L’Oman mediatore invisibile: il cessate il fuoco tra Stati Uniti e Houthi e le sue implicazioni regionali
Medio Oriente e Nord Africa

L’Oman mediatore invisibile: il cessate il fuoco tra Stati Uniti e Houthi e le sue implicazioni regionali

Di Alessio Stilo
07.05.2025

Il 6 maggio è stato annunciato un cessate il fuoco tra gli Stati Uniti e gli Houthi yemeniti, nella cui mediazione il Sultanato dell’Oman avrebbe svolto un ruolo cruciale. Questo sviluppo potrebbe rappresentare un passo avanti nella riduzione delle tensioni nel Mar Rosso e nello Stretto di Bāb el-Mandeb, aree strategiche per il commercio internazionale. La campagna aerea e aeronavale statunitense contro il gruppo yemenita filo-iraniano si è intensificata a partire dal 15 marzo, quando l’amministrazione Trump ha lanciato l’Operazione Rough Rider, una campagna aerea su vasta scala contro (più di mille) obiettivi Houthi sul suolo yemenita. L’Operazione ha funto da responso militare statunitense agli attacchi della milizia yemenita contro le navi commerciali nel Mar Rosso, che il gruppo armato sciita giustifica alla stregua di misura di solidarietà con i palestinesi per il conflitto in corso a Gaza dal 7 ottobre 2023.

L’Oman, noto per la sua politica estera neutrale e per la sua capacità di mediazione, ha facilitato i colloqui tra le parti: secondo il Ministro degli Esteri di Mascate, Badr Albusaidi, Stati Uniti e Houthi si sarebbero impegnati a non prendersi di mira reciprocamente, comprese le navi USA nel Mar Rosso e nello Stretto di Bāb el-Mandeb. Nonostante l’Iran non sia stato un partecipante diretto ai colloqui, fonti iraniane hanno lasciato trapelare che la Repubblica Islamica ha svolto un ruolo “positivo e costruttivo” nel facilitare l’accordo, in linea con la sua influenza sugli Houthi. Ciò nondimeno, questi ultimi hanno specificato che l’accordo di cessate il fuoco non include Israele, lasciando intendere che gli attacchi alle navi battenti bandiera israeliana o presuntamente riconducibili a Israele non cesseranno. Questa posizione è stata esplicitata tanto dal capo negoziatore Houthi, Mohammed Abdulsalam, quanto dal leader politico del movimento, Mahdi al-Mashat, che ha paventato la prosecuzione della strategia di interdizione e pressione asimmetrica contro “obiettivi israeliani” in supporto alla popolazione di Gaza.

L’accordo mediato dall’Oman potrebbe rappresentare un passo significativo verso la de-escalation delle tensioni nel Mar Rosso, una regione vitale per il commercio globale. Al netto dell’esito dei negoziati in corso tra Stati Uniti e Iran per il dossier nucleare, la cessazione degli attacchi Houthi contro le navi statunitensi potrebbe ridurre il rischio di interruzioni di rilievo nelle rotte commerciali, oltreché limitare eventuali degenerazioni escalatorie che conducano a un conflitto più ampio nella regione.

Peraltro, la dichiarazione della fine delle ostilità tra USA e Houthi, apparentemente senza un previo coordinamento con Israele, è giunta solo poche ore dopo che i caccia israeliani avevano colpito importanti infrastrutture in Yemen, tra cui l’aeroporto internazionale di Sana’a. Letto in quest’ottica, l’accordo USA/Houthi potrebbe testimoniare un momento di divergenza nelle priorità tattiche tra Tel Aviv e Washington, benché potrebbe anche segnalare una mossa calcolata dagli Stati Uniti per deconflittare in un singolo ambito (tenendo in piedi, in parallelo, i negoziati con Teheran), pur mantenendo il suo fermo impegno per la sicurezza di Israele. D’altro canto, il cessate il fuoco USA/Houthi si attaglia con il più ampio interesse iraniano ad allentare la pressione sui suoi alleati regionali, promuovendo al contempo le prospettive di un rinnovato impegno con Washington. Oltretutto, negli ultimi mesi alcuni alti funzionari statunitensi, tra cui lo stesso Trump, avevano avvisato che l’Iran sarebbe stato ritenuto responsabile (e avrebbe subito le conseguenze) per i continui attacchi degli Houthi. Dunque, per Washington questa mossa potrebbe rientrare in una fattispecie di compartimentazione strategica: de-escalare un fronte (Houthi) e preservare la possibilità futura di forzare la mano su un altro dossier correlato (nucleare iraniano).

Pur non essendo ancora chiaro se l’accordo USA/Houthi si trasformerà in una svolta diplomatica a più ampio spettro o, al contrario, vacillerà a causa della mutevole realtà mediorientale, appare visibile come l’Oman, attraverso questa mediazione, abbia rafforzato la sua postura di stabilizzatore regionale e interlocutore diplomatico di lunga data, capace di facilitare il dialogo tra le parti in conflitto e di promuovere la de-escalation nell’area. Il successo dell’iniziativa omanita potrebbe aprire la strada a ulteriori sforzi di mediazione regionale, alla luce del ruolo ricoperto recentemente da Mascate nelle diverse tornate di colloqui indiretti tra Iran e Stati Uniti (veste ricoperta sin dall’era della presidenza Obama, quando il Sultanato è stato la sede principale per i colloqui tra Iran e Stati Uniti).