FUOCO PER EFFETTO: NEL FUTURO DELL’ARTIGLIERIA TERRESTRE
Difesa e Sicurezza

FUOCO PER EFFETTO: NEL FUTURO DELL’ARTIGLIERIA TERRESTRE

Di Emmanuele Panero, Daniele Ferraguti e Francesco Bellato
29.05.2025

Il tonare imperante del fuoco d’artiglieria e la concussione del terreno sotto l’implacabile cadere dei colpi hanno dominato i campi di battaglia, quantomeno a partire dal XIX secolo. La capacità di generare effetti attraverso la profondità del dispositivo avversario e la saturazione di distruzione causata nello schieramento delle forze nemiche costituiscono infatti gli elementi caratterizzanti che hanno portato l’Arma di Artiglieria ad essere soprannominata, negli Eserciti di tutto il mondo, il “Dio della Guerra” (God of War). Una componente altamente tecnologica, profondamente trasformatasi di conflitto in conflitto, incrementando sensibilmente precisione, braccio d’intervento e tempestività dell’azione di fuoco, diversificandone gli effetti possibili sul bersaglio e consolidando il proprio fondamentale ruolo tattico ed operativo.

Il riemergere del warfighting convenzionale ad alta intensità come estremo più che possibile all’interno dello spettro di una competizione strategica trasversale sempre più accanita e prona a spiralizzazioni conflittuali in ogni dove, tanto contro peer e near-peer competitors, quanto contro avversari asimmetrici dotati di capacità sempre più avanzate, ha ribadito, qualora vi fosse stata la necessità, la perdurante centralità dell’artiglieria nelle operazioni militari contemporanee. Un impiego del fuoco indiretto che tuttavia affronta uno spazio di battaglia contraddistinto da ibridizzazione multi-dominio, trasparenza, velocità e letalità sostanzialmente inedite. La superiorità, ed ancor più la supremazia, aerea costituisce infatti un obiettivo incrementalmente difficile da conseguire, al più per tempi limitati ed in settori circoscritti, promuovendo un sempre più marcato contributo delle fonti di fuoco terrestre tanto all’interdizione delle retrovie, quanto al supporto della prima linea. Un’azione di disarticolazione e degradamento dell’avversario estesa crescentemente nella profondità del dispositivo militare nemico e necessaria in tutte le fasi del combattimento, nonché rivolta ad una selezione sempre più ampia di bersagli, incluso con riferimento alle stesse capacità aeree e di difesa aerea integrata dell’opposto schieramento. Missioni di fuoco da condursi in un ambiente elettromagnetico sistematicamente contestato, ovvero negato, dall’avversario e sotto l’incessante minaccia di essere individuati e neutralizzati da una rete pervasiva di sensori ed effettori integrati, manned ed unmanned, in grado di generare soluzioni di controfuoco con una rapidità sinora sconosciuta. Un campo di battaglia in cui manovrare nella pressoché assenza di zone sicure (safe zones) ed in cui dispersione del dispositivo, mobilità tattica e mascheramento multispettrale rappresentano principi imprescindibili non solo per la sopravvivenza (survivability) delle forze, ma anche per tutta la logistica di aderenza, decisiva per conservarne nel tempo il potenziale di combattimento. Uno scenario operativo in cui tuttavia l’ammassamento imprevedibile ed improvviso del fuoco continuerà a costituire un assunto fondamentale per sfruttare le vulnerabilità avversarie e generare fratture nell’opposto schieramento, abilitando la manovra e la penetrazione delle forze alleate.

Un’avvenire per l’artiglieria terrestre, dunque, segnato da una sfidante coesistenza dottrinale e capacitiva tra bersagliamento di precisione a lungo raggio contro obiettivi critici in base al tempo (time sensitive target) e concentrazione dei fuochi per effetti areali (weight of fires), strettamente interrelato e dipendente da un lato dallo sviluppo tecnico di nuove piattaforme e dall’altro dall’integrazione di queste in un moderno ed adattivo complesso tattico ricognizione-fuoco (TRSFC – Tactical Reconnaissance Fire Complex). Uno sforzo evolutivo per nulla limitato al fango dei poligoni addestrativi, ma inesorabilmente esteso alle catene di montaggio di un più ampio complesso militare-industriale, il cui potenziale produttivo risulta cruciale per sostenere i consumi di munizionamento e l’usura dei sistemi d’artiglieria propri di uno scontro di attrito non escludibile a priori. La deterrenza dello strumento militare tutto e di ciascuna delle sue componenti, inclusa l’artiglieria terrestre, è infatti funzione non solo della soverchiante efficacia operativa di singoli pezzi e batterie, bensì della profondità degli arsenali nazionali e della loro capacità di rigenerazione.

Partendo da un’analisi comparativa dei paradigmi dottrinali, organizzativi e capacitivi che informano le artiglierie degli Eserciti contemporanei, il presente Focus Report approfondisce le lessons identified e learned del segmento originantisi dai più rilevanti teatri bellici dell’ultimo quinquennio e le proiezioni di impiego in potenziali scenari di conflitto nel prossimo avvenire, al fine di definire le più significative tendenze nei requisiti operativi per le capacità di fuoco indiretto. Lo stesso dettaglia poi accuratamente le specificità evolutive dei requisiti tecnici propri delle componenti a tubo e missilistica, tanto con riferimento ai sistemi d’arma quanto al munizionamento, prima di delineare una mappatura industriale del mercato internazionale di settore. Il contributo alla deterrenza assicurato dall’artiglieria terrestre dipende infatti dalla capacità di questa di dominare la metamorfosi del combattimento, continuando a proiettare il proprio tonare inarrestabile, all’occorrenza, sull’avversario.

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