Il possibile ruolo del nucleare nel quadro energetico indiano
L’India, attualmente in forte crescita economica, con previsioni che indicano un balzo del PIL annuo maggiore del 5% per gli anni a venire, mira a rafforzare la propria autonomia energetica e a ridurre la vulnerabilità legata alle fonti di approvvigionamento tradizionali. In un contesto in cui la domanda interna di energia è destinata a raddoppiare entro il 2050, il Paese intende potenziare il proprio programma di energia nucleare per soddisfare in modo sostenibile le esigenze future.
Tuttavia, tale processo è stato ostacolato per decenni da vincoli politici e commerciali. Nello specifico, l’India non aderisce al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) a causa del suo programma di armamenti, che ha portato negli ultimi 34 anni ad un’esclusione dal commercio internazionale di impianti e materiali nucleari. Solo nel 2009 è stato formalmente rimosso l’embargo, ma un’ulteriore barriera è emersa l’anno successivo, quando un’incompatibilità tra la legge indiana sulla responsabilità civile e le convenzioni internazionali ha limitato la possibilità di accedere a tecnologie straniere. Nondimeno, va segnalato che, in risposta a queste restrizioni e alla scarsità di uranio indigeno, l’India ha sviluppato un proprio ciclo del combustibile nucleare, unico al mondo, orientato all’utilizzo del torio. Questo elemento radioattivo, considerato una possibile alternativa all’uranio, rappresenta uno dei pilastri della strategia nucleare a lungo termine del Paese. L’India possiede, infatti, circa il 25% delle riserve mondiali di torio, seconda solo all’Australia, concentrate soprattutto nelle sabbie di monazite delle coste del Kerala e del Tamil Nadu.
La volontà di ristrutturare la propria catena di approvvigionamento energetico deriva dalla dipendenza che Nuova Dehli soffre verso i combustibili fossili, in particolare petrolio e gas. In merito a ciò, a gennaio 2025, circa il 75% dell’elettricità nazionale è stato generato dal carbone, con il 22% che proviene da fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrico), mentre il nucleare contribuisce per appena il 3%, con una capacità di 8.880 MW distribuita su 25 reattori. L’obiettivo dichiarato è aumentare la capacità nucleare da circa 8 GW attuali a 22 GW entro il 2032-33, fino a raggiungere i 100 GW entro il 2047.
In questo contesto, l’India potrebbe essere tra i primi beneficiari della recente decisione della Banca Mondiale che nel giugno 2025 ha revocato il divieto di finanziare progetti nucleari nei Paesi in via di sviluppo, un passo che potrebbe facilitare ulteriormente l’espansione dell’energia nucleare civile indiana. Poiché la prima e la seconda fase del programma nucleare indiano si trovano già in un buono stato di avanzamento, seppur con qualche ritardo, è probabile che i fondi vengano destinati a finalizzare i progetti del terzo stadio, che necessita di almeno un altro decennio per raggiungere una piena maturità tecnologica e operativa.
In particolare, i finanziamenti potrebbero essere destinati al completamento del PFBR (500 MW) a Kalpakkam, nel Tamil Nadu, e all’avvio della costruzione dell’Advanced Heavy Water Reactor (AHWR). Il PFBR è un reattore veloce autofertilizzante, primo del suo genere in India, progettato per generare 500 MW di elettricità; l’AHWR è un reattore essenziale per la generazione di energia nucleare commerciale. Entrambi sono ritenuti fondamentali per la terza fase.
Successivamente, i fondi potrebbero essere utilizzati per l’espansione della flotta di Reattori ad acqua pesante pressurizzata (PHWR) da 700 MW. Questi impianti nucleari rappresentano il nucleo dell’espansione dell’energia nucleare civile e sono attualmente in diverse fasi distribuiti in: Rawatbhata (Rajasthan), Gorakhpur (Haryana), Chutka (Madhya Pradesh), Mahi Banswara (Rajasthan). Da ultimo, i fondi potrebbero essere indirizzati per la ricerca e lo sviluppo, per la costruzione o l’aggiornamento di impianti di riprocessamento del combustibile esausto, per l’ammodernamento dello stoccaggio intermedio e smaltimento finale delle scorie radioattive e per l’implementazione di reti elettriche per l’assorbimento di potenza di base nucleare.
A livello nazionale, è già stata prevista l’allocazione di circa 2,22 miliardi di euro (200 miliardi di rupie) nel Bilancio dell’Unione 2025 e 2026 per la ricerca e sviluppo di small nuclear reactors (SMR), con l’obiettivo di svilupparne almeno cinque, progettarli e renderli operativi entro il 2033. Gli SMR sono considerati cruciali per la transizione energetica dell’India: il design modulare ne consente la produzione in fabbrica, riducendo tempi e costi, ed è adatto a impieghi sia on-grid sia off-grid, comprese le località remote. Nella stessa direzione si colloca lo sviluppo dei bharat small reactors (BSR), reattori ad acqua pesante pressurizzata (PHWR) da 220 megawatt (MW), con comprovata sicurezza ed efficienza. Questi reattori vengono ammodernati per ridurre la necessità di spazio, rendendoli adatti all’installazione in prossimità di industrie per contribuire alla decarbonizzazione. Per realizzare le aspirazioni saranno però necessari, oltre agli investimenti pubblici, anche quelli privati. A tal proposito, è possibile prevede una revisione del quadro normativo per attrarne in misura maggiore.
Il settore nucleare indiano è attualmente regolato dall’Atomic Energy Act (AEA), che stabilisce chi può costruire e gestire centrali nucleari, e dalla Legge sulla Responsabilità Civile per Danni Nucleari (Civil Liability for Nuclear Damage Act, CLNDA), che disciplina la responsabilità civile in caso di incidenti. L’AEA, che regola l’intero settore dell’energia nucleare, dalla ricerca alla sicurezza, attribuisce al Governo centrale il monopolio assoluto su: ricerca e produzione di materiali fissili, sulla costruzione e gestione di impianti nucleari, e sull’uso e distribuzione dell’energia atomica. In tal senso, nessuna entità privata o statale può intraprendere attività nucleari in assenza di autorizzazione centrale del Governo federale. Per facilitare tale processo sono anche presenti il Dipartimento per l’Energia Atomica (DAE), sotto la supervisione diretta del Primo Ministro, che coordina le attività nucleari con le agenzie di sicurezza, la Nuclear Power Corporation of India Limited (NPCIL) e l’Atomic Energy Regulatory Board (AERB).
Il CLNDA, invece, stabilisce, nelle sezioni 17(b) e 46, che la responsabilità primaria per danni nucleari ricade sull’operatore dell’impianto, secondo il principio della responsabilità oggettiva, fino a un massimo di circa 200 milioni di dollari USA. Tuttavia, anche il fornitore può essere ritenuto responsabile, qualora ciò sia previsto esplicitamente nel contratto. Questo aspetto si discosta dalla prassi internazionale, secondo cui la responsabilità del fornitore termina una volta effettuata la consegna. Le sezioni 17(b) e 46 sono perciò particolarmente controverse per i fornitori stranieri, in particolare per Stati Uniti e Francia, che temono di essere esposti a responsabilità potenzialmente illimitate. Infatti, la sezione 46 stabilisce che la CLNDA non esclude la possibilità di ulteriori responsabilità civili o penali previste da altre normative indiane, lasciando aperta la strada ad azioni legali non limitate al solo quadro della legge nucleare.
Per rassicurare gli investitori, il Governo ha creato un fondo assicurativo nucleare gestito dalla General Insurance Corporation of Indiansg (GIC Re), la compagnia statale per la riassicurazione. Tuttavia, le ambiguità legali, in particolare quelle relative alla sezione 46, non sono ancora state chiarite. Gli emendamenti sono stati annunciati come parte del bilancio federale 2025 del 1° febbraio. In quest’ottica, il Governo indiano dovrebbe per la prima volta permettere l’entrata del capitale estero nel settore dell’energia nucleare, accordando una quota iniziale fino al 26% di partecipazione estera, con possibili aumenti fino al 49% in tappe successive, sulla base degli sviluppi e della valutazione delle performance.
In ultima istanza, occorre considerare le resistenze significative che il piano di espansione nucleare potrebbe incontrare da parte delle comunità locali, che percepiscono il nucleare come una minaccia diretta ai propri mezzi di sussistenza e alla salute, così come da parte dei movimenti ambientalisti che lo contestano in nome della sostenibilità e della sicurezza a lungo termine. Un esempio emblematico si trova a Jaitapur, nello stato del Maharashtra, dove è prevista la costruzione della più grande centrale nucleare al mondo con reattori francesi EPR. Qui le comunità locali, insieme all’organizzazione civica Janhit Seva Samiti (JSS), protestano da anni contro gli espropri, i rischi sismici e gli impatti ambientali.
A ciò si collega la dimensione politica del nucleare come strumento di potere. Poiché la materia energetica è di competenza federale, i Governi statali devono approvare i progetti e spesso danno voce o talvolta cavalcano le proteste popolari. Alcuni partiti di opposizione utilizzano le contestazioni come leva politica per indebolire le istituzioni centrali. L’opposizione locale, radicata e capillare, può quindi rallentare notevolmente la costruzione di nuove centrali, anche se raramente riesce a bloccare del tutto i progetti, dato l’interesse strategico.
Anche Cina e Pakistan si oppongono, da prospettive diverse, al programma nucleare indiano. La loro preoccupazione nasce dal potenziale dual use dell’energia atomica, che costituisce anche uno strumento di competizione strategico-militare. Nello specifico, l’India e il Pakistan sono entrambi potenze nucleari militari al di fuori del TNP e Islamabad teme un ampliamento del divario strategico, considerando le capacità economiche e industriali di Nuova Delhi.
L’India e la Cina, invece, sono concorrenti diretti per quanto riguarda le aspirazioni regionali. Pechino potrebbe infatti percepire come problematica l’integrazione nucleare dell’India ed il suo conseguente rafforzamento. Pechino e Nuova Dehli sono inoltre entrambe grandi importatrici di energia. Se l’India riuscisse ad ampliare la propria capacità nucleare civile, ridurrebbe la dipendenza energetica esterna e aumenterebbe la resilienza economica.
Per quanto concerne la cooperazione in materia, pur non essendo parte del TNP, l’India è membro del Nuclear Suppliers Group (NSG) dal 2008 grazie al U.S.-India Civil Nuclear Agreement, che le ha consentito di avviare collaborazioni civili con diversi Paesi, restando comunque esclusa da alcuni regimi di non proliferazione. I principali attori che potrebbero sviluppare partnership tecnologiche e di cooperazione nucleare con l’India sono diversi e rispondono a logiche sia economiche che strategiche.
Washington vede in Nuova Delhi un contrappeso alla Cina e aziende come Westinghouse Electric e GE-Hitachi hanno già accordi per la fornitura di reattori civili. Un ruolo altrettanto rilevante è svolto dalla Francia attraverso il gruppo EDF/Areva, che guida il progetto per la costruzione dei reattori EPR a Jaitapur. Nondimeno, un altro partner storico è la Russia, che tramite Rosatom ha già realizzato e reso operativi diversi reattori a Kudankulam, nello stato del Tamil Nadu, e che continua ad ampliare la collaborazione con nuovi impianti. Anche il Giappone ha avviato nel 2016 un accordo di cooperazione nucleare con l’India: un passo significativo se si considera la tradizionale cautela di Tokyo in materia nucleare, ma che riflette la volontà di rafforzare l’alleanza con Nuova Delhi in chiave anti-cinese.
A questi attori si aggiungono il Canada e l’Australia, che non forniscono tecnologie, ma hanno assunto un ruolo centrale come fornitori di materie nucleari prime. Infine, anche il Regno Unito e l’Unione Europea potrebbero contribuire, seppure in misura più limitata, soprattutto nei settori tecnologici avanzati, come la sicurezza, lo smaltimento delle scorie e lo sviluppo dei piccoli reattori modulari (SMR). In particolare, Londra ha investito fortemente nelle nuove tecnologie nucleari e potrebbe affermarsi come partner di medio periodo.
In questo quadro, è possibile indicare l’India come una realtà che si trova in una fase avanzata del proprio percorso nel settore nucleare civile. La recente revoca del divieto di finanziamento da parte della Banca Mondiale rappresenta un passaggio cruciale, con il potenziale di accelerare l’espansione dell’energia atomica e consolidarne il ruolo nel mix energetico. Le fonti rinnovabili continueranno a svolgere una funzione centrale, ma il nucleare è probabilmente destinato a integrarle in un sistema più resiliente e diversificato. Il sostegno di capitali interni ed esteri sarà fondamentale per sostenere questa transizione, anche se permangono ostacoli legati alla struttura della partecipazione azionaria nel settore.
A ciò si aggiungono sfide non meno rilevanti di natura sociale e politica. Le proteste delle comunità locali, così come l’uso politico delle contestazioni, rappresentano fattori di freno che il Governo centrale dovrà affrontare. Al tempo stesso, sul piano internazionale, il programma nucleare indiano incontra le resistenze di attori come Cina e Pakistan, che vedono nel rafforzamento nucleare di Nuova Delhi un rischio di squilibrio strategico. Nonostante questi limiti, l’India gode di un ampio ventaglio di potenziali partner internazionali interessati a rafforzare la cooperazione tecnologica e commerciale nel nucleare.