L’attentato contro gli interessi della Cina a Kabul
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L’attentato contro gli interessi della Cina a Kabul

Di Simone Frusciante
16.12.2022

Il 12 dicembre scorso, si è verificato un attacco terroristico al Kabul Longan Hotel, una struttura ricettiva situata nel centro della capitale afghana, molto popolare tra gli uomini d’affari e i diplomatici cinesi. L’attacco, a seguito del quale sono rimasti feriti in modo grave almeno cinque cittadini della Repubblica Popolare, è avvenuto il giorno dopo l’incontro tra l’Ambasciatore Wang Yu e il viceministro degli affari esteri afghano, Abbas Stanikzai, nel quale si è discusso delle misure da intraprendere per il rafforzamento della sicurezza dell’Ambasciata cinese a Kabul. L’attentato è stato rivendicato dallo Stato Islamico del Khorasan (IS-K), branca dell’organizzazione attiva nell’Emirato Islamico, la cui strategia prevede di colpire, oltre i talebani, le minoranze etniche e i cittadini stranieri che intrattengono rapporti con il regime. In particolare, tra settembre e dicembre, IS-K ha compiuto attacchi contro le Ambasciate della Federazione Russa e del Pakistan.

Pur non avendo riconosciuto ufficialmente il Governo talebano, la Cina è tra i pochi attori internazionali a tenere aperti i canali di comunicazione con l’Emirato, anche mantenendo una presenza diplomatica, e ad aver offerto un sostegno economico continuativo al Paese. In particolare, già nel settembre 2021, a meno di un mese dal ritorno al potere dei talebani, Pechino ha promesso l’invio di oltre 30 milioni di dollari in aiuti umanitari. Inoltre, la Cina è stata molto attiva nel richiedere lo scongelamento degli asset afghani, pari a circa 9 miliardi di dollari, bloccati dall’amministrazione statunitense dopo il ritorno degli ex studenti coranici al potere.

Sul fronte commerciale, la Cina ha escluso nei mesi scorsi l’imposizione di tariffe su circa il 98% delle merci importate dall’Afghanistan al fine di rilanciare le relazioni bilaterali. Anche a seguito della scelta di Pechino l’interscambio commerciale, tradizionalmente molto limitato, è cresciuto in maniera importante nell’ultimo anno. In particolare, le esportazioni mensili cinesi in Afghanistan sono passate dai 15.8 milioni di dollari del settembre 2021, a circa 48 milioni nello stesso mese del 2022, mentre le importazioni sono raddoppiate raggiungendo i 600.000 dollari.

In questo contesto, Pechino potrebbe vincolare il futuro sostegno economico all’Emirato al miglioramento delle condizioni generali di sicurezza nel Paese. D’altronde, la diplomazia cinese si era già distinta nei mesi scorsi per la pressione fatta sui talebani affinché tagliassero ogni rapporto con gruppi vicini alla militanza uigura. Finora, però, malgrado le promesse in merito alla chiusura di tutti i canali che garantiscono ai gruppi sostegno materiale e finanziario, l’azione del regime afghano non è stata particolarmente energica. Tuttavia, nel lungo periodo, proprio la crescente minaccia terroristica e l’incapacità dei talebani nel gestire la sicurezza interna potrebbero spingere i grandi attori regionali, come la Cina, a intervenire in maniera più decisa nell’Emirato, ampliando il loro supporto al Governo.

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