Elezioni legislative in Tunisia: vince l’astensionismo
Medio Oriente e Nord Africa

Elezioni legislative in Tunisia: vince l’astensionismo

Di Giuseppe Dentice
19.12.2022

Il 17 dicembre si è tenuto l’atteso turno delle elezioni legislative anticipate in Tunisia, che dovrebbe mettere fine a quel processo politico e istituzionale intrapreso dal Presidente Kais Saied il 25 luglio 2021. Secondo i dati forniti dalla Commissione Elettorale Indipendente (ISIE), l’affluenza è stata pari all’8,8% – la partecipazione più bassa mai registrata dal 2011. Sempre secondo il medesimo organismo, i risultati finali delle elezioni saranno diffusi non prima del 19 gennaio 2023, mentre il secondo turno per eleggere i candidati che non hanno ottenuto la maggioranza assoluta (il 50%+1) nei collegi uninominali si terrà agli inizi di febbraio 2023. Una volta terminato l’intero iter procedurale, il nuovo Parlamento (composto da 161 deputati) dovrebbe, quindi, entrare pienamente nelle sue funzioni soltanto da marzo 2023.

Sebbene al momento non si siano registrate dichiarazioni ufficiali da parte del Presidente o del suo entourage, le opposizioni riunite nel Fronte di Salvezza Nazionale (una coalizione di forze politiche molto eterogenee, tra cui spicca Ennahda) hanno richiesto le immediate dimissioni del Capo di Stato a fronte di un risultato elettorale insoddisfacente. Le stesse hanno, inoltre, sottolineato quanto gli appelli al boicottaggio e all’astensione abbiano funzionato – decisamente meglio rispetto alla tornata elettorale di luglio, quando si votava per l’approvazione della nuova Costituzione – nell’impedire a Saied di garantirsi un fattore di legittimità attraverso le urne. Tuttavia, secondo il Presidente dell’ISIE, Faouk Bousaker, i dati elettorali hanno mostrato “un tasso modesto ma non vergognoso”, ritenendo che tali percentuali si debbano spiegare con “la totale assenza di compravendita di voti con finanziamenti esteri”. Di fatto, con la promulgazione della nuova legge elettorale – approvata in settembre – si è favorita la scelta di candidati singoli, indipendenti e non affiliati, rispetto all’aggregazione intorno a formazioni tradizionali o a liste elettorali collegate ad un determinato partito.

Ciononostante, è molto probabile che oltre agli appelli all’astensione, a contribuire nel basso livello di partecipazione popolare abbiano influito soprattutto i fattori socio-economici legati alla difficile congiuntura nazionale che vive il Paese. Infatti, la coda lunga creata dalla pandemia da Covid-19 e dagli impatti in termini di sicurezza alimentare provocati dalla guerra russo-ucraina hanno approfondito una già devastante crisi economica, a cui debbono aggiungersi gli effetti diretti legati alla crescita dell’inflazione (9,8%), alla difficoltà nel reperire i beni di prima necessità, nell’alta disoccupazione (oltre il 15% e con un dato giovanile intorno al 40%) e nella ripresa dei flussi migratori dal Paese. Una condizione complicata che rischia di divenire esplosiva se non dovessero giungere presto nuovi sostentamenti internazionali in favore del Paese. Infatti, ad oggi, in soccorso di Tunisi sono giunti solo i fondi delle istituzioni europee (circa 350 milioni di euro) e del governo algerino (300 milioni di euro). Anche il Fondo Monetario Internazionale, che in ottobre aveva deliberato un prestito quadriennale da 1,9 miliardi di dollari alla Tunisia, potrebbe decidere di rivedere la sua decisione di congelamento degli aiuti in maniera definitiva, specie se il governo del Paese nordafricano non dovesse implementare le riforme necessarie in economia e sanità.

Uno scenario davvero preoccupante che, al netto delle incognite elettorali e della capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità nazionali, rischia di portare Tunisi indietro di un decennio.

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