguenza, sembra che la decisione della Commissione europea di procedere con i negoziati di adesione di Ucraina, Moldavia e Bosnia-Erzegovina sia di carattere politico, piuttosto che basata su valutazioni oggettive. Ciò ha causato frustrazione in alcuni leader dei Paesi dei Balcani occidentali che, preoccupati per ulteriori rallentamenti, si sono visti superati nel processo di adesione all’Unione Europea dai Paesi citati in precedenza.

La conseguente disillusione che si è generata ha inoltre causato una diminuzione del sostegno popolare nei Balcani occidentali verso l’integrazione europea, incoraggiando tali Paesi a diversificare i loro partenariati.

Ciò è particolarmente evidente in Serbia , il cui percorso di integrazione europea è stato piuttosto discontinuo negli anni. Sebbene alla caduta del regime di Milošević era stato istaurato un governo democratico orientato in senso europeista, con l’affermarsi di Aleksandar Vučić, eletto Presidente nel 2017, il Paese ha adottato politiche caratterizzate da una maggiore ambiguità.

Questo si concretizza nella difficoltà di allineamento della politica estera serba con quella dell’UE, tipica di un Paese che è ancora fortemente diviso tra Occidente e Oriente. Ovvero, un Paese che oscilla tra la volontà di ingresso nell’Unione Europea e la ricerca di opportunità economiche e politiche alternative con Paesi extraeuropei.

Nello specifico, in Serbia circa metà della popolazione considera la Russia il partner internazionale più importante. La vicinanza tra i due Paesi è dovuta a tre motivazioni principali: la dipendenza serba dal petrolio e dal gas naturale russi ; il supporto russo alle posizioni serbe sul Kosovo e, infine, l’ affinità storica, culturale e religiosa che li accomuna . Ciò emerge dal rifiuto di Belgrado nell’adottare sanzioni contro Mosca, sia nel 2014 che nel 2022, giustificato con motivazioni economiche. Nel dettaglio, la Serbia è diventata uno degli attori maggiormente coinvolti nelle pratiche di triangolazione commerciale utilizzate da Mosca e dai produttori europei per eludere le sanzioni.

Anche se il non-allineamento al regime sanzionatorio ha causato numerose critiche da parte di alcuni Stati europei, Belgrado ha comunque cercato di ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia. Ad esempio, a dicembre 2023 è stato inaugurato un gasdotto che collega Serbia e Bulgaria , consentendo così l’accesso alle esportazioni dell’Azerbaijan. Secondo l’accordo firmato tra i tre Paesi, e le rispettive società serbe e azere Srbijagas e SOCAR, ciò consentirebbe di importare in Serbia fino a 400 milioni di metri cubi di gas naturale l’anno.

Le ambizioni della Serbia verso l’adesione all’UE non si scontrano solo con la sua politica estera, ma anche da problematiche interne che ostacolano il processo di integrazione . Al riguardo, lo scorso novembre la Commissione europea ha pubblicato il Report 2023 sulla Serbia, evidenziando i limitati progressi sull’allineamento del Paese con le condizioni necessarie all’ingresso nell’Unione Europea. Uno dei problemi principali indicati nel documento riguarda la lotta alla corruzione. Infatti, sebbene siano stati compiuti dei passi in avanti su tale problematica, compresa l’adozione di misure volte all’implementazione delle raccomandazioni del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) del Consiglio d’Europa in materia di prevenzione della corruzione, la Serbia non ha ancora sviluppato una strategia nazionale anticorruzione , né un relativo piano d’azione adeguato.

Inoltre, preoccupano gli attuali sviluppi delle politiche del Presidente serbo, Aleksandar Vučić. Il Consiglio dell’Unione Europea ha espresso perplessità sulla mancanza di progressi in termini di miglioramento della libertà di espressione e dell’indipendenza dei media , nonché l’assenza di riforme sostanziali per migliorare lo Stato di diritto. Se da un lato il Paese è caratterizzato da elementi democratici, nella pratica c’è una forte polarizzazione del quadro politico interno, con conseguente delegittimazione dell’opposizione e politicizzazione dell’amministrazione pubblica e del sistema giudiziario. Dunque, un’altra richiesta presentata nel Report 2023 sulla Serbia riguarda il rafforzamento dell’indipendenza del sistema giudiziario, nonché maggiore trasparenza e inclusività nei processi decisionali. Per quanto riguarda l’ambito economico, le richieste della Commissione europea si basano principalmente sull’implementazione della Green Agenda e sull’accesso al World Trade Organization (WTO).

Un punto cruciale del Report è il richiamo alla Serbia affinché si impegni nel dialogo per la normalizzazione del rapporto con il Kosovo , attuando le clausole previste dall’Accordo di Ohrid, indicata come una condizione necessaria per l’ingresso del Paese nell’UE. Tuttavia, le misure finora adottate sono ancora insufficienti e la situazione rimane tesa. Infatti, il Partito Progressista Serbo, la formazione politica al potere nel Paese, ha usato il dossier kosovaro come parte della propria strategia politica per ampliare il consenso, contrastando il riconoscimento internazionale del Kosovo e la sua dichiarazione di indipendenza. In questo contesto, l’ Unione Europea ha sostenuto il dialogo tra Belgrado e Pristina e si è impegnata a favorirlo, spingendo per l’attuazione degli impegni assunti nell’ambito dell’accordo sul percorso verso la normalizzazione delle relazioni tra le due parti. Dunque, all’interno del Report 2023, viene ribadita la necessità di compiere progressi più concreti e la richiesta di investire maggiori sforzi verso la piena attuazione degli accordi previsti.

Nonostante le varie problematiche evidenziate, seppur lentamente, il processo di integrazione continua ad avanzare. Un importante passo in avanti consiste nell’iniziativa nota come “ Processo di Berlino ”, proposta da Angela Merkel nel 2014. Questo progetto introduce una piattaforma di dialogo tra i maggiori vertici intergovernativi volta a stimolare la cooperazione regionale e a sostenere le prospettive europee dei Balcani occidentali . Il summit avvenuto a Tirana lo scorso ottobre, ha visto la presenza dei leader dei sei Paesi balcanici coinvolti, nonché del Cancelliere tedesco Scholz, della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Nell’ambito di tale iniziativa, sono stati concordati importanti progetti quali il Piano d’azione pluriennale sullo Spazio economico regionale 2017-2019 e il Mercato regionale comune 2020-2024, con l’obiettivo di creare un mercato regionale comune e garantire la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali. Inoltre, è stato raggiunto un accorso sul mutuo riconoscimento dei titoli accademici e di alcune professioni.

In questo contesto, il ruolo dell’Italia risulta fondamentale. Così come il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha più volte ribadito, l’ Italia è uno dei principali sostenitori del processo di allargamento dell’UE , in particolare nel contesto dei Balcani occidentali. L’interesse italiano nei confronti della Serbia si basa su molteplici fattori, il primo dei quali è costituito dall’interscambio commerciale tra i due paesi, attualmente pari a 4,6 miliardi di euro (+10,5% rispetto al 2021). Infatti, l’Italia è il terzo partner commerciale della Serbia e rappresenta il 6,6% dell’import totale e l’8,4% dell’export totale del Paese. L’Italia è anche uno dei più importanti investitori nel Paese, contribuendo per circa il 5,5% del PIL nazionale serbo. Attualmente, i principali settori di attività delle imprese italiane in Serbia sono quello energetico, finanziario e tessile. Inoltre, particolarmente in crescita sono il settore automobilistico e dell’IT. Per quanto riguarda il primo, recentemente è stato raggiunto un accordo con Stellantis sulla produzione della Panda elettrica nello stabilimento di Kragujevac, in Serbia. Il secondo, invece, è un settore in forte espansione che ha registrato una crescita del 41% rispetto al 2022. A tal riguardo, lo scorso 5 e 6 dicembre è stato organizzato a Belgrado un Forum bilaterale, tra Italia e Serbia, dedicato all’innovazione e all’ecosistema di supporto alle start-up, con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente delle partnership nell’ambito dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione.

Considerando un contesto più ampio, l’Unione Europea rappresenta il maggiore partner economico serbo . Nel 2022 il commercio della Serbia con l’UE ha rappresentato il 58,7% del totale, con un aumento del 27% rispetto all’anno precedente, per un totale di 36,6 miliardi di euro. Per quanto riguarda il supporto europeo all’integrazione, il budget dello Strumento di assistenza preadesione (IPA), ovvero il pacchetto di aiuti per i Paesi candidati, ha avuto un aumento considerevole negli anni, raggiungendo per il periodo 2021-2027 (IPA III) un totale di 14,16 miliardi di euro. Di questi ultimi, circa 1.5 miliardi di euro verranno allocati alla Serbia, più specificatamente per favorire lo Stato di diritto, lo sviluppo socioeconomico e l’attuazione della Green Agenda. Inoltre, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), l’Unione europea (UE) e la Banca europea per gli investimenti (BEI) hanno aderito ad un importante progetto infrastrutturale in Serbia, ovvero la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità che collega Belgrado a Niš . In questo ambito, l’UE ha stanziato una sovvenzione pari a 550 milioni di euro, finora la più grande concessa per un singolo progetto nel Paese. In aggiunta, al Vertice UE-Balcani occidentali di Tirana del dicembre 2022, la Commissione ha presentato un pacchetto di sostegno all’energia di 1 miliardo di euro. Ciò avviene anche in risposta alle esigenze del breve-medio periodo dovute alle conseguenze nel settore energetico della guerra russo-ucraina. Tuttavia, è necessario sottolineare che il sostegno finanziario fornito dall’UE è soggetto a condizionalità, dunque gli investimenti dipendono dalle prestazioni rispetto all’allineamento agli standard europei. Dunque, l’IPA III, così come gli altri finanziamenti erogati, rappresentano un forte incentivo verso l’adeguamento alle normative dell’Unione Europea.

D’altra parte, la Serbia, nonostante i solidi legami con l’UE, ha assunto una postura ambigua , caratterizzata da una crescente collaborazione con paesi extraeuropei quali la Russia, gli Emirati Arabi Uniti e la Cina.

Per quanto riguarda gli scambi commerciali tra Russia e Serbia, il fatturato del 2022 ammontava a circa 4 miliardi di dollari, una cifra decisamente più bassa se paragonata al valore del commercio con l’Unione Europea. Nonostante ciò, il volume di scambi tra i due paesi è aumentato del 53% rispetto all’anno precedente, rappresentando il tasso di crescita annuo più elevato tra tutti i partner commerciali serbi. Questo sottolinea la chiara intenzione della Serbia di mantenere, se non incrementare, il volume di tali scambi commerciali. Nello specifico, il rapporto tra Serbia e Russia è basato sulla cooperazione nell’industria del petrolio e del gas. A tal proposito, la Naftna Industrija Srbije (Nis), ovvero la compagnia petrolifera statale serba, è controllata al 56% dall’azienda russa Gazprom.

In tale contesto si inseriscono anche altri due attori fondamentali, ovvero Cina e Emirati Arabi Uniti. La decisione presa nel 2021 dalla Serbia riguardo l’avvio della produzione del vaccino cinese Sinopharm contro il Covid-19, in partnership con Cina ed Emirati, è un esempio della collaborazione tra i tre Paesi. Negli scorsi anni, gli Emirati Arabi Uniti hanno consolidato la loro posizione come il principale alleato di Belgrado nel mondo arabo , sviluppando una partnership in continua crescita che abbraccia settori chiave come l’aviazione, l’edilizia e l’agricoltura. D’altra parte, avendo finanziato grandi progetti infrastrutturali in Serbia, la Cina si è rivelata un importante investitore nel Paese . La partnership tra i due include anche stretti legami diplomatici, sviluppati durante la pandemia di Covid-19, quando Pechino ha fornito ingenti aiuti sanitari alla Serbia. Tuttavia, il progresso più importante è avvenuto lo scorso ottobre, con la firma dell’Accordo di Libero Scambio (ALS) tra il President cinese Xi Jinping ed il Presidente serbo Aleksandar Vučić. Questo accordo prevede l’eliminazione delle tariffe in settori chiave quali l’agricolo, l’automobilistico e il tecnologico. Secondo i dati del 2022, il volume degli scambi bilaterali è stato di 3,55 miliardi di dollari, con un aumento del 10,1% rispetto all’anno precedente. Presumibilmente, questo valore aumenterà in modo considerevole a seguito dell’ALS.

Dunque, benché l’Unione Europea sia, insieme ai singoli Stati membri, il maggiore partner commerciale e il primo investitore della Serbia, le difficoltà a imporsi come punto di riferimento per il Paese permangono. Ciò è evidente se si analizza il posizionamento internazionale di Belgrado che, pur attribuendo la priorità assoluta all’adesione all’UE, continua ad assumere una politica estera ambigua, soprattutto nei confronti di Russia, Cina e Emirati Arabi Uniti. Ciò è in parte riconducibile a ragioni storiche e identitarie, ma anche alla tendenza serba verso il non-allineamento, strategia adottata sin dai tempi della Jugoslavia. Sebbene il governo serbo sia ancora titubante verso l’attuazione di alcune misure necessarie per il progresso verso l’integrazione all’Unione Europea, soprattutto riguardo il capitolo relativo alla normalizzazione dei rapporti con il Kosovo, si è sviluppata la consapevolezza che il benessere economico del Paese possa derivare solo dall’adesione all’UE . In questo contesto, il ruolo dell’Italia è cruciale e si basa non solo sulla duratura amicizia con Belgrado, ma anche sulla consapevolezza dell’importanza strategica che l’adesione della Serbia riveste sia per gli interessi nazionali che comunitari. L’Italia, nonostante i vari ostacoli, resta l’interlocutore principale in grado di dialogare con tutte le parti e rilanciare la prospettiva europea nella regione dei Balcani occidentali.

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