Il Green Deal Industrial Plan: la giusta strada per una nuova politica industriale europea?
Geoeconomia

Il Green Deal Industrial Plan: la giusta strada per una nuova politica industriale europea?

Di Ada Pia Visciotti
28.02.2023

Il primo febbraio 2023, la Commissione europea ha presentato il Green Deal Industrial Plan, coerentemente con gli obiettivi delineati nell’European Green Deal del 2019. Il Green Deal Industrial Plan vuole fornire un quadro burocratico e istituzionale più favorevole all’aumento di capacità produttive dell’Unione europea (UE) per il clean tech e, generalmente, per prodotti a zero emissioni. Il piano si iscrive perfettamente nella cornice del Green Deal, in quanto dovrebbe delineare una nuova politica industriale europea che sostenga l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente neutrale dal punto di vista climatico. Per molti osservatori, si tratterebbe di una “nuova rivoluzione industriale”. In occasione dell’annuncio del Piano durante il World Economic Forum a Davos, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affermato che il piano serve a fare dell’Europa la patria della tecnologia pulita e dell’innovazione industriale. Come espresso chiaramente durante il discorso, il Green Deal Industrial Plan costituisce una risposta alle preoccupazioni causate dal transatlantico Inflation Reduction Act (IRA), il piano statunitense che Palazzo Berlaymont teme possa attrarre investimenti europei oltreoceano. L’IRA prevede un massiccio pacchetto di sussidi pubblici per un totale di 369 miliardi di dollari da distribuire alle aziende. L’obiettivo di Washington è quello di finanziare la produzione di energia pulita, raggiungere gli obiettivi previsti dall’Accordo di Parigi e favorire il riassestamento delle catene di valore all’interno del nuovo continente. Viene da sé che le imprese europee non godano delle stesse agevolazioni e il mercato unico potrebbe di conseguenza soffrire della perdita di competitività industriale. Il Green Deal Industrial Plan è quindi un modo per l’UE per delinearsi uno spazio nel mercato del clean tech, guardando con rimpianto al mancato EU-US free trade agreement (2017), che invece avrebbe potuto evitare le tensioni causate dall’IRA ponendo l’EU al pari di Messico e Canada.

Il Piano nasce alla luce di questi presupposti e si inserisce all’interno di un sistema ad ampio respiro che ricomprende i già esistenti Green Deal e RePowerEU. Il Piano si struttura su quattro pilastri: (1) la creazione di un quadro normativo intuibile e semplificato; (2) l’accelerazione delle modalità di accesso ai finanziamenti; (3) il miglioramento e potenziamento delle competenze dei lavoratori e (4) il libero commercio per la creazione di catene di approvvigionamento resilienti.

Il primo pilastro prevede un quadro normativo più semplice ed accessibile che garantisca condizioni favorevoli in settori strategici per il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni. Questi settori includono, come dichiarato da von der Leyen, l’eolico, il solare, l’idrogeno pulito e altri ambiti la cui domanda è incrementata dai piani NextGenerationEU e REPowerEU. Al fine di raggiungere gli obiettivi delineati, la Commissione europea lavorerà a due diversi piani complementari e le cui linee guida sono già state definite: il Net-Zero Industry Plan e il Critical Raw Materials Act. I due piani necessitano di essere affiancati da una riforma del mercato dell’elettricità al fine di tutelare i consumatori da un’eccessiva volatilità dei prezzi e garantire loro un equo e giusto accesso a energia pulita e permanente. Con il Net-Zero Industry Plan, la Commissione europea vuole fornire una base industriale resiliente nell’ambito delle energie pulite per il raggiungimento degli obiettivi dell’agenda von der Leyen. Per fare ciò, è necessario implementare delle semplificazioni nelle procedure amministrative volte all’ottenimento di autorizzazioni per le industrie impegnate nel clean-tech. Il Critical Raw Materials Act, invece, pone come obiettivo il rafforzamento delle catene di valore europee attraverso l’identificazione di progetti su risorse minerarie e materie prime, così come una politica esterna sui critical raw materials. Per fare ciò, la proposta mira a istituire un network di agenzie europee che si occupi dell’acquisto di materie critiche, al fine di evitare il sopravvento di scelte unilaterali nazionali e dunque la creazione di una maggiore competizione di mercato che porterebbe a un aumento dei prezzi.

Il secondo pilastro è basato sull’accelerazione delle modalità di accesso ai finanziamenti, con l’obiettivo di sbloccare un’ampia capacità di finanziamento per i segmenti industriali impegnati nella transizione verde. La Commissione intende continuare a garantire un eguale accesso ai finanziamenti facendo anche uso degli stanziamenti già pattuiti nel quadro di REPowerEU e InvestEU. Quest’ultimo stanzia circa 26 miliardi di euro per permettere agli investitori rischi più elevati che non avrebbero altrimenti sostenuto. Il sostegno ai progetti menzionati dovrebbe attrarre ulteriori investitori e mobilitare quasi 400 miliardi di euro in investimenti in tutta l’UE. Essendo, però, un programma di breve periodo, nel lungo periodo la Commissione sta lavorando per stabilire un fondo comunitario europeo, fondo discusso anche in occasione dell’extra-ordinario Consiglio europeo del 9-10 febbraio. Come riportato nelle dichiarazioni finali, “Il Consiglio europeo prende atto dell’intenzione della Commissione di proporre un European Sovereignty Fund prima dell’estate 2023 per sostenere gli investimenti nei settori strategici”. In attesa di questo passaggio, sono state promosse rapide modifiche al Temporary State aid Crisis Framework, il quadro di aiuti di stato in caso di crisi adottato successivamente all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia per sostenere le economie europee. Al momento, la Commissione vorrebbe trasformare un tale strumento affinché non sia unicamente votato alla risoluzione di crisi, ma anche alla transizione dalle stesse. Essenzialmente, si parlerebbe di mutare il Temporary State aid Crisis Framework in un Temporary State aid Crisis and Transition Framework. Con questa proposta si intende fornire un quadro temporaneo per stimolare gli investimenti favorendo una rapida introduzione di energie rinnovabili a livello produttivo e strutturale.

Il terzo pilastro concerne il mercato del lavoro. La transizione verde richiede nuove competenze lavorative che attualmente sono lacunose, e pertanto è necessario orientare il sistema di formazione verso i cosiddetti “lavori verdi” anche attraverso accademie industriali Net-Zero che sviluppino competenze strategiche per rapportarsi ai nuovi modelli industriali. La Commissione europea, a questo riguardo, intende rendere l’anno 2023 un European Year of Skills, ovvero un anno di preparazione che permetta ai contesti industriali di essere dotati di una forza lavoro che sia competente a stimolare e sostenere una crescita sostenibile.

Da ultimo, la Commissione spinge per un progetto a più ampio respiro, che ricomprenda partner commerciali considerati affini e affidabili. Il quarto pilastro spinge per l’utilizzo del commercio come elemento capace di favorire la transizione verde. Una tale cooperazione globale, a parere della Commissione, deve seguire i principi europei, di concorrenza leale e commercio aperto. In questo quadro, la Commissione provvederà alla formulazione di accordi di libero scambio per sostenere la transizione. In aiuto a questa progettualità interverrà anche il già citato Critical Raw Materials Act per la creazione di un “club di materie prime critiche”. L’intento è quello di rafforzare l’autonomia strategica europea, lavorare per un’industria verde che non abbia come presupposto dei partenariati instabili e ridurre la dipendenza da materie prime provenienti da Stati terzi, quali la Cina che, ad esempio, fornisce il 98% delle materie prime di cui fa uso l’Europa. Senza una progettualità a livello europeo per l’acquisto di materie critiche, i prezzi di litio, cobalto, bauxite, continueranno a raggiungere picchi di costo e a rendere l’obiettivo di neutralità climatica europea remoto a causa della corsa e lotta all’acquisto. È in questo contesto che si inserisce il Critical Raw Materials Act con l’obiettivo di creare un network di agenzie europee che possa anticipare il rischio di scelte unilaterali a livello nazionale. Le partnership che l’Unione europea vuole promuovere riguardano nello specifico Stati africani e Latino-Americani, ad esempio la Repubblica Democratica del Congo per cobalto e rame e Indonesia per il nickel.

La linearità di una tale progettualità sembra chiara finché non si scende nel dettaglio delle tecnicità. Molte sono state, infatti, le critiche sollevate da analisti e compartecipatori che hanno tacciato il Piano come vago. Per quanto riguarda il primo pilastro, il Green industrial plan non rende esplicito quali siano le tecnologie pulite autorizzate all’ottenimento dei finanziamenti. In un comunicato stampa del primo febbraio 2023, il direttore generale di NuclearEurope, Yves Desbazeille, ha infatti dichiarato il suo sostegno per un progetto che preveda energie rinnovabili e tecnologie a zero emissioni ma, allo stesso tempo, aumentano le pressione affinché il nucleare sia catalogato come tecnologia a zero emissioni. Inoltre, la strategia promossa dalla Commissione sarebbe troppo limitata a certi settori per le tecnologie pulite e mancherebbe di concretezza avuto riguardo finanziamenti privati e politica fiscale. La critica maggiore arriva però nei rispetti della decarbonizzazione dell’industria pesante. Questa, a parere di molti, verrebbe trascurata dalla Commissione che ne sottovaluta le potenzialità di leadership nelle tecnologie pulite. Le critiche non giungono unicamente da coloro che temono la poca chiarezza nella realizzazione della proposta e la sua inefficacia, ma anche da chi osteggia le modalità di finanziamento del Programma. Come precedentemente discusso, la possibilità di instaurare un fondo sovrano verrà discussa nei prossimi mesi, in occasione della revisione del bilancio pluriennale. Nel frattempo, la Commissione punta ad un rilassamento delle regole concernenti gli aiuti di stato. Nuovamente, il timore è quello di esacerbare le disparità già esistenti a livello europeo nelle capacità fiscali autonome degli Stati membri (soprattutto rispetto a Francia e Germania). Strutturando, infatti, la propria strategia di politica industriale su sovvenzioni statali, la proposta non avrebbe la forza di creare una potenzialità aggregata a livello europeo, ma rischierebbe solamente di incrementare la già esistente frattura tra Nord e Sud, oltreché tra Nord ed Est. Sarebbe deleterio sostenere una ripresa industriale a spese dell’unitarietà e della coesione europea.