L’espansione del mercato agricolo del Kazakhstan: biglietto di sola andata per il porto di Baku
Russia e Caucaso

L’espansione del mercato agricolo del Kazakhstan: biglietto di sola andata per il porto di Baku

Di Federica Troisi
18.07.2023

Il 26 maggio 2023, il direttore operativo del porto internazionale di Baku, Eugene Seah, ha dichiarato che il Kazakhstan ha cominciato a guardare con interesse al porto della capitale azera per la costruzione di un magazzino di grano entro i prossimi cinque anni. La notizia è rilevante, perché punta i riflettori sull’intero comparto economico di Astana, che, negli ultimi tempi, ha dimostrato di voler ampliare i propri orizzonti commerciali internazionali.

La parte più grande delle esportazioni kazake, dopo quella dei prodotti petrolchimici, è costituita dalla produzione agricola, che rende il Paese il primo produttore di grano e di cereali di tutta l’area centrasiatica. Nel 2022, i volumi commerciali in uscita sono cresciuti del 45,4% (pari a 69 miliardi di dollari). Più specificamente, l’esportazione del grano è cresciuta del 40% e, secondo il Foreign Agricultural Service degli Stati Uniti, la produzione di grano è stimata a 16,4 milioni di tonnellate nell’anno 2023, andando a costituire il volume di produzione più ampio dal 2018.

Concentrandosi sul 2023, le stime della FAO riportano che le esportazioni totali di cereali previste sono circa di 10 milioni di tonnellate, registrando, pertanto, un aumento del 10% rispetto al volume medio degli ultimi 10 anni. Con particolare riferimento al frumento e all’orzo, le previsioni presumono un volume di esportazione rispettivamente di 9,5 milioni e 600.000 tonnellate.

Si registra anche un surplus nelle giacenze, causato sia dalle restrizioni applicate alle esportazioni da aprile a settembre 2022, giustificate come un mezzo per garantire la sicurezza alimentare del Paese, sia dalle importazioni di grano a basso costo dalla Russia, che sono entrate in competizione con le forniture nazionali, anche perché non sempre sono state registrate in maniera corretta, favorendo l’aggiramento delle regole del sistema doganale kazako e delle imposte a esso associate.

Esistono, però, due ulteriori ragioni da collegare alla presenza di grandi scorte. Il primo sono i ritardi nei rimborsi dell’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA), che richiederanno fino a dieci mesi e che ammontano a circa 87 milioni di dollari, danneggiando l’immagine internazionale del Paese. Il secondo è la penuria di infrastrutture logistiche all’interno dello Stato, che è caratterizzato da una rete obsoleta e limitata.

La maggior parte della produzione agricola kazaka è costituita da frumento (soprattutto grano duro) e da orzo di alta qualità. Ogni anno, sono esportate tra le 2 e le 8 milioni di tonnellate del primo e le 2 e le 3 tonnellate del secondo, destinate soprattutto al mercato europeo, nordafricano e, naturalmente, centrasiatico. Nello specifico, i prodotti agricoli kazaki vengono spediti in quasi settanta Paesi e, tra i principali compratori, compaiono l’Uzbekistan, il Tagikistan, l’Afghanistan, la Turchia, la Lettonia e l’Italia.

La consapevolezza della necessità di un decisivo potenziamento dello strategico settore agricolo ha indotto il Ministero dell’Agricoltura del Kazakhstan a finalizzare, alla fine di dicembre 2021, il documento di politica di sviluppo agricolo “Concept Note of Industrial Agriculture Development of the Republic of Kazakhstan for 2021-2030", che si propone di censire il settore agricolo, proporre nuovi piani di sviluppo del mercato, elaborare i programmi di sostegno del governo, verificare i risultati attesi dalle politiche di settore e tracciare le prospettive del commercio internazionale, non tralasciando i temi legati allo sviluppo sostenibile e all’uso delle tecnologie green.

Per quanto concerne le proprie aspirazioni commerciali nel settore cerealicolo, l’intento primario kazako è quello di dare nuovo impulso al complesso agroindustriale, sanando le lacune che contraddistinguono non solo la produzione agricola, ma anche le tecnologie volte a incrementarne la resa, attraverso la formazione di un settore dell’industria dedicato alla trasformazione dei prodotti agrari. Ciò comporterebbe un incremento non trascurabile dal punto di vista delle esportazioni, dato che l’economia kazaka commercializzerebbe prodotti agricoli industrializzati, favorendo settori ancora marginali, ma che già hanno iniziato a riscuotere ampio apprezzamento all’interno dei mercati esteri (es. i bio-prodotti).

Le ambizioni di incremento nella produzione cerealicola kazaka devono, tuttavia, confrontarsi con l’impatto deleterio del cambiamento climatico che condiziona i raccolti su base stagionale e riduce la quantità di terre arabili nel Paese. Nello specifico, si stima che, in assenza di interventi strutturali, entro il 2030 si verificherà la riduzione del 47% delle colture e, entro il 2050, la quasi totalità del territorio sarà a rischio desertificazione. Dunque, il governo kazako ha interesse nel compiere un’azione duplice: mitigare gli effetti del cambiamento climatico attraverso investimenti nel comparto dell’irrigazione e delle tecniche di agricoltura intelligente e sviluppare tecnologie agrarie in grado di massimizzare la resa del terreno agricolo. Dunque, nel complesso, il progetto strategico del governo di rendere il Kazakhstan una “super-potenza” agricola rappresenta un magnete naturale per tutti quei Paesi dotati di enorme expertise nel settore dell’agribusiness, in primis l’Italia.

È in questo contesto che si colloca la decisione di avviare un progetto per la costruzione di impianti di stoccaggio per i prodotti cerealicoli kazaki in Azerbaijan, presso il Baku International Sea Trade Port. L’idea di progettare questo deposito logistico acquisisce un’importanza rilevante per l’Asia Centrale e per il Caucaso, dato che consolida la tendenza dei Paesi delle due aree di ampliare i propri orizzonti economici attraverso il cosiddetto “Middle Corridor”.

La finalità principale del Kazakhstan è favorire lo sviluppo di nuove rotte commerciali, che siano in grado di aggirare la Russia e di raggiungere l’Europa. Difatti, Astana, dallo scoppio della guerra russo-ucraina, ha deciso di diversificare le linee guida della propria politica estera, iniziando ad affrancarsi (almeno formalmente) dalle tradizionali intromissioni di Mosca.

Con l’installazione degli impianti di stoccaggio nel porto della capitale azera, dunque, il Kazakhstan, potrebbe disporre di vie commerciali alternative a quelle russe e di canali logistici alternativi a quei russi, al momento resi entrambi poco produttivi ed efficaci dal regime sanzionatorio imposto dall’Unione Europea a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

Quest’ultimo punto è stato confermato dalle dichiarazioni congiunte dei rappresentanti del Kazakhstan e dell’Unione Europea il 19 maggio 2023, in occasione del “Forum Economico” di Almaty. In particolare, il Primo Ministro kazako Smailov ha evidenziato come la cooperazione tra i due attori sia ben avviata da diverso tempo e come, quindi, si debba agire affinché la relazione venga ulteriormente approfondita, considerando anche l’incremento degli scambi, che nel 2022 sono cresciuti del 61%, ovvero 49 miliardi di euro. Da parte dell’Unione Europea i toni sono stati altrettanto propositivi, tant’è che il Commissario UE per il Commercio ha sottolineato l’impellente necessità di eliminare qualsiasi ostacolo al trasporto delle merci, sviluppando, prima di tutto, le infrastrutture, prevedendo, tra l’altro, un finanziamento di 9 milioni di euro per tutti i settori economici del Kazakhstan.

In più, anche singolarmente i Paesi europei sembrano essere sempre più interessati a investire in Kazakhstan. L’Italia, ad esempio, intrattiene da decenni rapporti molto stretti con il Paese, confermati dai volumi di interscambio commerciale che, soprattutto nell’ultimo anno, hanno registrato una notevole crescita. Ad esempio, se si prendesse in considerazione il primo trimestre del 2022 e lo si mettesse a confronto con lo stesso periodo nel 2023, si noterebbe una crescita degli interscambi di circa 330 milioni di euro e, allo stesso modo, anche gli IDE (investimenti diretti esteri) totali denotano un’espansione nient’affatto trascurabile, con una variazione totale di circa 543 milioni di dollari tra il 2022 e il 2023.

Nello specifico, i settori dell’economia kazaka che risentono maggiormente degli investimenti italiani sono principalmente quelli legati al comparto dell’Oil&Gas, senza però dimenticare la presenza nel settore della logistica, della produzione energetica da fonti rinnovabili e dell’agribusiness. Attualmente sono circa 250 le aziende e le joint venture a capitale italiano che operano in Kazakhstan, la più importante delle quali è ENI, impegnata in un processo di diversificazione dei propri interessi nel Paese, acquisendo un ruolo fondamentale nel suo sviluppo economico.

Nel complesso, i piani di sviluppo agricolo e la costruzione del terminal cerealicolo a Baku dimostrano come il Kazakhstan intenda massimizzare le opportunità emerse a margine del conflitto russo-ucraino. Infatti, la crescita dell’instabilità lungo le rotte del Mar Nero, l’incertezza attorno alla sottoscrizione di accordi sul transito di navi cerealicole ucraine, il regime sanzionatorio contro attori economici russi e, più in generale, gli impatti della guerra sulla futura produzione ucraina obbligano l’Europa e l’Italia a cercare nuovi partner. Da par suo, il Kazakhstan ha tutte le carte per diventare un potenziale paradiso per l’agribusiness, soprattutto se la classe politica riuscirà a mantenere la stabilità del Paese e a disinnescare eventuali focolai di crisi. La chiave per cogliere le opportunità kazake risiede nella capacità di attrarre investimenti stranieri e di trovare rotte commerciali alternative alle attuali. Se Astana riuscirà a conseguire entrambi gli obbiettivi, il Kazakhstan si aggiungerà al novero dei cosiddetti “granai del mondo”, portando stabilità in un mercato, come quello alimentare, sempre più vulnerabile agli effetti della sovrappopolazione, del cambiamento climatico e della crescita consistente della domanda di beni agricoli.